Nov 052010
 

Io non ho niente in contrario, non avrei alcun problema a fare parte di una organizzazione politica che ovviamente avendo uno statuto dd, si chiamasse “Democrazia Diretta e Sovranità Monetaria”.

Come per altro molti altri nomi: “Per il bene comune”, “Sovranità Popolare”, “Rete dei Cittadini”, “Lista Partecipata”, “Officina Democrazia”, persino PRIMIT, o Partito DD Socialista, o dd Fascista… però ho diritto anche io alle mie preferenze.
E alcuni nomi mi sembrano più giusti di altri.

Perciò se mai un membro dei Democratici Diretti dovesse proporre di chiamarci “Democrazia Diretta e Sovranità Monetaria”, per quanto mi riguarda riconoscerei la consonanza dei termini usati. Inoltre potrei “markettaramente” intravedere la motivazione che il termine “Sovranità Monetaria” ha una notevole diffusione tra gli esterni ai partiti noti, (e così anche quelli che non sono dd magari potrebbero prenderci in considerazione per il loro voto). Tuttavia io non voterei a favore di cambiarlo. Ma non mi sentirei così manchevole o eccedente di qualcosa, nel caso tale proposta fosse approvata.

D’altra parte ho la definitiva determinazione a usare tutto il potere politico che riusciamo a riprenderci per combattere il signoraggio privato.

Insomma è il mio primo punto del “programma” personale relativo al potere economico e di sicuro lo vorrei come primo punto di un programma o di decisioni da prendere per una lista basata sui principi della dd. (1)

Detto quanto sopra, se qualcuno non dovesse partecipare perchè non si garantisce questo o quello, oltre che la ricerca rigorosa della democrazia diretta, allora qualcosa non va…
o della nostra comunicazione e/o nella idea di democrazia che c’è nelle teste di chi vuole “garanzie”, “sicurezze”… sui specifici obiettivi, per quanto fondamentali e prioritari possano essere.

Evitare la piramide delle esclusioni.

Se si ritiene/richiede che qualcosa venga inserito come pietra fondante, e quindi la più largamente condivisa (idealmente dall’unanimità), il risultato, di solito, è l’inserimento di un altro criterio di esclusione o di sè stessi (andandosene qualora la maggioranza in quel momento non fosse a favore), o l’esclusione degli altri (espellendo chi non si adegua o assistendo all’andata via degli autoescludentisi).

Perciò i “paletti” fondanti devono essere pochi.

Se poi si dice che la democrazia è una cosa buona perchè è l’unico mezzo con cui si può veramente realizzare il proprio obiettivo specifico più o meno di vasta portata (signoraggio, ….) ma che però la democrazia da sola non basta, allora bisogna riconoscere che se la democrazia non è il fine ultimo è tuttavia il mezzo politico necessario.

Se non è così, beh allora forse abbiamo idee diverse di cos’è la democrazia, perchè la democrazia appartiene ugualmente anche a quelli che non vogliono lo stesso obiettivo nostro, i quali riconoscono anche essi che appartiene non solo a loro ma anche ugualmente a noi.

Qui sta per me l’essenza della democrazia. Per vincere democraticamente occorre che la maggioranza degli italiani vogliano vincere. Dove vincere sta per riprendersi la sovranità politica di tutta la res publica.

Un altro punto per cui sono contro la rigidità di obiettivi non di metodo democratico, è che le rigidità maggiori di una sono alla base della loro crescita, La rigidità degli schemi mentali è una delle basi del controllo inevitabilmente utilizzato piramidalmente. Il contrario della piramide non è la piramide rovesciata, anche se come significante funziona.
E poi la piramide poverina non ha colpa. Anzi la piramide ha preziose virtù. E’ il potere la questione. Non la forma geometrica.

La dicotomia piramide-piramiderovesciata si rappresenta meglio forse con la coppia verticalità-orizzonatalità.
Forse anche con privilegi-pari opportunità. E si può continuare.

La cosa sicura è non imporre altro più che il metodo.
Appunto quello costituito dal seguire un metodo democratico (diretto).

Se invece riconosciamo il valore di metodo basale della democrazia diretta, ma tuttavia riteniamo una certa altra cosa così importante, essenziale, perchè pretendere che la debbano sposare tutti come fosse un metodo, se non lo è? L’importante è che quella cosa sia votata e si faccia. E per farla basta un metodo democratico e una maggioranza semplice. Perchè pretendere che sia messa alla base tanto da renderla dipendente dalla adesione a quella da parte di tutti?

E alla fine interrogarsi.
Ma veramente sono disposto a correre il rischio della democrazia?

(1)Cosa siano i principi dd per me, lo trovate descritto nello statuto dei DD.

  6 Responses to “La domanda.”

  1. Il nazifascismo che avanza!! Curiosità ma abboccano in molti a ‘ste puttanate sul signoraggio ?

  2. Occhio Mimmo, non dire la prima cosa che ti viene in mente. Poi così volgare. Il nazifascismo…

  3. MEGLIO OGGI O MEGLIO IERI?

    Per avere un dato più rispondente alla realtà, dovremmo chiedere a quel miliardo e cinquecento milioni di denutriti, se il mondo in cui oggi viviamo è meglio di quello passato.

    Dovremmo chiederlo a tutti i civili iracheni e di tutte le guerre moderne, dilaniati dalle bombe intelligenti, dall’uranio, dal fosforo e batteriologiche.
    Dovremmo chiederlo a tutte quelle persone sacrificate sull’altare del progresso, devastate dall’amianto, dalla diossina, dai pesticidi, diserbanti e affini, e da un’inquinamento endemico, che miete sistematicamente sempre più nuove vittime.
    Dovremmo chiederlo ai bambini abusati, seviziati e mercificati in tutto il mondo – ai corpi senza un nome, espiantati dai loro organi.
    Potremmo chiederlo alle vittime di Chernobyl e ai loro familiari, ai morti per droga, per incidenti stradali; ai morti sul lavoro, ai clandestini in fondo al mare.
    Dovremmo chiederlo agli ebrei dei forni crematori, ai giapponesi di Hiroschima e Nagasaki, e a tutte le vittime dell’industria bellica, dell’industria chimica, dell’industria della menzogna.

    Se il mondo in cui oggi viviamo, è meglio di quello passato, dovremmo chiederlo all’acqua, all’aria, agli alberi e agli uccelli. Lo chiederei alla notte, al silenzio, alla compassione, alla felicità e alla bellezza. Lo chiederei alla speranza e alla solidarietà. Lo chiederei al mio cuore, che adesso non risponde.

    Gianni Tirelli

  4. Grazie Gianni del tuo commento.
    Io, sinceramente, non lo so.
    Vorrei solo che questa tua domanda potesse avere una risposta da ciascuno. Una risposta collettiva come somma di scelte individuali. Lo so: non è affatto certo che se fossimo liberi di scegliere che fare del nostro pianeta e della vita che lo pervade, sceglieremmo di non far morire senza una mano tesa quel miliardo e mezzo. Ma almeno allora sarebbe giusto che la razza umana precipitasse verso l’autodistruzione. Oggi, però, questa scelta ci è impedita, e scegliere diversamente, magari è anche possibile, ma non è una semplice, “banale” espressione della propria volontà, come dovrebbe essere, ma è possibile solo come drammatica scelta di vita. Io, non ce la faccio a fare il santo o l’eroe, come ci viene concesso di fare se vogliamo opporci a questo inferno. Ma lo stesso sento che avrei, io voglio il diritto di affermare la nostra volontà e non subire quella dei mostri che ci derubano della nostra responsabilità.

  5. L’ITALIA: UN PAESE SOTTO SCACCO

    Sono rimasto impietrito di fronte all’attacco squadrista in diretta tv sferrato dal ministro della difesa La Russa, ad “Anno Zero”, contro un giovane studente che esprimeva civilmente le sue ragioni. Ero incredulo, per tanto odio e immotivata ferocia, mentre, nel frattempo, la mia rabbia montava attimo dopo attimo e così la frustrazione da impotenza. Ero a tal punto compresso che, per non dare in escandescenze, rischiando di fare a pezzi il televisore e un reperto archeologico nelle vicinanze, mi rifugiai dentro un pianto liberatorio. Quella notte non chiusi occhio! Certo, l’atteggiamento criminoso del ministro della difesa La Russa, aveva scosso il mio essere in ogni sua cellula, ma le ragioni della mia insonnia, erano ben altre; più dolorose e deprimenti.
    a) Il silenzio assenso del vicedirettore del “Giornale” Nicola Porro, tristemente salito agli onori della cronaca per meriti deontologici. Una commistione di ricatti, intimidazione e dossier, in perfetta linea feltriana.
    b) L’ignavia e l’ipocrisia di Pierferdinando Casini che, in veste di giudice supremo di verità e imparzialità, pretendeva dall’ignaro studente (in maniera strumentale e demagogica e speculando sulla sua giovane età e inesperienza), di schierarsi e prendere posizione, allo scopo di garantirsi pubblicamente la laurea “ad honoris causa” del perfetto moderato. Lui, il politico dei senza se e senza ma. Cattolico e divorziato. Paladino della famiglia, schierato idealmente con il suocero Caltagirone.
    c) L’intervento blando, ininfluente e poco convinto di Santoro che, sinceramente, è ciò che più mi ha amareggiato e addolorato.
    Solo il buon Di Pietro, l’analfabeta, il giustizialista, il populista, ha restituito un minimo di dignità e di autentica democrazia a una bagarre vile e vergognosa, dove infamia e mistificazione avevano tradito ogni buon senso, corretta analisi e frammento di verità.
    Alle richieste legittime dei manifestanti, si contrappongono i comportamenti irresponsabili e sistematici di questa cricca al potere, carichi di protervia e di tracotanza, fomentando l’odio, il rancore, la violenza e la vendetta. Può mai essere definito un traditore chi, anche se tardivamente, si dissocia da quest’orda di figuri? Può essere mai accusato di tradimento chi rinuncia ai suoi privilegi e alla più comoda immobilità, rischiando sulla propria pelle, gli effetti di una tale, irrinunciabile, doverosa e coraggiosa scelta? Può mai definirsi tradito un puttaniere impenitente che, della prostituzione, ha fatto il suo programma politico e, dell’impunità, il fine del suo mandato? Solo nei regimi ignoranti e populisti, che hanno esaurito la loro carica demagogica e propagandista ci si appella, come estrema rathio, alla lealtà verso il capo indiscusso. Pena, l’eterna e indelebile onta del tradimento. L’infedeltà a tutto campo, di Silvio Berlusconi è conclamata, e preclude ogni civile e leale convivenza.
    L’altra sera ad “Anno Zero”, un bravo ragazzo e studente modello che, con senso civile, lealtà e candore ha onorato il suo dovere di cittadino responsabile e consapevole, è stato deriso, umiliato, mortificato, zittito e sbeffeggiato e offerto a pubblico ludibrio come esempio di pericoloso sovversivo, e terrorista. Il Popolo delle libertà, non è che una grottesca messinscena carnevalesca, che usa il parlamento, come copertura. Una roccaforte del malaffare, dove si organizzano oscure trame, complotti, dossier e si smistano pizzini. Il berlusconismo è l’esatta rappresentazione iconografica del peggio di questo paese che ha calamitato al suo interno la parte più marcia dell’imprenditoria italiana, i reietti del sottobosco politico e la creme della peggiore feccia umana in circolazione. Un sottobosco culturale di quart’ordine, maestri di mistificazione e di contraffazione della realtà, che hanno fatto della menzogna una regola relazionale, della licenza un baluardo di libertà e della dignità mercimonio.
    E’ il bugiardo oltranzista che dubita sempre della parola altrui, ed è chi pratica la professione del ladro che periodicamente stila l’inventario dei suoi beni, spinto dal continuo sospetto che qualcuno glieli possa sottrarre. E’ il peccatore che ti assolve dai peccati e sono le persone inaffidabili che non si fidano di nessuno. In fine, è il traditore della patria che, del patriottismo, fa il suo estremo rifugio – quell’introiezione proiettiva che lo porta ad attribuire agli altri, i suoi difetti e responsabilità. C’è da augurarsi che senta il bisogno di farsi curare!

    Gianni Tirelli

  6. ITALIANI BRUTTA GENTE! (eccezzioni a parte)

    Lo spaccato dell’Italia di oggi, a rischio di tenuta sociale, è il risultato della “politica dell’orpello” che, per motivi di ipocrita opportunità, sia astiene da ogni necessaria e dovuta presa di posizione, di indignazione e giusta ribellione. E mi spiego! Quegli italiani, pacificati ancora dal buon senso, non si aspettano dal nostro presidente della Repubblica e dalle alte gerarchie ecclesiastiche (in veste di belle statuine), atti di eroismo, abiure o scomuniche, ma risposte chiare, nette e atteggiamenti consoni e confacenti con i doveri sacrosanti della loro funzione di natura politica, sociale e morale. L’esercizio continuo dei cittadini italiani, volto all’interpretazione delle loro enigmatiche dichiarazioni (in versione di Sibilla Cumana), mortifica ulteriormente la verità, confinandola in una zona grigia della ragione umana di esclusiva pertinenza dell’ignavia.

    Da tutto ciò si evince che il nostro Capo di Stato non ha alcuna consapevolezza della realtà e della gravità dell’attuale drammatica circostanza socio politica e quindi, ne minimizza gli effetti e la portata, adducendone un significato retorico e formale. In verità, l’incoscienza di un tale atteggiamento, mette a serio rischio la tenuta dei principi fondamenti della democrazia, e relativizza ogni parametro di giudizio. In questo modo, viene messa in discussione la sua buona fede e l’autenticità dei suoi valori morali ed etici. Lo stesso vale per la Chiesa.

    I rappresentanti della Sinistra che, per una sorta di buonismo caratteriale e una vocazione connaturata al martirio, subiscono e accusano senza reagire, i violenti e sistematici attacchi alle giuste ragioni della loro indignazione, si rendono in questo modo, indirettamente complici (per mancato intervento), dei comportamenti criminogeni di questa maggioranza e dello stallo che, da oltre 15 anni, ingessa il nostro paese. Pensare che un tale atteggiamento, possa sortire un qualche effetto positivo o chiarificatore, è un’imperdonabile ingenuità che rischia di essere interpretata dai molti cittadini, come un atto di codardia, debolezza e mancanza di contenuti. Una patetica, improduttiva e deplorevole pratica relazionale che, oggi, accomuna tutta l’opposizione. E’ finito il tempo della buona educazione, dei discorsi bilanciati e del “politicamente corretto.” Il messaggio che arriva agli italiani (che già non brillano per acume e senso civico), è quello di una sinistra senza spina dorsale, ricurva e appiattita su anacronistiche ideologie e investita dal privilegio di essere detentrice del primato della cultura e dell’intellighentia e quindi, impermeabile ad ogni tipo di intrusione di diversa natura. Molti italiani, del resto, decidono il loro voto politico, proprio in ragione di quest’ultima considerazione, ritenendosi discriminati e, per un certo verso, offesi. Un tipico complesso di inferiorità indotto.

    Detto questo, giustificare gli italiani che, contro ogni logica e ragionevolezza, hanno sostenuto irresponsabilmente le candidature di Silvio Berlusconi, è l’ultimo dei mie pensieri e tentazioni. Gli stessi, si sono resi complici a tutti gli effetti, del tracollo istituzionale, morale e di valori, di questo paese, svergognato di fronte al mondo, dai comportamenti privati e dagli atti politici di un Presidente del Consiglio indegno, e dalla rozza piaggeria di cortigiani scodinzolanti.

    A un buon capo di Governo, con senso dello stato, sensibile ai problemi della gente e che, da sincero populista (e non di comodo), riconosca la sovranità al popolo, in ogni caso, quando lo appoggia e quando lo contesta, avremmo anche potuto perdonare le debolezze indotte dalla sua incontenibile tempesta ormonale, ritenendola come elemento imprescindibile e corroborante, per la sua statura di uomo, di capo e di politico. Diversamente, come potremmo mai assolverlo per il il suo abominevole conflitto di interessi, il suo potere mediatico, le leggi ad personam, reati prescritti e processi in corso, la mercificazione della dignità altrui, gli attacchi alla magistratura e le frequentazioni di loschi figuri, amici di merende, marchiati dall’infamia per associazione mafiosa, corruzione e collusione con la criminalità organizzata?

    Potremo mai, perdonare Silvio Berlusconi, per la morte dei nostri militari a Nassiriya, vittime di una guerra insensata che, lo stesso, ha sostenuto per motivi di protagonismo, perversa vanità e servilismo, verso presidente americano, Bush? Una gran parte di italiani, non solo lo ha perdonato, ma non ha mai, neppure per un momento, pensato di accusarlo. Questa è la vera vergogna nazionale! Nel frattempo, mentre nel postribolo privato di villa San Martino, si consumano baccanali di quart’ordine, a pagamento, intrisi di volgarità e miseria morale, in parlamento si sta ancora discutendo (dopo tutti questi anni), sull’opportunità di risarcire le famiglie delle vittime della guerra in Irak. Sui vizi dei potenti, possiamo anche lasciare correre ma, sui loro crimini, dobbiamo pretendere giustizia e certezza della pena.

    Affermare, poi, la convinzione che, a Silvio Berlusconi, non esiste un’alternativa politica, è come dichiarare che gli ebrei senza Hitler, sarebbero morti. L’allontanamento di Silvio Berlusconi e cricca, dal parlamento italiano, è gia di per se, una più che convincente alternativa. Un’ameba, un bradipo, un muflone, una merda secca o, lo stesso nulla, lo sostituirebbero egregiamente e con più dignità.

    Io mi vergogno di questo paese e mi vergogno di essere italiano. Mi vergogno di questa classe politica e di che la rappresenta. Provo schifo e ripugnanza per un Primo ministro che ha trasformato la sua residenza privata in un lupanare di periferia. Un personaggio che si muove nel torbido del malaffare e si avvale della criminalità organizzata per espletare i suoi sporchi traffici, riducendo il parlamento ad un grottesco mercato delle vacche, dove si mercifica la dignità altrui e l’onorabilità, a fronte di sudditanza e impunità.

    Durante i contraddittori politici televisivi, non è raro ascoltare l’affermazione, “gli italiani lo hanno capito tutti”, adottato da entrambi gli schieramenti, come intercalare strategico, per dare più forza e credibilità alle loro conclusioni. La realtà, diversamente, sconfessa questa remota possibilità e capacità di comprensione degli italiani che, dati alla mano, detengono, da oltre 15 anni, il primato assoluto dell’ottusità. Un popolo di ignoranti allevati alla corte del “del grande fratello” e intossicati dai volgari, beceri, destabilizzanti e laidi programmi, condotti da quel fenomeno da baraccone al nome di Maria De Filippi. Retoriche eccezioni a parte, la verità è esattamente questa. Appellarsi dunque agli italiani, confidando strumentalmente nella loro supposta capacità di giudizio, di critica e di valutazione obbiettiva degli avvenimenti, è una volgare commedia. Una farsa che non fa più ridere nessuno.

    Tutti questi anni in una tale condizione, sono duri per il nostro paese e, se oggi, il popolo somaro, non riconvertirà la sua natura equina, in quella più umana di cittadino responsabile, dovrà pagare l’alto prezzo della sua codardia.

    “il popolo gode nell’affidare il potere al turpe” Seneca.

    Gianni Tirelli

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