Ott 152011
 

Sono arrivato la mattina alle 12 a san giovanni, destinazione del corteo che nel pomeriggio sarebbe partito da piazza repubblica.
Mi ha accolto un grande striscione con scritto “Lasciate ogni partito o voi che entrate“. Un po esagerato forse, ma simpatico. Trovo un centinaio di “indignati”, e mi sento subito un po’ come a casa mia. C’è un aria tutto sommato determinata ma non aggressiva. Sulle cancellate una serie di altri striscioni inneggiano alla democrazia, la democrazia diretta, contro la casta, contro la manovra e il debito pubblico accollato ai sudditi. Qualcuno altro arrivando appende altri manifesti e altri striscioni più o meno sullo stesso tenore e tutti senza simboli. Benchè io faccia parte di una organizzazione politica col suo simbolo, e nonostante che come scopo abbiamo quello di far riprendere ai cittadini la sovranità che è loro e non arrogarci la rappresentanza di alcuno, noi abbiamo fatto insieme a rete dei cittadini uno sriscione senza simboli, con scritto “voi non ci rappresentate, ora tocca a Noi“. Insieme ad altri amici dispiegamo lo striscione e lo appendiamo. Lo striscione viene generalmente apprezzato e il feeling è palpabile. Non avevo dubbi, ma la verifica è sempre importante. Si discute un pò sul fatto che non si vogliono bandiere di partito, io sostengo che forse l’accento va messo sul fatto che il loro aspetto negativo non è nell’essere partito, ma nell’essere macchine che raccolgono il consenso a vantaggio di pochi. Alle 13 e 15 il gruppetto di amici DD e di RETE DEI CITTADINI, e anche alcuni del Partito del Sud decidiamo di andare a piazza repubblica per fare il corteo.

Ci raggiungono anche altri amici e così non siamo più proprio quattro gatti. La piazza è piena di striscioni e bandiere di gruppi politici. Così anche noi tiriamo fuori lo striscione dei DD e di RDC. Ma sento che siamo quasi dei pesci fuor d’acqua. Il nostro striscione dice : “Democratici Diretti – ogni cittadino un membro del parlamento”. Noi portiamo il discorso della democrazia e della partecipazione diretta al governo, siamo pacifici ma attorno era un prevalere di slogan ritriti sulla lotta di classe di chi gridava o amplificava più forte. Noi avevamo solo le nostre voci.  Così ci sistemiamo dietro a quelli dell’USB l’unione sindacati base. La piazza si riempie ma non si parte mai.  Poi dopo una lunga attesa ci si comincia a muovere. C’è molta gente e quindi quando noi ci muoviamo, presumibilmente la testa del corteo è già a metà del percorso. Dopo un centinaio di metri non siamo ancora usciti dalla piazza che ci si blocca di nuovo. Molti si chiedono perchè. Dietro di noi un deficiente con uno dei tanti camion con amplificazione ci stringe. Mi viene volgia di rgliene quattro. Qualcuno suggerisce di scorrere sui bordi e andare davanti, ma secondo me il corteo è bloccato perchè ci sono dei casini. Come si sa, avevo ragione.
cmq decidiamo di provare, fatte alcune decine di metri è chiaro che il corteo non si muove proprio. Cerchiamo una fetta di corteo nel quale inserirci e aspettare. La troviamo. Poco dopo una del gruppo dietro a noi dice che dobbiamo rispettare “l’ordine stabilito per le posizioni nel corteo”. Mi chiedo stabilito da chi? comunque non ce ne importa poi molto e passano, dietro di loro ci stanno dei black bloc, o almeno sembrano tali. Inquadrati, tutti vestiti di nero, in cordoni e con cintura esterna di bandiere con aste corte alias bastoni, passamontagna, o kefia o altre cose per coprire la faccia. Si capisce anche dalla loro tensione che non sono lì per dire che la democrazia è di tutti. Più o meno gentilmente ci passano davanti anche loro. Se anche la maggioranza di quelli attorno non fosse d’accordo con quel tipo di presenza nessuno sarebbe realmente in grado di impedirla. La stragrande maggioranza è lì, per se stessa, e vaga disorganizzata, da un punto all’altro. I gruppi organizzati hanno chiaramente l’egemonia della situazione. Noi, DD organizzati per altro molto male, non siamo assolutamente in grado di marcare una presenza diversa. L’area dei dd si è spalmata su troppi fronti, san giovanni, piazza repubblica, pzza del popolo, dispersa nel corteo senza neanche riuscire a contattarci… Ho ricevuto le telefonate di diversi che ci chiedevano dove eravamo e non siamo neanche riusciti a metterci in contatto visivo.
Io mi sento ancor più un corpo estraneo. Non ho più voglia di partecipare a quel corteo. C’è molta gente ma l’egemonia del corteo è dei soliti gruppi antagonisti la cui prospettiva offerta per il futuro, se esiste, non la capisco. E quel poco che capisco non mi piace. Gruppi importanti come i precari della scuola, anche loro schiacciati e ridotti in un angolino del corteo. Ma come? Non dovrebbero essere loro i soggetti primi? Lo stesso per i sindacati di base, presenti in gran numero, ma in fondo messi ai margini del corteo. Dopo saprò che si sono quasi scontrati con i black bloc. Per un pò stiamo con loro, ma il nostro spezzone di corteo non riesce neanche a partire. E’ chiaro che questa manifestazione è diventata la manifestazione di quelli che volevano fare casini, e più o meno consapevolmente il risultato è stato zittire le altre forme di opposizione non caratterizzate per essere communiste, anzi e specialmente quelle non ideologicamente connotate nè a destra nè a sinistra. Ora certamente pzza san giovanni sarà sgomberata anche dagli indignati. Il nuovo, oggi, ha perso  un occasione.
Questo dovrebbe insegnare al vero movimento alternativo (alternativo ai vecchi e nuovi prepotenti, ai vecchi e nuovi ideologismi, ai vecchi e nuovi prevaricatori del diritto ad autogovernarsi) che questi obiettivi non possono essere raggiunti senza organizzazione e coordinamento efficace. La democrazia non la puoi fare col solo spontaneismo, nè restando divisi e separati in tanti spezzoni (nel corteo, come nell’azione quotidiana).
Speriamo di imparare in fretta.

 

 Posted by at 21:13
Mag 262011
 

Un testo scritto a più mani sugli strumenti della democrazia diretta. Cosa sono, perché dovremmo averli, esperienze di utilizzo e suggerimenti per la loro realizzazione.

Gli autori sono alcuni fra le figure più riconosciute del movimento per la democrazia diretta, sia dal punto di vista teorico che pratico: Bruno Aprile, Thomas Benedikter, Roberto Brambilla. Paolo Michelotto. Dario Rinco e, immodestamente anche io, Pino Strano.

Il sottotitolo recita:  “Guida sulla democrazia diretta per cittadini attivi e consapevoli“.

Forse come nella “Guida galattica per autostoppisti” Avremmo dovuto scriverci “”Non fatevi prendere dal panico”.

Per ora comunque non è stato stampato, come avremmo voluto, in tempo per la “Settimana della democrazia diretta”. In ogni caso sarà sempre disponibile la versione digitale che potete scaricare anche dal mio blog.

 

 

Mag 142011
 

 

Sapete?… quando da piccoli, si fa qualcosa di simile a “chi vuole giocare con me metta il dito qui sotto!”?

Ecco la sensazione che ho è questa.

Chi fa quel tipo di appello corre vari rischi.

Il rifiuto di un mano con nessun dito. Nessuno che vuole giocare con te, sentirsi di non contare, delusione per la speranza svanita.

La superbia.

Il desiderio di affermazione, che annebbia la meta. Vuoi giocare o ti interessa solo mostrare o vedere se ci sono quelli che mettono il dito sotto?

Però se nessuno lo fa,  se nessuno è in grado di attirare molte dita, qui si rischia di non giocare mai.

Ma non ci sono altri metodi?  Solo quello della mano che si alza a palmo verso?

Ok. Non è una cattura di dita.

Ma se come politici, come cittadini politici, fossimo capaci di non ragionare più con i vecchi schemi mentali…

Qui si tratta di reinventare la democrazia.

Uscire fuori dallo schema mentale che ci costringe a vedere la politica come qualcosa di cui si occupano pochi.
E anche dallo schema mentale
che l’alternativa sarebbe essere tutti dei politici.
Non è così. Non è questo.

Io, almeno un’alternativa la vedo.
Una struttura ad albero di deleghe reciproche.

Consentirebbe a tutti di esserci o non esserci senza particolari formalità.
Se l’albero personale è modificabile in “ogni” momento, ciò determinerebbe un alto livello di rappresentatività anche con numeri di  presenza “diretta” piuttosto bassi.

Invece di avere un  delegato fisso per cinque anni e con un sacco di potere discrezionale rispetto a chi lo ha eletto, ne potrei  avere mille.
Tra loro in relazione gerarchica, direi piramidale. In cima alla piramide ci sta ognuno di noi. Ognuno controllando la gerarchia dei propri delegati.
Ecco, perché ha proprio senso la piramide rovesciata.

Qualcuno dice che verrà da sè. Non credo. Non c’è ancora sufficiente consapevolezza, e quando ci sarà  i cambiamenti saranno possibili. Ma non è indifferente il nostro singolo ruolo. Non alzerò la mano a palmo verso, ma invece, comincerò a giocare. Chi vuole giocherà anche lui.

 

 

Apr 152011
 

Più di una volta ho sentito scrivere ed esprimere le seguenti definizioni

DD = Democrazia Diretta, ovvero potere esercitato direttamente da cittadini senza intermediazioni

DR = Democrazia Rappresentativa, ovvero potere delegato dai cittadini ai rappresentanti

In effetti questa è la visione, direi “classica”, della situazione.

Ritengo quelle due definizioni non corrette. Dico proprio dal punto di vista teorico e dal punto di vista della sostanza.

Quelle equazioni sopra riportate sono l’interpretazione dominante comune, quasi appunto, un luogo comune. Ma, se si analizza bene cosa sta alla base dei concetti di DD, DR e D si può vedere che le cose non stanno proprio così.

Per esempio l’idea che DD significhi “potere esercitato senza intermediazioni”, è semplicemente sbagliata. Falsa. Infatti non è possibile nessuna espressione di volontà, e ancor meno uso del potere “senza intermediazioni”.

Tra volontà ed espressione efficace della stessa, c’è sempre quacosa in mezzo. Fosse anche solo il corpo, o un pezzo di carta, o un computer.  Leggasi in merito questo: http://www.pinostrano.it/blog/delega-e-dd-cosa-significa-laggettivo-diretta/

Quindi la differenza, se esiste, non sta lì. Sta piuttosto nel “tipo” della intermediazione. Che deve assicurare la corrispondenza tra volontà ed espressione/realizzazione della stessa.

Comunemente la nostra si ritiene una DR. Ma anche questo non è così. Infatti un sistema istituzionale dove i governanti non possono essere cambiati quando anche l’intero popolo non li voglia più, semplicemente non è una democrazia. Perché, in questo caso, la caratteristica di “potere del popolo” in realtà non è più attiva, è sospesa. Tanto più se questa “ripresa del potere”, questa “ultima parola” non dipende più dal popolo.

Nel sistema italiano attuale, affinché il popolo possa esercitare la propria sovranità  occorre  aspettare 5 anni, che piaccia o no. Nel frattempo i governanti possono stravolgere ogni cosa dello stato, stabilire qualsiasi assurdità, rubarsi i tuoi e i miei soldi, e anche commettere reati di qualsiasi genere stabilendo che sono legali, e non c’è alcuna possibilità per il popolo di impedire questo. Un sistema istituzionale che non preveda la possibilità di cambiare le leggi fatte dai governanti, neanche se l’intero popolo lo volesse, non è una democrazia. La nostra supposta DR in realtà si è giocata la D(emocrazia), poiché non prevede alcun mezzo attraverso il quale i cittadini possano, su propria iniziativa, modificare la delega e/o le decisioni dei delegati.

La nostra è quindi semplicemente una Oligarchia Elettiva. Noi non eleggiamo rappresentanti del popolo, ma sostituti del popolo. Principi elettivi a tempo. Insindacabili. E l’unico momento in cui i cittadini possono avere una possibilità di cambiare le cose, senza impugnare i fucili, è il giorno delle elezioni. Ma il fatto che si voti non significa affatto che il sistema nel suo complesso sia democratico. Se l’unica cosa che puoi fare è votare chi deve essere il tiranno, tutto si può dire, tranne che quello sia un sistema democratico.

Tuttavia la rappresentanza, o la delega è uno dei poteri che il popolo sovrano può esercitare. Come sovrano posso fare del mio potere ciò che voglio, compreso cederlo a qualcun altro se mi viene comodo, ma che sovrano sarei se non potessi riprenderlo non appena lo volessi? Quella sarebbe stata allora CESSIONE di sovranità. E questo è quello che ci accade con il voto, che esprime l’OBBLIGO di cedere la propria sovranità ai principi elettivi a lunga durata (i 5 anni della legislatura).

In democrazia (diretta) la delega non è CESSIONE di sovranità. perché, idealmente, in ogni momento io devo poter recuperare il potere ceduto. Il referendum deliberativo rappresenta quindi il livello MINIMO che deve esistere per poter dire che un sistema è democratico, Rappresenta quel mezzo, almeno uno, che il popolo deve poter avere per ritornare sovrano senza chiedere il permesso ai governanti.

Non tutte le democrazie (che hanno almeno il livello minimo per potersi definire tali) sono uguali. Una democrazia può essere migliore (o più estesa) di un altra se i mezzi attraverso i quali il cittadino può esercitare la propria sovranità sono molteplici e flessibili e non costringono persino chi non volesse delegare mai a doverlo comunque fare. Per questo la democrazia (diretta) è una idea progressiva, non uno STATO, una struttura statica, da raggiungere una volta per tutte.

Tuttavia supponendo anche di avere tutti i mezzi per esercitare in ogni momento il potere di governare, se io, cittadino sovrano lo voglio fare, devo poter essere libero di delegare. La delega è una prerogativa del sovrano. Un diritto. Ovviamente senza mai perderne totalmente il controllo (quindi in forma sempre revocabile o avocabile solo che lo voglia). Ma se per ipotesi io, dopo avere delegato, non volessi riprendermela se non ogni cinque anni, e se per ipotesi anche tutti gli altri membri del popolo non la volessero riprendere se non ogni cinque anni,?… ebbene allora avremmo un sistema proprio “simile” all’attuale. per questo dico che la DR è in realtà un caso particolare di DD.

La democrazia (diretta) CONTIENE naturalmente, come possibilità, la democrazia rappresentativa.

Quindi tutt’altro che dd “complemento” della dr. Quando si dice che il referendum di iniziativa e deliberativo (che spesso è, purtroppo, tutto quello che si intende per democrazia diretta) è complemento della DR, si sta facendo una affermazione sbagliata e fuorviante che non rende giustizia nemmeno al semplice concetto di Democrazia. Il referendum di iniziativa deliberativo è “semplicemente” la CONDIZIONE MINIMA per cui una democrazia si possa definire tale.

Quindi in definitiva rappresentativa e diretta, sono estremi di un continuum che esprime la maggiore o minore estensione dell’unico concetto che è la Democrazia, senza altri aggettivi. Condizione per la quale è necessario che al livello più basso di questo continuum ci sia almeno il referendum deliberativo di iniziativa popolare.

E la democrazia diretta è “semplicemente” un sistema democratico che tende costantemente a ridurre al minimo e a superare gli ostacoli per l’esercizio sempre più esteso della sovranità da parte di ogni singolo cittadino; migliorando gli strumenti, i livelli di consapevolezza, e in generale le condizioni che ne permettono la applicazione.

 Posted by at 18:22
Apr 132011
 
Ricevo da Akiva Orr
Last Monday (April 11)  Oded  (‘odik’) Pilavsky (79) died in Tel-Aviv.
I knew him since 1952.
Wejoined the Israeli CP together in 1953  and we left it together in 1962
– with others – to form  MATZPEN.
TOday MATZPEN members published a memorial ad  in “HA’ARETZ”
with a short poem Odik wrote in 2002 entitled
MY  IDENTITY
by Odik  (translated by Aki Orr)
For anti-semites   –   I  am  a  Jew
For ‘Greater Israel’ supporters –  I am a Palestinian
For  white  racists  –  I am Black
For Zionist Erectionists  –  I am a diaspora Jew
For Jewish supremacists  –  I  am  a Goy
For European neo-Nazis – I am an Arab, a Turk, and a Kurd
For haters of foreign workers  –  I am a foreign worker
For women-haters   –  I am a Feminist
For aristocrats  –  I  am  a  commoner
For smug Generals  – I am a draft evader
Oded  Pilavsky (1932 – 2011)
THis poem embodies the spirit of MATZPEN
Publicize it as best as you can
Aki

Lunedì scorso (11 aprile) Oded (Odid) Pilavsky (79) è morto a Tel Aviv.
Lo conoscevo dal 1952.
Aderimmo insieme al CP nel 1953 e lo lasciammo insieme nel 1962 – con altri – per formare il MATPZEN.
Oggi i membri del MATZPEN hanno pubblicato un suo ricordo in “HA’ ARETZ” con unabreve poesia di Odik scritta nel 2002 intitolata

LA MIA IDENTITA’

di Odik (tradotta da Pino Strano dalla versione di Aki Orr)

Per gli anti-semiti – Sono un ebreo

Per i sostenitori della “Grande Israele” – Sono un palestinese

Per i bianchi razzisti – Sono un nero

Per gli Edificatori Sionisti – Sono un ebreo della diaspora

Per gli ebrei supremazionisti – Sono un Goy (1)

Per gli europei neo-nazisti – Sono un Turco, un Arabo e un Kurdo

Per coloro che odiano gli immigrati – Sono un immigrato

Per chi odia le donne – Sono un femminista

Per gli aristocratici – Sono un plebeo

Per i pomposi generali –  Sono un disertore

Questa poesia incarna lo spirito del MATZPEN
Pubblicizzala come meglio puoi.
Aki.
(1) Etichetta per i non ebrei

Il MATZPEN è un gruppo di ispirazione socialista, direi piuttosto atipico. Pur essendo costituito da poche dozzine di persone è sempre stato considerato una minaccia dai governi israeliani. Akiva Orr ha poi proseguito la sua evoluzione libertaria e contro le ideologie oppressive elaborando una ampia teoria della democrazia diretta come strumento per la risoluzione dei conflitti sociali e l’affermazione della libertà e autogoverno dei popoli.

 Posted by at 22:41