pino

Nov 222023
 

La vogliono in molti.
Moltissimi dicono:
“Non c’è tempo, (se ancora ce n’è), si deve partire dagli obbiettivi. Pochi, concreti, salienti”.
Altri dicono:
“Non c’è tempo, (se ancora ce n’è), si deve cambiare mentalità, punto di vista, non si possono risolvere i problemi con gli stessi metodi che li hanno generati…”
E molti altri che cominciano con: ” “Non c’è tempo, (se ancora ce n’è), ” e giù con la descrizione di strategie e teorie e obbiettivi.
Si sorvola su CHI decide queste cose.
Se si vuole l’Unione, bisogna partire da questo.

Io, in aggiunta alla massa di autorevoli e anche ammirevoli (e a volte vomitevoli) punti di vista ho le mie idee, che a loro volta possono stimolare i conati di altri.
Ma se devo discutere e decidere di questo, con chi lo faccio?
Devo riconoscere questo mio… come chiamarlo?
Simile? Socio? Confratello? Consovrano? Concittadino? Compare? Sodale? Affiliato? Compagno? Camerata? Membro?
Non importa, bisogna riconoscersi.
In che cosa ci riconosciamo?
Trovo che si possano scrivere fiumi di parole, ma io, personalmente cerco di costruire qualcosa con chi, come me, vuole avere il controllo sulla organizzazione che costruisce o contribuisce a costruire.
Poi, ci vuole un atto formale. Occorre esplicitare. Più o meno ritualmente.
“Scelgo io!” è questo esperimento.
Solo un prototipo. Un altro.
Difficile unirsi, se non si concorda su chi comanda. Anche se si avessero gli stessi obbiettivi.

 Posted by at 15:36
Nov 182023
 

Ecco, questo è il mondo che io immagino come posto felice.
Dove si ha il tempo, e il contesto, per occuparsi di cose inutili, solo perchè sono belle.
Ovvio che ognuno ha il suo concetto di bello ma l’arte, in tutte le sue forme, è sicuramente la cosa più inutile del mondo. Particolarmente la poesia.
Parlo da economista “produttivista”. Particolarmente di quella parte degli economisti che valutano, persino con il PIL (prodotto interno lordo), la vita.
Usando i simboli econometrici si verifica che la poesia è tra le cose più inutili.
Tutti possono praticarla, quasi tutti l’hanno praticata, pochissimi riescono a campare producendo poesie.
Ma, есть нюансы, ci sono delle sfumature. Apparenti dettagli o, addirittura, anche presupposti discutibili.
Il bello è soggettivo.
Tutto è soggettivo.
Ma esiste un oggettivo che pur essendo soggettivo, ti accorgi che è condiviso, o condivisibile.
C’è un senso generale delle cose. Vale per il negativo (come quando questo senso comune conduce a risutati soggettivamente inaccettabili, tipo la vaccinazione richiesta di massa per un diserbante). Ma vale anche per il positivo.
Ribadisco.
Una società dove si possono fare cose inutili ma belle, presuppone un contesto di possibilità di espressione e risorse ampie.
E vorrei questo tipo di società, che credo possibile con la crescita del numero di persone che si riconoscono reciprocamente, pariteticamente, il diritto di decidere delle sorti comuni.

Praticamente chi ha preso il diserbante, dopo un primo aumento di rischio più forte (gli effetti a breve termine), nel lungo periodo ha aumentato la probabilità di morire del 15,2%.
Ora, o arrestano chi ha fatto queste ricerche, o mettono sotto inchiesta (e magari anche arrestano) chi ha usato il suo potere per ottenere questo.

 Posted by at 16:38
Nov 112023
 

È una fase delicata. Forze potenti spingono per la guerra. Nel mondo, e gli effetti arrivano fino a me, credo fino a ciascuno di noi.
Ma è una fase delicata, credo, anche per la mia vita.
Potrebbe essere difficile stabilire, mentre la vivi, se una fase è delicata oppure no.
Ma, personalmente, ho sentito e sento gli effetti del potere che spinge verso l’assurdo.
La morte reciproca.
Ci ha preparato accettando cose senza logica, verità dubbie o anche ridicole, affermate dall’autorità e assorbite dai sudditi, come vere, buone, giuste, sane, sacre. Mentre erano false, cattive, ingiuste, malevoli, e profane come il denaro.

Ma se mi allontano vedo che questo, forse, è il modo in cui l’universo esiste: mangiando se stesso.
Il punto è lo spazio che c’è tra un boccone e l’altro.
Non dovrebbe essere anche riempito solo con qualcosa altro che mangia se stesso.
La morte reciproca, non credo sia necessaria.

Questo istinto di morte, va compreso.


 Posted by at 22:05
Ott 182023
 

A cosa sto pensando io, che tu – che io chiamo Feisbuc – chiami Giuseppe?
A molte cose, che non ti dirò. E che forse non dirò a nessuno.
Sto pensando poi che sarebbe giusto proprio smettere di scriverle dovunque. Figurati su di te.
Magari scriverò di più sul mio blog. Non fosse altro che tutte le cose che scriviamo, su feisbuc, si perdono. Molto facilmente.
Sì, certo, forse è meglio così. (Credo che molte delle che scriviamo appassionatamente, siano da altri reciprocamente ritenuti “rumore”, “spazzatura”, “stronzate”, che ti nascondono agli altri e nascondono, impediscono di vedere bene le cose degli altri, che , in modo universalmente del tutto soggettivo, riteniamo interessanti).
E poi le cose si perdono. Nostre e degli altri. FB non aiuta, anzi.
Vorrei deciderlo io se perderle e quando. Sono su FB da un sacco di tempo. Alcune cose mi spiace di averle perse.
“Sono su FB”, bella espressione per dire che dedichiamo tempo significativo a scrivere e leggere su FB.
Per carità bellissimo strumento, potrebbe essere. Ma senza controllo dei filtri (cosa vediamo e da chi siamo visti), è piuttosto FB che controlla noi.
Di fatto la memoria, di quel “Sono su FB”, non è nostra, ma è di FB.
Sì, lo so, si possono scaricare tutti i contenuti, ma è il contesto che si perde.
Così, pensandoci, a te, feisbuc, vorrei usarti solo per dire a tutti che ci sono delle cose scritte sul mio blog. Non è una polemica, è una spiegazione. Cercherò di usarti di più ed essere usato di meno, mentre conservo la mia memoria. Tendenzialmente non scriverò più post originali lì. Nessuna crociata, ma questo significa anche che contribuirò molto meno coi miei splendidi memi, o anche le meravigliose citazioni di memi altrui. Tendenzialmente, (sottolineo “tendenzialmente” per chè non ho un atteggiamento integralista) cercherò di scrivere più link che altro. Se si vorrà commentare su feibuc qualcosa che io pubblico sul mio sito, cercherò di non rispondere lì su FB, ma sul mio sito, e se proprio non resisto, su effebi ci metto il link alla mia replica.
E comincio con questo.
Un saluto a quasi tutti gli amici e un quasi saluto a tutti i parenti.

 Posted by at 15:33
Mar 162023
 

Non so se altri hanno letto queste considerazioni di Guido De Simone, e ancor meno se qualcuno ha esplicitamente risposto alle questioni importanti che lui ha posto. Qui di seguito trovate le mie risposte alle sue domande.

1) DOMANDA n. 1
La cosa più razionale da fare è forse continuare a DISPERDERE LE POCHE ENERGIE DISPONIBILI, (… omissisi…).
La risposta è un semplice: “No, non è affatto razionale”. La domanda in fondo è un po’ retorica, e prevede già che si risponda di no. Per altro non conosco uno solo dei gruppi, organizzazioni, associazioni, partiti “alternativi” e/o antisitema, che non dicano la stessa cosa, riguardo alla necessità di non disperdere le forze. Tutti, sottolineano la necessità di unirsi, tranne che ciascuno intende “di unirsi a noi”.

DOMANDA n. 2
Quale è il problema chiave?
Guido, sostiene sia la mancanza di visibilità. Io credo che questo non sia il primo problema ma forse il secondo. Come lui stesso evidenzia nella trattazione della prima domanda, c’è un problema di mancanza di visione strategica. Io preferirei dire così: c’è un problema di visione strategica parziale o monca.
E secondo me questa “zoppìa” è collegata alla difficoltà di costruzione di quella unità che tutti riteniamo necessaria.
Mentre c’è una sostanziale comune visione sull’analisi della situazione geopolitica, sugli intenti del NWO, e persino sul alcune soluzioni genenrali e specifiche (recupero della sovranuità nazionale, uscita dalla UE, dalla Nato, ripudio dell’OMS, opposizione al 5G, modifica delle classi dirigenti), non tutti evidenziano la centralità della assenza di democrazia e di sovranità popolare che consente all’elite dominante di operare facilmente i suoi piani, e senza quasi opposizione.
Ma anche quei gruppi (e non sono tutti), che pure pongono il problema della mancanza di sovranità popolare e individuale (e quindi non solo nazionalle) nella formazione delle scelte del Paese, non si pongono un altro problema collegato a questo: il problema della struttura della stessa organizzazione che dovrebbe lottare per recuperare quella sovranità assente o perduta.
C’è una assenza di analisi rispetto al ruolo che deve avere l’organizzazione politica che si prefigge di conquistare la sovranità popolare e democratica, e al peso fondamentale che ha la sua stessa struttura, i metodi secondo i quali si autoorganizza, nel determinare le chance di successo nel raggiungere gli obbiettivi che la struttura stessa si pone.
Questa sottovalutazione del metodo, rispetto al fine, è l’origine di tutti i fallimenti dei passati tentativi, che hanno caratterizzato l’intera storia recente (e direi non solo) dei movimenti antagonisti e/o alternativi al sistema. Buon ultimo il M5S.
La sottovalutazione del metodo, a mio parere, è anche la causa principale della difficoltà nella costruzione di una organizzazione unitaria, o almeno di un coordinamento efficace delle forze suddette.
Come posso “fidarmi” di una organizzazione che magari dichiara di cercare la sovranità popolare e l’instaurazione di una vera democrazia, che poi al suo interno non pratica quello che predica?

E non è solo un problema di astratta coerenza. Se la struttura che si prefigge di raggiungere il potere, per il popolo, contro la organizzazione piramidale imporsta dalle elite, è essa stessa piramidale, le probabilità che questa struttura, priva di un reale ed efficace controllo della base, venga poi diretta dalle enormi forze del “nemico” nella direzione da esso voluta, sono altissime. Quasi pari alla certezza.

Per spostare le risorse e le forze di una organizzazione piramidale, nella direzione voluta, è sufficiente al momento giusto avere il controllo del vertice della piramide. Ancora una volta l’esempio del M5S dovrebbe essere illuminante. Al di là dell’uso strumentale e retorico di espressioni come “democrazia diretta”, “uno vale uno”,ecc., il controllo del movimento era saldamente in mano a pochissime persone (Grillo, Casaleggio e pochi altri del cerchio magico). Per altro, paradossalmente, alla fine lo stesso Grillo è stato scalzato dal vertice della piramide, in favore di un elemento ancor più legato mani e piedi a chi aveva incoraggiato e sostenuto l’operazione di grillo, a partire dal suo ingaggio dopo l’evento del panfilo Britannia. Evento che ha segnato il punto di svolta e la fine del modello social-democratico italiano e dell’economia mista statale e privata, che aveva avuto anche successi eclatanti ed inaspettati.

Sottolineo che, all’inizio, i primi “pionieri” si erano raccolti con qualche speranza attorno a grillo, proprio spinti dalla necessità di visibilità (che Guido ritiene il primo problema), ma che proprio anche le vicende del M5S dovrebbe rendere evidente, non è per niente il primo problema.

Il problema invece era, ed è, il controllo del movimento stesso, o della organizzazione. Il problema del controllo della base verso il “vertice” è esattamente lo stesso che si pone nei contronti delle istituzioni del Paese da parte del popolo. Questo va risolto. Su questo occorre trovare soluzioni. Ma se non c’è la volontà di porsi il problema, le soluzioni non si trovano (pur potendole, almeno io, intravedere).

Quando i “pionieri” suddetti, o almeno una parte di quei pionieri, posero la questione al movimento di Grillo, richiedendo uno statuto, o almeno delle regole esplicite e chiare su come ci si doveva organizzare, su come si discuteva, si potevano fare le proposte di azione, su come si potevano decidere in maniera partecipata e democratica “diretta”, Grillo sollevò anatemi. Prima con la scusa che non si doveva diventare un partito, e quei pionieri furono tacciati di essere (loro) degli arrivisti e cercatori di potere in cerca di creazione di unanuova casta. Poi con la scusa che bisognava protegger eil mvimento e garantire (col controlllo suo) che mai il moviemento avrebbe tradito. Realizzando la solita operazione di tacitazione operata col metodo di inversione della realtà, ultimamente diventata tipica delle schiere a sostegno del NWO. En passant, il bis pensiero è una caratteristica costante della loro azione, forti del possesso di praticamente TUTTI i media di massa, o in quel caso, forte dell’esclusivo carisma di grillo, e della idiozia strategica di quei democratici diretti, che abbozzarono, pensando di poter comunque loro “usare grillo”.

Fatto è che senza un metodo organizzativo che strutturi una organizzazione non piramidale, dove il controllo sostanziale rimane ai membri che compongono la base del movimento stesso, si è fatalmente destinati al fallimento.
Per questa ragione, io personalmente, MAI parteciperò ad una qualsiasi organizzazione che non si pone questo problema.
E, dal versante opposto, è per questo motivo, che i diversi gruppi non possono unirsi. Perchè nessuno di questi è disposto a rinunciare al ruolo di direzione, di vertice, cui loro aspirano (a volte, persino in buona fede).
Unirsi, democraticamente, è possibile solo, se si accetta di correre il rischio della democrazia. Cioè il rischio che se si attuano metodi e procedure democratiche esplicite e condivise, non è più garantito, che gli obbiettivi che ciascun vertice persegue, vengano accettati dalla base.
Tristemente, questo significa, che il desiderio di democrazia e di sovranità popolare, è solo apparentemente accettato, e si pongono invece tutta una serie di presunti paletti, per proteggersi, con varie motivazioni, dalle degenerazioni. Seguendo lo stesso perverso schema, in fondo, dlela nostra costituzione, costruita, per mettere sotto tutela il popolo, di cui non ci si può realmente fidare.

E’ l’elitismo che continua la sua esistenza anche nelle organizzazioni cosiddette antisitema, che in realtà, alla fine così soltanto propongono, nella migliore delle ipotesi, la sostituzione di una classe dirigente di traditori con un altra, che non si capisce perchè, dovrebbe essere refrattaria alle lusinghe del potere.

L’accumulo di potere necessario, e che una organizzazione realizza, e per cui proprio è necessaria una organizzazione, VA TENUTO SOTTO CONTROLLO, ab origine. Pena la eterna delusione finale.

Certo, risolvere quei problemi di struttura e di metodo, non è ancora la SOLUZIONE, ma questo è propedeutico, ed esiziale. Senza questo, è totalmente inutile combattere, pensando di cambire il sistema. Senza questo, mi spiace dirlo, ma il “passare all’azione” come dice Guido, è veramente una ennesima inutile e perniciosa perdita di tempo.

Poi, ci sono tutti i problemi, cui anche Guido si riferisce, e certamennte ai primi posti c’è, la mancanza di visibilità, o meglio, come diceva il grande Giulietto Chiesa, il problema della informazione, fondamentale in ogni sistema e ancora più in un sistema che voglia essere democratico. Purtroppo anche lui però sottovalutava, o non considerava, i problemi della struttura dell’organizzazione, o li risolveva secondo il modello leninista, con tutti i suoi pregi, ma anche con tutti i suoi grandi difetti. Non ultimo l’irrisolto problema della sovranità individuale, nel contesto della sovranità popolare. E sostanzialmente riducendo il problema dlel’unità delle forze antisistema, a un problema di “egemonia” sul movimento. Proprio quello nel quale siamo infognati.

 Posted by at 13:47