Mar 162023
 

Non so se altri hanno letto queste considerazioni di Guido De Simone, e ancor meno se qualcuno ha esplicitamente risposto alle questioni importanti che lui ha posto. Qui di seguito trovate le mie risposte alle sue domande.

1) DOMANDA n. 1
La cosa più razionale da fare è forse continuare a DISPERDERE LE POCHE ENERGIE DISPONIBILI, (… omissisi…).
La risposta è un semplice: “No, non è affatto razionale”. La domanda in fondo è un po’ retorica, e prevede già che si risponda di no. Per altro non conosco uno solo dei gruppi, organizzazioni, associazioni, partiti “alternativi” e/o antisitema, che non dicano la stessa cosa, riguardo alla necessità di non disperdere le forze. Tutti, sottolineano la necessità di unirsi, tranne che ciascuno intende “di unirsi a noi”.

DOMANDA n. 2
Quale è il problema chiave?
Guido, sostiene sia la mancanza di visibilità. Io credo che questo non sia il primo problema ma forse il secondo. Come lui stesso evidenzia nella trattazione della prima domanda, c’è un problema di mancanza di visione strategica. Io preferirei dire così: c’è un problema di visione strategica parziale o monca.
E secondo me questa “zoppìa” è collegata alla difficoltà di costruzione di quella unità che tutti riteniamo necessaria.
Mentre c’è una sostanziale comune visione sull’analisi della situazione geopolitica, sugli intenti del NWO, e persino sul alcune soluzioni genenrali e specifiche (recupero della sovranuità nazionale, uscita dalla UE, dalla Nato, ripudio dell’OMS, opposizione al 5G, modifica delle classi dirigenti), non tutti evidenziano la centralità della assenza di democrazia e di sovranità popolare che consente all’elite dominante di operare facilmente i suoi piani, e senza quasi opposizione.
Ma anche quei gruppi (e non sono tutti), che pure pongono il problema della mancanza di sovranità popolare e individuale (e quindi non solo nazionalle) nella formazione delle scelte del Paese, non si pongono un altro problema collegato a questo: il problema della struttura della stessa organizzazione che dovrebbe lottare per recuperare quella sovranità assente o perduta.
C’è una assenza di analisi rispetto al ruolo che deve avere l’organizzazione politica che si prefigge di conquistare la sovranità popolare e democratica, e al peso fondamentale che ha la sua stessa struttura, i metodi secondo i quali si autoorganizza, nel determinare le chance di successo nel raggiungere gli obbiettivi che la struttura stessa si pone.
Questa sottovalutazione del metodo, rispetto al fine, è l’origine di tutti i fallimenti dei passati tentativi, che hanno caratterizzato l’intera storia recente (e direi non solo) dei movimenti antagonisti e/o alternativi al sistema. Buon ultimo il M5S.
La sottovalutazione del metodo, a mio parere, è anche la causa principale della difficoltà nella costruzione di una organizzazione unitaria, o almeno di un coordinamento efficace delle forze suddette.
Come posso “fidarmi” di una organizzazione che magari dichiara di cercare la sovranità popolare e l’instaurazione di una vera democrazia, che poi al suo interno non pratica quello che predica?

E non è solo un problema di astratta coerenza. Se la struttura che si prefigge di raggiungere il potere, per il popolo, contro la organizzazione piramidale imporsta dalle elite, è essa stessa piramidale, le probabilità che questa struttura, priva di un reale ed efficace controllo della base, venga poi diretta dalle enormi forze del “nemico” nella direzione da esso voluta, sono altissime. Quasi pari alla certezza.

Per spostare le risorse e le forze di una organizzazione piramidale, nella direzione voluta, è sufficiente al momento giusto avere il controllo del vertice della piramide. Ancora una volta l’esempio del M5S dovrebbe essere illuminante. Al di là dell’uso strumentale e retorico di espressioni come “democrazia diretta”, “uno vale uno”,ecc., il controllo del movimento era saldamente in mano a pochissime persone (Grillo, Casaleggio e pochi altri del cerchio magico). Per altro, paradossalmente, alla fine lo stesso Grillo è stato scalzato dal vertice della piramide, in favore di un elemento ancor più legato mani e piedi a chi aveva incoraggiato e sostenuto l’operazione di grillo, a partire dal suo ingaggio dopo l’evento del panfilo Britannia. Evento che ha segnato il punto di svolta e la fine del modello social-democratico italiano e dell’economia mista statale e privata, che aveva avuto anche successi eclatanti ed inaspettati.

Sottolineo che, all’inizio, i primi “pionieri” si erano raccolti con qualche speranza attorno a grillo, proprio spinti dalla necessità di visibilità (che Guido ritiene il primo problema), ma che proprio anche le vicende del M5S dovrebbe rendere evidente, non è per niente il primo problema.

Il problema invece era, ed è, il controllo del movimento stesso, o della organizzazione. Il problema del controllo della base verso il “vertice” è esattamente lo stesso che si pone nei contronti delle istituzioni del Paese da parte del popolo. Questo va risolto. Su questo occorre trovare soluzioni. Ma se non c’è la volontà di porsi il problema, le soluzioni non si trovano (pur potendole, almeno io, intravedere).

Quando i “pionieri” suddetti, o almeno una parte di quei pionieri, posero la questione al movimento di Grillo, richiedendo uno statuto, o almeno delle regole esplicite e chiare su come ci si doveva organizzare, su come si discuteva, si potevano fare le proposte di azione, su come si potevano decidere in maniera partecipata e democratica “diretta”, Grillo sollevò anatemi. Prima con la scusa che non si doveva diventare un partito, e quei pionieri furono tacciati di essere (loro) degli arrivisti e cercatori di potere in cerca di creazione di unanuova casta. Poi con la scusa che bisognava protegger eil mvimento e garantire (col controlllo suo) che mai il moviemento avrebbe tradito. Realizzando la solita operazione di tacitazione operata col metodo di inversione della realtà, ultimamente diventata tipica delle schiere a sostegno del NWO. En passant, il bis pensiero è una caratteristica costante della loro azione, forti del possesso di praticamente TUTTI i media di massa, o in quel caso, forte dell’esclusivo carisma di grillo, e della idiozia strategica di quei democratici diretti, che abbozzarono, pensando di poter comunque loro “usare grillo”.

Fatto è che senza un metodo organizzativo che strutturi una organizzazione non piramidale, dove il controllo sostanziale rimane ai membri che compongono la base del movimento stesso, si è fatalmente destinati al fallimento.
Per questa ragione, io personalmente, MAI parteciperò ad una qualsiasi organizzazione che non si pone questo problema.
E, dal versante opposto, è per questo motivo, che i diversi gruppi non possono unirsi. Perchè nessuno di questi è disposto a rinunciare al ruolo di direzione, di vertice, cui loro aspirano (a volte, persino in buona fede).
Unirsi, democraticamente, è possibile solo, se si accetta di correre il rischio della democrazia. Cioè il rischio che se si attuano metodi e procedure democratiche esplicite e condivise, non è più garantito, che gli obbiettivi che ciascun vertice persegue, vengano accettati dalla base.
Tristemente, questo significa, che il desiderio di democrazia e di sovranità popolare, è solo apparentemente accettato, e si pongono invece tutta una serie di presunti paletti, per proteggersi, con varie motivazioni, dalle degenerazioni. Seguendo lo stesso perverso schema, in fondo, dlela nostra costituzione, costruita, per mettere sotto tutela il popolo, di cui non ci si può realmente fidare.

E’ l’elitismo che continua la sua esistenza anche nelle organizzazioni cosiddette antisitema, che in realtà, alla fine così soltanto propongono, nella migliore delle ipotesi, la sostituzione di una classe dirigente di traditori con un altra, che non si capisce perchè, dovrebbe essere refrattaria alle lusinghe del potere.

L’accumulo di potere necessario, e che una organizzazione realizza, e per cui proprio è necessaria una organizzazione, VA TENUTO SOTTO CONTROLLO, ab origine. Pena la eterna delusione finale.

Certo, risolvere quei problemi di struttura e di metodo, non è ancora la SOLUZIONE, ma questo è propedeutico, ed esiziale. Senza questo, è totalmente inutile combattere, pensando di cambire il sistema. Senza questo, mi spiace dirlo, ma il “passare all’azione” come dice Guido, è veramente una ennesima inutile e perniciosa perdita di tempo.

Poi, ci sono tutti i problemi, cui anche Guido si riferisce, e certamennte ai primi posti c’è, la mancanza di visibilità, o meglio, come diceva il grande Giulietto Chiesa, il problema della informazione, fondamentale in ogni sistema e ancora più in un sistema che voglia essere democratico. Purtroppo anche lui però sottovalutava, o non considerava, i problemi della struttura dell’organizzazione, o li risolveva secondo il modello leninista, con tutti i suoi pregi, ma anche con tutti i suoi grandi difetti. Non ultimo l’irrisolto problema della sovranità individuale, nel contesto della sovranità popolare. E sostanzialmente riducendo il problema dlel’unità delle forze antisistema, a un problema di “egemonia” sul movimento. Proprio quello nel quale siamo infognati.

 Posted by at 13:47
Ago 252022
 

Leggo di molti inviti al non voto. Li capisco. Anche io so che votare, in queste condizioni ha molte scarse possibilità di servire a qualcosa. Scarse, non vuol dire zero, ma certo prossime allo zero.
Diversi di questi inviti, la mettono giù dura: “se voti, avalli il sistema, gli dai giustificazione, fai il loro gioco”. Quindi bisogna assolutamente rifiutarsi.
Ma nessuno dice che il semplice non votare cambierebbe qualcosa. Ovvio, ma sottaciuto.

Ma sarebbe un segnale. Il segnale che la maggioranza (quanta? il 50%+1? il 60?) o anche più respinge questo sistema.
Va bene, e dopo?
Si vedrà.
Ma allora mi state proponenedo la STESSA cosa dei sostenitori e credenti nel voto!
Di non poter sapere, PRIMA, come e se io potrò mai contare qualcosa, dopo, il mio non voto!


Dove è la logica diversa? Cosa mi deve far pensare che da questo processo, senza alcuna definizione, ne debba emergere una nuova organizzazione e distribuzione del potere in senso sovranista popolare?


Voglio dire dovrei anche fare qualcosa e non solo non fare.


Quello che so è che dai processi politici spontanei si genera potere. Che di certo alcuni subito vogliono cavalcare, appropriarsi. Potere politico di cui i costruttori-generatori-sostenitori devono essere consapevoli e attenti a come viene esercitato. Con una dinamica che non privi i generatori del potere del diritto a decidere come e quado e dove usarlo.
Ci sono molti modi in cui questo può essere accettabimente approssimato.


Organizziamo una assemblea costituente. Ci vorrà un po di tempo. Costituiamo un gruppo promotore. Che definisca delle regole condivise che possano essere accettate da persone anche con idee e possibilmente anche ideologie diverse. Avendo cura di non creare vantaggi artefatti per i promotori. Curando che ogni partecipante (promotore o no, vecchio e nuovo) abbia uguali possibilità di praticare la sua sovranità sui lavori di questa assemblea costiuente.


Allora, o c’è una proposta che affianca l’invito al non voto, oppure l’astensione non ha un significato e un qualche effetto migliore del voto.

L’astensione, da sola, anche certificata e dichiarata politica, è un segnale piuttosto di disperazione. Per questo motivo sì, capisco, anche io mi sono astenuto con questa consapevolezza.
Con identica consapevolezza, altrettanto disperata, voto per dire che vorrei cambiare qualcosa, anche se poi chi dovrebbe cambiare non lo farà o al più, non potrà farlo. Lucida disperazione, anche in questo caso.

Quindi il voto, o il non voto, hanno senso in funzione antisistema, se affianchiamo queste scelte (tutte finte, voto e non voto) alla richiesta di costruire un modello diverso e una proposta per cominciare. La mia l’ho fatta.

A combattere su voto e non voto si perde solo tempo.

 Posted by at 13:51
Ago 192022
 

Una delle cose che viene passata sotto silenzio (una delle tante) nei media italiani, ma anche dal media secondary stream, è il frequente richiamo di Putin al rispetto delle regole internazionali.
L’accusa di doppio standard rivolta agli USA-occidente-nato-UE dovrebbe voler dire che per quanto riguarda la Federazione Russa non si vuole usare un doppio standard.
Allora esaminiamo la situazione. Quali sono i principi e le regole in atto per quanto riguarda le dichiarazioni di indipendenza di una nuova nazione ottenuta separando una nazione precedente?
La Corte di Giustizia Internazionale (l’organismo internazionale dell’ONU e citata in narie occasioni da Putin) ha stabilito che la dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo il 17 febbraio 2008, ” non violava il diritto internazionale”
Non poteva dire che fosse legittima perchè il diritto internazionale non prevede nulla di positivo, di esplicito su questo processo.
Ma ha stabilito un precedente, alla fine accettato, nei fatti, anche dalla Serbia.
In fondo un successo di questa via definita per la situazione Kosovo/Serbia.
Giustamente , in sede di diritto internazionale, se avviene qualche cosa di simile, in altri luoghi del mondo tra le nazioni che accettano il diritto internazionale, dovrebbe valere la stessa cosa.
Ergo, se non si contestano i dati del referendum di Crimea, la questione Crimea, dal punto di vista del diritto internazionale, è già risolta.
E Taiwan, Taipei, Formosa?
La situazione per ora è diversa, ma dovrebbe poter essere risolta, quindi allo stesso modo.
Il doppio standard usato dagli Americani-occidentali-Nato-UE, non dovrebbe essere usato come giustificazione del proprio doppio standard.
Ma è vero, che non essendo questa procedura dei processi di separazione definita, e nessuno sembra pensare a questo, dal punto di vista del diritto internazionale, c’è una lacuna, forse ovvia, vista la mancanza di interesse degli stati a discutere di come ci si puà dividere al proprio interno.
In questa lacuna, il rispetto del diritto internazionale è richiesto, se è rispettato dal richiedente, e certo nessuno può richiedere la fine di un doppio standard se nemmeno è accettato uno standard.
Poi, solo se i più forti vogliono il diritto, allora il diritto vale.
Tuttavia, sulla carta, la mancanza appunto di una tale procedura, anche solo teorica, accettata o accettabile, o sopportabile dalle diverse nazioni, mi meraviglia.

Mar 032022
 

La mia risposta:
Rispetto a cosa? la tua domanda è molto generalista. Ma provo lo stesso cercando di immaginare a cosa ti riferisci. Magari ci si potrebbero scrivere (e li hanno scritti) decine e decine di libri. Nel caso specificami. Nonostante che le generalizzazioni poi abbiano sempre tutte le eccezioni del caso, ci provo.
La cosa che più mi ha stupito è il ruolo dei poeti e della poesia in Russia. Storicamente e anche adesso. Per qualche ragione in Russia la poesia è molto apprezzata. C’è stato un tempo in cui i poeti avevano una tale influenza sulla società che il loro ruolo politico era tenuto in molta considerazione. Negativa e positiva a seconda delle posizioni, spesso appiccicate loro indebitamente, ma anche no.

Esenin e Majakovskij erano visti e trattati dalla gente come oggi diremmo sono trattate le rock star. Ma tutt’ora questo ruolo particolare è in qualche modo presente. Ho avuto modo di verificare l’incredibile numero e la capillarità di iniziative di discussione, lettura, esposizione, intorno alla poesia e confronti di poeti con la partecipazione di gente comune che solo amano e praticano la poesia.
Il motivo di questo io credo sia collegato a un’altra caratteristica altrettanto presente, che è il pragmatismo dominante la loro visione del mondo . Le due cose sono in contrasto.
La poesia aiuta l’operazione di “estroversione”, protetti dalla forma poetica.
In un mio testo su Esenin scrivevo che la poesia ‘salva’ la psiche russa, proprio per questo; come tutti gli ‘introversi’ emotivi, se esprimono, lo fanno quando “sentono molto” e talvolta sono sopra le righe. La poesia è il contesto formale ‘protettivo’ attraverso cui la pressione interiore dei sentimenti può esprimersi e quindi si raggiunga equilibrio.

Sempre con le dovute limitazioni delle affermazioni generali, tendono a essere molto attenti a quello che dicono, e la parola data è come una pietra. Non rispettare un patto è una cosa che reputano oltremodo riprovevole. A volte devo stare attento a dire cose come: beh, allora domani ti chiamo, perchè poi magari dopo 10 giorni mi viene detto, ma non hai chiamato poi quel giorno! Quanto sopra, unito a una certa ritrosia (e qualche volta direi proprio difficoltà) ad esprimere i sentimenti e le emozioni profonde rende l’espressione poetica una via di uscita accettata e cercata.

Naturalmente ci sono in corso processi di trasformazione anche profondi, ma ancora in Russia io ho sentito una importanza di valori che in Italia e nel resto dell’occidente sono ormai quasi obsoleti, cascami, residuati da cancellare. La famiglia, la virilità e la femminilità, l’amore per la patria, il senso dell’onore. Una cosa che non ho visto è proprio la “spocchia” l’idea di essere superiori. Non rinuncerebbero a un granello del loro modo di essere nemmeno se per qualche cosa si dovessero sentire “mancanti”, se questo dovesse significare rinunciare a se stessi.

Un’altra cosa che mi ha colpito è l’amore per l’Italia… li possino.
Magari hanno una visione romantica e un pò obsoleta, ma noi italiani siamo (almeno fino a ieri) visti come forse vittime della nostra stessa umanità, ma amati, e le cose, la musica, la cultura in generale.
Mi fermo.
Tutto questo al netto del fatto che io non “conosco” la russia. Chi potrebbe? Enorme com’è.
Al netto del fatto che Mosca è diversa dal resto della Russia per la occidentalizzazione (che io veramente ho percepito come estranea, ma tuttavia inevitabilmente presente).
Al netto del fatto che ogni governo ha sempre i suoi oppositori (più o meno fomentati non importa).

Ho visto alcune città e villaggi dell’esti e del sud est. Io “conosco” la regione di Ryazan vicina a quella di Mosca. Storica città russa, che nella sua storia si è anche scontrata con Mosca e per lungo tempo con i Mongol-Tatar, oggi anche loro russissimi . A occhio mi pare piuttosto rappresentativa della media russa (se esiste una cosa simile), perchè raccoglie popolazioni anche molto diverse tra loro, ma, stranamente con qualcosa di unificante. Non ho capito bene cosa sia. Forse proprio l’avere come popoli distinti, imparato ciascuno a difendere la propria terra, come fosse per noi la madre o i figli. Per altro le loro organizzazioni politiche e di governo non hanno esitato a cercare il dominio su altri territori. Ma questo non è proprio dei “russi” in quanto tali, è proprio di tutte le forme organizzative umane che sono gerarchiche (praticamente finora tutte).
Il fatto che poi abbiano imparato a riconoscersi come fratelli non ha cancellato le loro identità. Su questo dovremmo imparare da loro.

 Posted by at 00:44
Feb 262022
 

No alla guerra. E’ semplice.
Ma che non si sognino di dirlo qui, sulla mia bacheca, sotto questo post, tutti quelli che sono stati zitti, o peggio hanno applaudito, alle carneficine ingiustificate realizzate dagli “occidentali” in Iraq, Yemen, Libia …(elenco parzialissimo ma evidente anche a un cieco). Anche con tanto di assassinio dei loro lider governanti.
I suddetti strabici cognitivi, o semplici servi dei demoni, tacciano. Così come i difensori della democrazia, inesistente a casa loro senza problemi, (anche a fronte di una serie infinita di clamorose bugie e violenze sul proprio popolo), di cui si vede invece ogni mancanza a casa altrui, ma solo se è quella del “nemico”.
Io, e quelli come me, che da sempre hanno cercato la verità, anche a costo di fare male a se stessi, io, noi, possiamo dirlo.
Nel caso chiedo perdono per quelle guerre, che mi fossero sfuggite a cui non ho detto no.

Ma allo stesso tempo io posso dire che dire “no alla guerra” non significa che poi la guerra non ci sia. Gli amici te li scegli i nemici no.

Così come posso modestissimamente dire che Putin ha sbagliato.
Sì, ma lo dico ragionando come fossi un cinico governante come è, e forse deve essere, ogni governante.
C’erano una massa di uonimi e armamenti ucraini pronti e preparati per riprendersi il Donbass. Oltre i confini ucraini c’era altrettanto, e forse più, da parte russa.
In mezzo gli Ucraini russofili e russofoni, che però con l’Ucraina hanno deciso che non vogliono più starci, asserragliati e assediati, e occasionalmente, ma quotidianamente bombardati. Circa 20.000 vittime in otto anni. Roba digeribile dalla democrazia e dai pacifisti a soggetto.
Bastava aspettare. Anzi allontanarsi un pò. Lasciare che la prevista mattanza cominciasse, come faceva prevedere l’incremento delle violazioni ucraine. I carri sarebbero prima o poi avanzati, il genocidio sarebbe diventato evidente con migliaia di morti civili di ogni età e sesso.
Allora avrebbe dovuto fare quello che non ha fatto: intervenire a carneficina inoltrata.
Invece no.
Ha inziato lo scontro per la distruzione delle forze armate ucraine, prima. E cosa ancora più incomprensibile per me, e altri molto più autorevoli osservatori, ha cominciato senza il previsto e militarmente vantaggioso bombardamento da lontano, con missili, artiglieria, droni, aerei ecc, come fanno e hanno fatto tutti quelli che invadono un territorio “nemico”. Ci volevano almeno due giorni di tale attività.
Invece no.
Insieme a comunicati che dicono che gli obbiettivi sono solo militari, di rispettare i soldati ucraini, di non colpire obbiettivi civili, di lasciare liberi i soldati ucraini che si arrendono …
Propaganda, è chiaro. Direte.
Tra l’altro queste direttive possono cambiare, se cambia lo scenario.

Lo ripeto: Putin ha sbagliato. Doveva aspettare il massacro, e soprattutto doveva fare il solito sporco lavoro iniziale da lontano con bombe più o meno intelligenti. Per evitare un massacro (vero o presunto), si può fare, o digerire meglio, un altro massacro. Come in Iraq, in Libia… uguale.
Tutto questo al netto del mio complottismo, che mi fa dire, che come sempre, che sia armato o no, lo scontro mostra che gli equilibri, all’interno del NWO in costruzione, sono in via di definizione.Cosa possiamno fare noi poveri esseri inutili che presuntuosamente vediamo questo?

 Posted by at 17:00