Alla riunione di Torino ho apprezzato particolarmente un intervento che avrei voluto fare io.
Mi riferisco all’intervento di Rossana Becarelli che ha segnalato di fare attenzione nella costruzione di questo nuovo soggetto politico a salvaguardare la biodiversità politica.
In questo concetto ci stanno molte cose, ma sopratutto l’idea di non costruire un ennesimo meccanismo che richieda la rinuncia alle proprie diversità, individuali o di gruppo che siano.
C’è infatti la necessità di costruire convergenze. Le convergenze si costruiscono su ciò che accomuna. Ma più specifichiamo e più facilmente troviamo differenze. Per quanto mi riguarda la necessità deriva dall’obiettivo prioritario di riprendersi la sovranità politica, che non è un obiettivo che si possa pensare di raggiungere da soli. Altri magari hanno altri obiettivi più specifici. A mio parere dobbiamo andare all’essenziale.
C’è il bisogno di attenzione a non costruire ripetendo gli errori del passato. Nell’ansia di costruire qualcosa che si opponga alla deriva non bisogna dimenticare che il fine non giustifica i mezzi, e che anzi il fine è condizionato dai mezzi usati per raggiungerlo.
C’è anche una indicazione sulla forma che potrebbe prendere questo nuovo “soggetto politico”. Una forma che salvaguardi le diversità. Più saremo capaci di costruire una casa buona per molti , più ampia e democratica essa potrà essere.
Io ne ricavo che il processo di definizione di questo nuovo soggetto politico dovrebbe concentrarsi sul metodo. Se invece partiamo dal programma facciamo almeno tre errori.
Il primo è che un programma in realtà seleziona, può dividere, molto più di quanto possa unire.
Il secondo che se ci si concentra sul programma si trascurano le ragioni per cui i programmi (di destra e di sinistra) (buoni o cattivi) poi non sono attuati. Il governo concretamente viene esercitato indipendentemente dai programmi e dalle reali volontà dei cittadini.
Il terzo è che non c’è alcun buon motivo per cui si debba essere esclusi dal decidere in itinere quello che ora non si sa che poi si dovrà decidere.
I programmi devono poter cambiare perché oltre alle condizioni date cambiano anche le persone che li sostengono. E non sono le persone che si devono adeguare ai programmi ma vicerversa.
E’ necessario coordinarsi in modo da contare, superando il deficit di democrazia, così da avere vera rappresentanza politica, cioè che nelle istituzioni venga sul serio espressa la volontà di questi cittadini coordinati. E questo coordinamento (o nuovo soggetto politico) non può essere ottenuto con una improbabile (se non impossibile) fedeltà ai programmi magari anche iperdettagliati.
Il rappresentante deve fedeltà al cittadino che lo elegge, non al programma sul quale egli è stato eletto. Non esiste il vincolo di mandato, ma esiste il vincolo di rappresentanza. Egli rappresenta il popolo (la nazione). Non se stesso. Nè alcun programma. Quindi se i cittadini possono far giungere al rappresentante la loro volontà egli è eticamente e politicamente tenuto ad esprimere quella volontà (del popolo, della nazione) e non la sua.
Il bello è che per fare questo non c’è bisogno di modifiche istituzionali o costituzionali. Basta decidere di praticarlo. Basta decidere che i NOSTRI rappresentanti (dico quelli delle eventuali liste elettorali costruite da questo nuovo soggetto politico) si impegnano a fare questo. E questo è un problema di METODO democratico, non di programma. (vedi il modello della Lista Partecipata)
Se mettiamo l’attenzione sul problema della rappresentanza politica del singolo cittadino, possiamo sul resto anche pensarla in modi diversi, non abbiamo più bisogno di condividere tutta una concezione del mondo per lottare insieme per la democrazia. Così salvaguardiamo la biodiversità politica.
Dobbiamo convergere sul metodo. Il programma non serve. Il programma ci dice semplicemente la volontà dei cittadini al tempo t.
Il programma ha una sua utilità. Ci conosciamo anche attraverso le specifiche scelte. Serve a dire: “Da noi, attualmente, potete aspettarvi cose come queste”. Ma non è la cosa più importante. La cosa più importante è che noi ci battiamo perché siano i cittadini a decidere e non i partiti. Nemmeno il nostro. Il potere politico rappresentativo che conquisteremo con le elezioni può e deve passare sotto il controllo quanto più diretto dei cittadini dal primo secondo della entrata in carica (degli eventuali eletti con le nostre liste).