Obiezioni e Domande frequenti sulla Democrazia Diretta
F.O.Q. (Frequently Obiections & Questions) sulla Democrazia Diretta1
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- 1. Come si fa a portare Internet o i “nuovi media” nelle case di tutti gli italiani e a dare a tutti, ma realmente a tutti, la possibilità di svolgere un ruolo politicamente “interattivo”? C’è chi ha la fortuna di disporre di questi moderni sistemi di comunicazione, ma come riuscire a coinvolgere il contadino della bassa Padania o il pescatore di Mazara del Vallo e, soprattutto, a spiegare loro come implementare sul proprio computer (ammesso che ce l’abbiano) il software necessario per partecipare ad una seduta del Parlamento?
- 2. La possibilità di esprimersi direttamente e di proporre le leggi direttamente è solo teoricamente concepibile. 40milioni di persone (per restare in italia) che esprimono il loro parere vogliono dire 400 mila pareri diversi (pur ammettendo che si aggreghino a 100 a 100, ammesso che sia possibile). Come si fa a votare o anche semplicemente a leggere tutte le centinaia di migliaia di proposte che verrebbero generate?
- 3. Se la gente avesse il potere di decidere da sola non sceglierebbe mai di votare qualcosa che costa sacrifici; lo stesso farebbero i rappresentanti del popolo quando dovessero votare norme impopolari ma necessarie temendo di essere revocati.
- 4. In una democrazia diretta chiunque puo’ decidere come votare le leggi, principio ottimo, ma solo in teoria. Questo fatto e’ correlato con il problema della “competenza”: non tutti sono in grado di capire tutti gli aspetti e le conseguenze di ogni legge, specie se riguardano argomenti molto tecnici, come le leggi sull’energia, o sui trasporti, sull’urbanistica, sulla ricerca scientifica e cosi’ via. E quindi di decidere con un minimo di giudizio competente.
- 5. I vostri ragionamenti e le votre proposte contengono l’errore di fondo di ritenere che la gente sia formata da persone “perfette” , cioè che scelgano sempre la cosa migliore per il sistema in cui sono immersi.
- 6. Se si attuassero le vostre proposte ognuno penserebbe solo ai propri interessi, e dunque le minoranze verrebbero calpestate sistematicamente.
- 7. Il popolo è bue. Le psicosi collettive? L’irrazionalità di massa?
- 8. L’informazione ha un ruolo centrale nel formare le opinioni. Sarebbe troppo facile condizionare le scelte del popolo.
- 9. (Stabilita’ 1) Il sistema rappresentativo è necessario per ragioni di stabilità e di equilibrio.
- 10. (Stabilita’ 2) Sarebbe una pacchia poter rimandare a casa il parlamentare che non ha soddisfatto le nostre aspettative, semplicemente compilando una form o utilizzando un apposito client. Ma non credete che il principio della decisionalità immediata possa generare un sistema altamente instabile?
- 11. (Stabilita’ 3) Molto spesso per giudicare la bontà di una azione di governo occore del tempo. Con la revocabilità c’è il rischio che non si dia il tempo necessario. Inoltre potrebbe teoricamente accadere che un incarico venga assunto un giorno da uno e il giorno dopo da un altro e cosi’ via con conseguenze disastrose.
- 12. Il sistema rappresentativo è necessario per ragioni tecniche e di economia. Come si fa a votare tutti? O meglio, non si può votare tutti, tutti i giorni e su tutto. Ci vuole troppo tempo, troppo dispendio di energie, di denaro.
- 13. Il sistema delle deleghe è necessario. Ad un certo punto ci vuole sempre qualcuno che operi o che faccia operare. E operare è anche decidere. Talvolta anche rapidamente. E non si può operare tutti insieme!
- 14. Il sistema rappresentativo è necessario per ragioni di efficienza. E poi non si può decidere senza sapere. Senza riflettere, discutere, confrontare le alternative, senza sentire e valutare gli interessi generali e particolari. Ci vuole sensibilità, esperienza, professionalità. (Vedi anche la foq sulla competenza)
- 15. Il controllo completo di cio’ che fa il rappresentante è impossibile; se dovessimo controllare ogni sua singola azione, impiegheremmo tutto il nostro tempo per farlo e questo non è possibile.
- 16. Ammesso che per certe decisioni non urgenti si pratichi la democrazia diretta, tuttavia molti non ritengono di avere capacità o non hanno tempo per governare in prima persona.
- 17. Le vostre sono belle proposte ma sono pura utopia.
- 18. Il vostro sistema sembra quasi una forma di “anarchia”. E’ cosi’?
- 19. Ma con la democrazia diretta allora la normale politica, nel senso meno deteriore del termine, a che servirebbe?
- 20. Con la revocabilità si potrebbe sfiduciare il governo in carica, ma con l’opposizione come ci si dovrebbe comportare ?
- 21. La vostra non e` “democrazia” ma e` un delirio di onnipotenza dell’irresponsabilita`. Non è nè etica nè morale.
- 22. La democrazia diretta include la democrazia rappresentativa?
- 23. Voi vorreste fare decidere tutti su tutto, ma fareste decidere a tutti le cure per una vostra malattia?
- 24. Tanti cervelli insieme non sempre lavorano meglio di uno. E puo’ succedere che i molti abbiano torto e i pochi abbiano ragione…
- 25. Ci sono stati casi clamorosi di pirati informatici che hanno superato le protezioni di sistemi anche importanti.Non temete che usando sistemi informatici e reti telematiche si possano alterare i risultati in maniera massiccia? Come si puo’ essere sicuri di evitare le frodi elettorali?
- 26. Anche ammesso di avere un sistema di trasmissione dei dati suffientemente sicuro, qualcuno che scriverà il programma e che faccia la manutenzione del sistema al centro potrebbe alterarlo e manipolare i risultati in maniera invisibile.
- 27. Supponiamo di avere una rete sufficientemente sicura, di definire e manutenere il software in maniera sufficientemente sicura, rimane il problema della possibilità del voto di scambio. Per esempio un candidato potrebbe ritirare direttamente le tessere e andare a votare lui al posto degli elettori.
Come si fa a portare Internet o i “nuovi media” nelle case di tutti gli italiani e a dare a tutti, ma realmente a tutti, la possibilità di svolgere un ruolo politicamente “interattivo”? C’e’ chi ha la fortuna di disporre di questi moderni sistemi di comunicazione, ma come riuscire a coinvolgere il contadino della bassa Padania o il pescatore di Mazara del Vallo e, soprattutto, a spiegare loro come implementare sul proprio computer (ammesso che ce l’abbiano) il software necessario per partecipare ad una seduta del Parlamento?
Non e’ necessario che tutti necessariamente siano coinvolti in prima persona acquisendo personalmente gli strumenti.
E’ sufficiente che se ne abbia la possibilita’. Occorre istituire dei posti pubblici per la partecipazione democratica. Semplificando al massimo le interfacce. Chi non sa imparera’. Si fara’ aiutare, e comunque, male che vada, partecipera’ come ora solo votando e basta.
Non escluderemmo per altro la possibilita’ di mantenere le altre forme di partecipazione piu’ “tradizionali”, le forme “carta e matita”. Oppure di estenderle consentendo, per esempio, il voto per posta.
Infine, ma non meno importante, mentre non escludiamo la possibilita’ di partecipare, in ricezione, alle attivita’ del parlamento e di tutte le istituzioni, o anche di inviare commenti e richieste di chiarimenti ai propri rappresentanti o agli incaricati di governo, escludiamo per ora la possibilita’ di votare tramite internet. Questo sistema è troppo insicuro. Noi pensiamo che per quegli aspetti piu’ delicati sia necessaria una rete dedicata con particolari accorgimenti per garantire la massima sicurezza. Una rete tipo Bancomat, che noi chiamiamo convenzionalmente “Votomat”.
La possibilita’ di esprimersi direttamente e di proporre le leggi direttamente e’ solo teoricamente concepibile. 40milioni di persone (per restare in italia) che esprimono il loro parere vogliono dire 400 mila pareri diversi (pur ammettendo che si aggreghino a 100 a 100, ammesso che sia possibile). Come si fa a votare o anche semplicemente a leggere tutte le centinaia di migliaia di proposte che verrebbero generate?
La risposta sta nell’uso dei filtri cooperativi sul modello dei GroupLens
E’ ovvio che non si possono votare 100.000 proposte all’anno.
Occorre un filtro che faccia arrivare alla messa ai voti quelle proposte che almeno un minimo di consenso lo raccolgono. Anche piu’ di un minimo.
Allora fermo restando che ciascuno, in un futuro democratico diretto, avrà il diritto di fare le proprie proposte, questo non significa che ogni proposta arriverà ad essere messa all’attenzione e quindi ai voti di “tutti” gli italiani. Si tratterebbe di “postare” le proposte in un sistema a piu’ livelli e localizzato territorialmente. Nel primo livello la proposta e’ postata in una “zona locale”, nell’area “Quartiere” per esempio. Tutti gli abitanti del quartiere in genere guarderanno le proposte del loro quartiere se ne trovano qualcuna interessante per tutti, essa raggiunto un certo numero di consensi passera’ in una “zona superiore”, all’area “Comune” per esempio, e cosi’ via fino alla “zona di voto”, l’area Nazione (e Mondo?:-)), raggiunta la quale la proposta continua ad essere discussa pero’ all’attenzione di tutti, e dove passato un certo periodo di tempo, verra’ finalmente votata per essere respinta o accettata.
Cosi’ al primo livello nei 200.000 “quartieri” o “zone” d’Italia ci potrebbero anche essere 10.000.000 di proposte, ma quelle che verrano votate e su cui ci si dovrà’ esprimere saranno le 500/1000 dell’ultimo livello. Di queste individualmente interesseranno direttamente magari solo 30/40 e ciascuno votera’ direttamente su queste o si controllera’ con attenzione che il proprio delegato lo faccia come effettivamente ci si, altrimenti gli si revoca la delega e si votera’ direttamente. Per le altre, sara’ come ora. Ci si disinteressa e ci si fida di lui. Fino a quando ci va, pero’, non obbligatoriamente per cinque anni.
Infine, naturalmente, se si dispone di molto tempo da “perdere”, si puo’ accedere alle aree “Quartiere” di tutta Italia. A dare delle sbirciatine alla ricerca di cose interessanti. Oppure se con altri mezzi si sa che a Petralia Sottana qualcuno ha presentato una proposta per proteggere i pesci rossi che sono la propria passione, si puo’ accedere all’area di Petralia Sottana e dare il proprio consenso affinche la proposta passi al livello superiore.
Così come è possibile che gruppi consistenti di cittadini possano organizzarsi in modo da sostenere in maniera coordinata le loro proposte, concentrando in una “zona locale” la loro attenzione. Con ciò ventiliamo una nuova possibilità di concepire gruppi di interesse e partiti.
Se la gente avesse il potere di decidere da sola non sceglierebbe mai di votare qualcosa che costa sacrifici; lo stesso farebbero i rappresentanti del popolo quando dovessero votare norme impopolari ma necesssarie temendo di essere revocati.
Noi crediamo che se le norme fossero effettivamente necessarie la maggioranza non sarebbe tanto incosciente, soprattutto se le norme fossero costruite con giustizia. Tuttavia potrebbe essere teoricamente possibile che norme effettivamente necessarie non siano votate. In questo caso gli effetti stessi delle decisioni potrebbero essere corretti proprio dalle persone che li subiscono, dopo averli voluti.
Se si decidesse di non pagare piu’ tasse (ma noi non crediamo che si arriverebbe a questo, ci sono anche dei sondaggi in proposito), presto dopo il primo mese senza stipendio dei pubblici impiegati, senza trasporti, senza assistenza sanitaria e via così non pensate che gli stessi che l’avevano deciso cambierebbero opinione?
Anzi, questo aspetto della flessibilità decisionale è proprio interessante, e crediamo che ne risulterebbe una società molto piu’ dinamica e capace di adattarsi rapidamente alle diverse necessità. Saremmo probabilmente una nazione molto più forte e dinamica. Il mondo sarebbe piu forte e dinamico. Senza parlare di più giusto e più libero. E d’altra parte il rischio che norme necessarie non siano votate o che siano votate norme sbagliate, c’è anche con la democrazia rappresentativa, con l’aggravante della difficoltà e viscosità dei cambiamenti e degli aggiustamenti che il sistema rappresentativo comporta.
In una democrazia diretta chiunque puo’ decidere come votare le leggi, principio ottimo, ma solo in teoria. Questo fatto è correlato con il problema della “competenza”: non tutti sono in grado di capire tutti gli aspetti e le conseguenze di ogni legge, specie se riguardano argomenti molto tecnici, come le leggi sull’energia, o sui trasporti, sull’urbanistica, sulla ricerca scientifica e così via. E quindi di decidere con un minimo di giudizio competente.
Il problema della competenza tecnica va separato dalla competenza politica.
Nessuno è competente su tutto, e tutti siamo completamente incompetenti su qualcosa. Non è in base alla competenza che si acquisisce il diritto di decidere. Esempio: posso non sapere nulla di medicina, ma decido io se farmi operare o no. Al “competente” spetta il compito di informarmi, convincermi, non di decidere.
Gli ateniesi chiamavano questa “politiké techne”, l’arte del giudizio politico, la competenza politica, e pur non tollerando gli stolti che prendevano la parola, perchè non avevano, diremmo noi, informazioni utili, competenza tecnica, ad essi si riconosceva comunque il diritto di contribuire a decidere in egual misura quello che in egual misura avrebbero dovuto sopportare.
C’è un ulteriore inghippo a considerare la competenza tecnica come un criterio di diritto alla partecipazione. Come si dovrebbe fare a valutarla?
Nell”800 qualcuno proponeva il criterio censitario. I più ricchi devono essere necessariamente anche più intelligenti e quindi…Oppure per la stessa ragione chi possedeva delle terre. “Stranamente” non era evidente ai loro occhi che si escludevano scienziati, scrittori, studenti… che certo non erano stupidi. Poi si introdusse, per qualche periodo, un “piccolo test”, il “literacy act”. Ma allora finì per servire in realta’ ad escludere i neri (quasi tutti analfabeti) e gli immigrati. Ma, purtroppo per i proponenti, l’essere analfabeta non implica l’essere stupidi (e neanche l’essere poveri lo implica) così per evitare una seconda rivoluzione, causata dalla intelligenza politica degli esclusi, il criterio fu abolito.
NON ci sono criteri oggettivi per valutare la competenza politica, se vogliamo essere democratici dobbiamo ammettere che tutti la possiedono.
In subordine si può dire invece che ognuno ha una sua competenza specifica ed una capacità generica di comprendere le specificità altrui. C’è chi non sa niente di falegnameria e di artigianato, qualcun altro sa tutto di falegnameria e niente di agricoltura ecc. E nel grande numero (il popolo) gli incompetenti totali sono pochi e poco influenti. Il piccolo gruppo (parlamento), invece, corre rischi maggiori. Se si azzeccano le persone giuste si puo’ determinare un buon gruppo, ma se si sbaglia allora bisogna subire, e a lungo, gli incopetenti.
Sorvoliamo poi, su come vengono scelti questi “campioni della campetenza”, e su come il criterio “reale” di scelta nella democrazia rappresentativa sia inevitabilmente tutto tranne che la competenza.
Infine invitiamo a riflettere sul fatto che non ci sono criteri “oggettivi” nemmeno per valutare la competenza tecnica.
Ci si può però mettere d’accordo su qualche criterio. Ma allora stiamo dicendo che prima dobbiamo metterci d’accordo (cioè che dobbiamo gia’ avere la politiké techne), cioè che abbiamo l’intelligenza sufficiente almeno per decidere il criterio.
E se non fosse così? Putroppo non c’è alternativa. Fa paura questa prospettiva? Allora si lasci da parte la democrazia e si cerchi un padre genio cui affidarsi. Ma attenzione, i “padri” che finora abbiamo conosciuto spesso, alla fine, facevano i carnefici.
I vostri ragionamenti e le votre proposte contengono l’errore di fondo di ritenere che la gente sia formata da persone “perfette”, cioè che scelgano sempre la cosa migliore per il sistema in cui sono immersi.
Al contrario, noi partiamo dalla presunzione che le persone NON siano perfette e che anzi siano spesso soggette ad errori e tentazioni. Per questo vogliamo la revocabilità del mandato, e per questo non vogliamo che a decidere siano poche persone, ma molti o sotto il controllo di molti.
Anche un eventuale errore collettivo con la flessibilità della democrazia diretta puo’ rapidamente essere corretto, mentre un errore equivalente oggi, con la democrazia rappresenativa, si rischia di pagarlo molto piu’ caro, perché sovente si è obbligati ad attendere anni prima di provare a rimediare.
Se si attuassero le vostre proposte ognuno penserebbe solo ai propri interessi,e dunque le minoranze verrebbero calpestate sistematicamente.
Da questo punto di vista probabilmente varrebbero gli stessi meccanismi attuali. In altre parole anche adesso se si pretendesse (e talvolta e cosi’) di calpestare le minoranze queste sono tranquillamente calpestate e dimenticate.
Noi pero’ abbiamo fiducia nella gente, e sappiamo che è piu’ facile trovare sensibilità per gli sfortunati tra il popolo che tra i deputati. Nella peggiore delle ipotesi non sarebbe peggio di quello che già ora è. Qui si misurerà come già oggi si misura la capacità di solidarietà. Noi oggi siamo disposti a lottare per i diritti delle minoranze, perché domani no? E voi?
Il popolo è bue. Le psicosi collettive? L’irrazionalità di massa?
Da quando abbiamo cominciato a ragionare e discutere di democrazia diretta abbiamo spesso sentito dire, da rappresentanti di tutti i colori politici (fascisti, radicali, democristiani, comunisti e terroristi), che pero’ si autodefinivano democratici, cose che alla fine equivalevano, più o meno elegantemente, al concetto: il popolo è bue; è troppo facile condizionare le scelte del popolo, il popolo è soggetto ad emotività, è pericoloso affidare a lui ogni tipo di scelta.
La folla, la massa, è forse pericolosa; il popolo no. Ma il popolo quando non ha responsabilità diventa folla, massa.Togliete responsabilità e otterrete irresponsabilità.
Noi crediamo che se ci fosse stato un diffuso sistema di democrazia diretta ci sarebbero state molte meno guerre di quelle che abbiamo visto e che vedremo. E, per quelle poche, per lo meno avremmo potuto dire: beh, ce la siamo voluta!
L’essere ‘rappresentati’ da altri, di fatto deresponsabilizza. E questo stimola gli aspetti emotivi che sono stati utilizzati o fomentati proprio dagli uomini di potere per i loro fini. Se non si dà alla gente il diritto concreto di scegliere se sparare o no, molto più facilmente dirà: spariamo, anzi, sparate. Poi, qualcuno pronto a sostenere la cosiddetta volontà popolare, soprattutto se fa comodo, lo si trova sempre. Però, mai sentito uno di questi democratici dire: il popolo lo vuole! quando questo significa: me ne devo andare! (Vedi anche la prossima foq)
L’informazione ha un ruolo centrale nel formare le opinioni. Sarebbe troppo facile condizionare le scelte del popolo.
Ma noi diciamo: perché, adesso, forse, non accade proprio così?
Per di più i condizionatori possono concentrare gli sforzi tutti insieme una volta ogni cinque anni,per le elezioni politiche.
Ricordiamoci Brecht:.si può prendere in giro un uomo per tutta la vita, anche tutti gli uomini una volta (e aggiungeremmo anche molti uomini diverse volte), ma non si puo’prendere in giro tutti tutte le volte.
In un sistema a democrazia diretta sarebbe molto meno facile pilotare quotidianamente le scelte degli aventi diritto di voto/delega. E se qualcuno tentasse di fare perennemente questo, perderebbe ben presto della credibilità necessaria ad essere efficace.
Pero’ è comunque vero che la gestione dell’informazione è una tematica FONDAMENTALE.
Anche se sappiamo che non potrà mai esistere una condizione che garantisca veramente tutti, crediamo che occorrerà vigilare e lottare affinché siano mantenuti piu’ ampi possibili gli spazi di libertà dell’informazione. Una buona legge sull’informazione, che preveda stringenti regole antitrust e facilitazioni per la gestione pluralistica e/o collettiva, dovrebbe essere una delle leggi prioritarie da chiedere ai nostri rappresentanti eletti con qualsivoglia sistema.
Per questo occorre che tutti insieme lottiamo e possiamo incidere, e direttamente, sull’organizzazione di un sistema informativo che fornisca il massimo di garanzie.
Ma la migliore garanzia è data dal pluralismo dell’informazione e, ancor più, dalla accessibilità alle fonti. Per questo noi sollecitiamo ed appoggiamo tutte le iniziative tese a consentire questo, e siamo contro il costume della secretazione degli atti pubblici non giudiziari.
Vorremo aggiungere pero’ che talvolta si tende a sopravvalutare l’influsso dei media.
C’è un livello di comunicazione affettiva, fondamentale anche nella formazione dell’opinione, che non è mediabile dalla tv o dai giornali, che ha bisogno di calore, vicinanza, contatto, interattività, rapporto uno-a-uno.Questo livello di comunicazione affettiva condiziona in maniera profonda ciò che noi siamo.
E infine nulla puo’ sostituire l’esperienza diretta, la realtà sensibile attorno a noi che, grazie a Dio, non è ancora sparita.
Il sistema rappresentativo è necessario per ragioni di stabilità e di equilibrio.
Stabilità spesso non significa affatto equilibrio. I sistemi autoritari sono molto stabili e pochissimo equilibrati. E comunque spesso nella storia d’Italia democratica rappresentativa, non c’è stata nè l’una nè l’altra.
Comunque crediamo che un sistema democratico diretto a delega revocabile, una volta in routine non sarebbe meno stabile di quello rappresentativo. Anzi. Anche per un fattore statistico, associato ai grandi numeri, i fattori idiosincrasici, le “paturnie” individuali, diventano irrilevanti se si considera la varietà della intera popolazione.e probabilmente il sistema sarebbe molto piu’ stabile.
Ma qui ci sarebbe da fare, inoltre, un’ altra e piu’ stringente considerazione. A cosa serve la stabilità?
La stabilità è un valore nella misura in cui occorre prendere decisioni e non si puo’ stare a lungo in fase di stallo e di vuoto di potere. Questo è vero. Ma con la democrazia diretta questo non avverrebbe piu’.
Infatti se si potesse decidere direttamente non ci sarebbe piu’ il problema di non riuscire a prendere decisioni per conflitti tra gli uomini del potere, perché una decisione verrebbe sempre comunque presa attraverso l’espressione del voto dei singoli componenti del popolo, sorpassando le problematiche e le difficoltà originate dalle lotte politiche per garantirsi il consenso.
Il punto è che , inoltre, tale decisione, sarebbe espressione vera della volontà del popolo sovrano.
Anche la sola revocabilità è un meccanismo che si mostra più efficiente quando occorre cambiare le persone al governo senza necessariamente cambiare la maggioranza. Mentre oggi, ogni volta che cade un governo, anche se non si va alle elezioni, bisogna attendere una più o meno lunga fase di esplorazioni e tentativi, di durata anche di numerose settimane, con la revocabilità, i sostituti sarebbero subito disponibili.
In ogni caso, per dissolvere la preoccupazione e l’incertezza che la radicale novità del sistema decisionale diretto, emotivamente genera, noi proponiamo di instaurare il sistema decisionale diretto a cominciare con esperimenti limitati e progressivi: dalle istituzioni periferiche fino al centro. Prima si potrebbe attuare in via sperimentale nei comuni o addirittura ancora piu’ soft in ‘alcuni’ comuni, poi via via fino alla nazione … e oltre. (Vedi la foq sul tempo necessario per giudicare l’azione di governo, e anche la prossima foq sulla instabilità dovuta alla eccessiva facilità della revoca)
Sarebbe una pacchia poter rimandare a casa il parlamentare che non ha soddisfatto le nostre aspettative, semplicemente compilando una form o utilizzando un apposito client. Ma non credete che il principio della decisionalita’ immediata possa generare un sistema altamente instabile?
Questo timore deriva da una confusione tra due forme di delega e, di conseguenza, di effeti della revoca.
Va fatta una distinzione tra delega, e revoca della stessa, al tuo *rappresentante* (delega di rappresentanza), e delega e revoca della stessa ad un *incaricato* di gestire le iniziative o attivita’ di interesse generale(delega di governo.
I due aspetti si riferiscono alle due forme di potere: legislativo (che spetta attualmente al parlamento e noi diciamo al popolo) ed esecutivo (che attualmente spetta al governo scelto dal parlamento e noi diciamo scelto dal popolo).
Con la delega di rappresentanza chi non vuole, o non ha tempo per partecipare direttamente, delega le sue risorse democratiche (diritto di voto, frazione di tempo per parlare, di spazio per egistrare le proposte ed interventi…) ad un suo rappresentante.
Il rappresentante quindi parteciperebbe in sua vece e conterebbe, nel votare le leggi, e nella scelta degli incaricati di governo, tanti voti quante deleghe di rappresentanza possiede. Evidentemente se si ritirasse la delega al proprio rappresentante, esso immediatamente semplicemente conterebbe un voto in meno.
Con la delega di incarico (o di governo) si sceglie tra vari candidati quello che si ritiene piu’ adatto a a svolgere funzioni che, per loro natura o per scelta, devono essere svolte da una o poche persone: Presidente, Ministri, Portavoce o responsabili di qualsiasi attivita’ che non possa essere gestita da tutti contemporaneamente.
Questa delega di “governo” puo’ anch’essa essere data direttamente dal singolo con un voto, o dal rappresentante che conterà per tanti voti quante deleghe di rappresentanza gli sono state date dai singoli cittadini. Anche la delega di governo (o incarico) può essere revocabile in ogni momento, ma l’incaricato decadrebbe solo, se i tutti i voti ottenuti scendessero sotto il quorum elettivo, e contemporaneamente un altro candidato superasse il quorum. In questo caso quindi non c’e’ un legame immediato tra revoca della delega e revoca dell’incaricato.
(Vedi anche la prossima foq, sui meccanismi per proteggere la stbilità di ncarichi delicati)
Molto spesso per giudicare la bontà di una azione di governo occore del tempo. Con la revocabilità c’è il rischio che non si dia il tempo necessario. Inoltre potrebbe teoricamente accadere che un incarico venga assunto un giorno da uno e il giorno dopo da un altro e cosi’ via con conseguenze disastrose.
Queste sono giuste osservazioni. E’ vero, talvolta l’incarico necessita di una certa stabilità per essere efficiente e l’eccessiva rapidità di cambiamenti dell’incaricato puo’essere perniciosa all’attività ed alla vita dell’organizzazione stessa.
Per questo, e solo in quei casi assolutamente necessari, abbiamo previsto la possibilità di stabilire dei mandati piu’ stabili e meno suscettibili di continui cambiamenti, mantenedo pero’ salva la possibilità di revoca del proprio voto-delega individuale. Il meccanismo è definito ‘soglia di stabilità.
Occorre avere ben chiaro che la revoca del proprio voto non implica un immediata revoca dell’incarico. Occorre infatti che l’insieme dei consensi di un incaricato scenda sotto il quorum o che un altro candidato ne raccolga in numero maggiore, perché l’incarico sia revocato e assunto dal nuovo candidato.
Cioè, normalmente quando un membro del ‘popolo’ (per esempio un associato della DD) revoca il suo voto ad un incaricato si ricalcola la percentuale di consensi e solo se essa è inferiore a quella di un altro candidato, quest’ultimo assume l’incarico al posto del precedente che viene revocato.
Se invece la stabilità dell’incarico è stata ritenuta importante ed è quindi del tipo a soglia di stabilità, non basta che la percentuale di consensi scenda sotto il quorum, ma occorre che scenda di un’ulteriore quantità (la soglia di stabilità) che noi abbiamo definita pari al 10% del quorum. Naturalmente la soglia viene stabilita prima dell’assegnazione e delle votazioni.
Cosi’ ciascuno puo’ ancora revocare il proprio voto, ma gli effetti sono un po’ meno sensibili.
Dal punto di vista teorico la situazione della democrazia rappresentativa potrebbe essere paragonata ad una di democrazia diretta con soglia di stabilità pari al quorum stesso.
Il sistema rappresentativo è necessario per ragioni tecniche e di economia. Come si fa a votare tutti? O meglio, non si può votare tutti, tutti i giorni e su tutto. Ci vuole troppo tempo, troppo dispendio di energie, di denaro.
In realtà le ragioni tecniche sarebbero ampiamente superabili. Forse nel giro di pochi mesi. E, crediamo, con un costo di avvio che potrebbe essere molto basso, paragonabile a quello mediamente necessario in un anno in Italia per le attività elettorali normali.
Già esistono reti telematiche che coprono l’intera superficie nazionale e di buona parte del mondo. Basti pensare alle reti Bancomat. O alle reti telematiche per il gioco del Totocalcio o del Lotto. Non è affatto azzardato ipotizzare la costituzione ad hoc di una rete ‘Votomat’ (noi la chiamiamo ‘confidenzialmente’ cosi’) in poco tempo e a basso costo, anzi probabilmente si realizzerebbero dei risparmi importanti. Non è un problema tecnico. Nè economico.
Inoltre non pensiamo che tutti, tutti i giorni, debbano votare.
La democrazia diretta non esclude la possibilità di delegare altri che lo facciano per noi, ma la possibilità della revoca permessa da un sistema telematico, consentirebbe il pieno controllo della delega e manterebbe salva la possibilità di intervenire direttamente per gli aspetti che si ritengano di particolare o personale interesse.
Il sistema delle deleghe è necessario. Ad un certo punto ci vuole qualcuno che operi o che faccia operare. E operare è anche decidere. Talvolta anche rapidamente. E non si può operare tutti insieme!
Giusto. Infatti c’è il governo, la direzione, l’aspetto esecutivo. Esecutivo. Deve fare. Non deve decidere ‘cosa’ deve fare, ma agire perché sia fatto. Il ‘che cosa’ si può, si deve, benissimo deciderlo altrove.
La necessità che talvolta esiste di decisioni rapide non puo’ diventare il pretesto per l’espropriazione della capacità decisionale anche sulle cose che non sono affatto urgenti! E se talvolta è necessario che il governo decida in fretta questo non significa che il suo potere debba sfuggire al controllo degli elettori. Si deve poter controllare, anche a posteriori, che il Governo faccia proprio ciò che doveva fare. Altrimenti, via.
Noi non escludiamo affatto la necessità della delega, ma perché attualmente possiamo decidere su chi deve governare rappresentandoci, e non possiamo invece cambiarlo se non fa quello per cui lo si è delegato?
E perché questa delega deve essere data obbligatoriamente anche per quegli aspetti che non hanno affatto carattere di urgenza?
E inoltre, ammesso che una delega ad un governo sia necessaria, perché, oggi, dobbiamo dare la delega ad altri affinchè scelgano chi deve governare? Una delega a delegare.
E perché questa delega una volta data deve essere mantenuta, che ci piaccia o no, per quattro o cinque anni o qualsivoglia tempo determinato senza possibilità di revoca?
Questo sistema democratico rappresentativo indiretto è veramente il massimo di democrazia e di efficienza che possiamo ‘tecnicamente’ realizzare? Crediamo che si possa fare di meglio. (Vedi anche la foq sulla competenza)
Il sistema rappresentativo è necessario per ragioni di efficienza. E poi non si può decidere senza sapere. Senza riflettere, discutere, confrontare le alternative, senza sentire e valutare gli interessi generali e particolari. Ci vuole sensibilità, esperienza, professionalità.
Democrazia diretta non significa eliminazione della forma stato.
Nessuno nega la necessità di ruoli, con abilità più o meno specifiche, per governare, ma questo non significa che non si possa decidere direttamente sia la delega sia la revoca della stessa.
Noi attualmente esauriamo solo nelle elezioni il nostro potere di delega. E per tutti i prossimi cinque anni. E senza poter dire a questo signor ‘chi’, se non mi piace più o se ‘sbaglia’ clamorosamente: “Se ne vada via!”
Non sembra un granché come livello di efficienza ancor prima che come livello di democrazia. Non sembra un sistema capace di autocorreggersi facilmente e quindi, proprio per questo, non sembra in grado di garantire un qualsiasi livello di efficienza. Compri a scatola chiusa. E se c’è il mattone? Te lo tieni sullo stomaco senza per giunta potertelo levare e, anzi, bisogna sperare che non ne arrivino altri.
Efficiente? Si. Per chi vuole fare i propri interessi. Gli esempi di questi ultimi anni, in particolare, dovrebbero aprirci gli occhi, su che cosa nella pratica reale, siano questi supposti livelli di efficienza. Insomma il fatto che per certi compiti non possiamo fare a meno di portavoce e rappresentanti non significa che cio’ implichi la rinuncia all’idea di ampliare lo spazio di controllo degli stessi, mantenendo il controllo sulla nostra delega; e non significa che si debba rinunciare, a tutti i livelli, alla possibilità di decidere direttamente sulle questioni che non hanno una stringente necessità di decisioni rapide.
Infine riguardo alla professionalità vorremmo aggiungere che l’attuale sistema di selezione del personale politico è quanto meno dubbio. Gli attuali meccanismi con i quali si formano le liste dei candidati sono a dir poco perversi e non c’entrano quasi mai con la competenza, la cultura, la professionalità. E sono al di fuori del controllo degli elettori se non in seconda battuta. Con le elezioni noi possiamo sì scegliere, ma tra una rosa di candidati stabilita altrove, da pochissime persone, e seguendo criteri elettoralistici e di spartizione dei posti, altro che cultura e professionalità.
Il sistema maggioritario uninominale, da questo punto di vista ha peggiorato le cose.
Il controllo completo di cio’ che fa il rappresentante è impossibile; se dovessimo controllare ogni sua singola azione, impiegheremmo tutto il nostro tempo per farlo e questo non è possibile.
Noi non parliamo affatto di completo controllo totale. Per fortuna questa idea è impossibile nella pratica, oltre che logicamente autocontraddittoria.
Non diciamo affatto che ciascuno debba seguire il proprio rappresentante in tutte le sue azioni della vita quotidiana, e neanche in tutte le azioni della sua vita politica.
D’altra parte sarebbe sufficiente un controllo saltuario di una parte dei suoi elettori per ottenere nella sostanza un controllo continuo. Tuttavia non parliamo neanche di questo controllo, per quanto questo sia possibile.
Quando parliamo di controllo del rappresentante intendiamo la possibilità di revocare il proprio voto in base agli stessi criteri con i quali lo si è dato: la propria singola opinione personale.
Come poi ciascuno si formi questa opinione è un fatto soggettivo, individuale. Qualcuno starà attento agli aspetti ideologici, qualcun altro a quelli di competenza gestionale, altri agli aspetti morali ecc.; qualcuno starà tutti i giorni a vedere cosa fa il proprio rappresentante, qualcun altro si interesserà solo quando sono in gioco le cose che ritiene piu’ importanti, qualcun altro non presterà alcuna attenzione.
Cio’ che importa è che per tutti sia possibile mantenere il controllo sulla propria delega, sulla propria fettina di potere, piu’ che sul rappresentante in senso stretto.
Ammesso che per certe decisioni non urgenti si pratichi la democrazia diretta, tuttavia molti non ritengono di avere capacità o non hanno tempo per governare in prima persona.
Chi ritenesse di non avere il tempo o le capacità puo’ delegare (sempre nella forma revocabile in ogni momento) i propri poteri di partecipazione ad un personale rappresentante. Partecipare è un diritto, non un obbligo.
Ma perché non consentire ad altri, che pensano di avere sufficiente tempo o capacità, di farlo? E perché non deve essere possibile partecipare direttamente (revocando la delega al proprio rappresentante magari temporaneamente) quando si tratta di argomenti particolarmente vicini ai propri interessi o alle proprie competenze?
Insomma che sia chiaro:
Nessuno è obbligato a: a- proporre leggi o iniziative.
Nessuno è obbligato a: b- votare.
Nessuno è obbligato a: c- delegare se non lo vuole.
Nessuno è obbligato a: d- cambiare la propria delega se non lo vuole.
Nessuno è obbligato a: e- controllare il proprio rappresentante.
Tutti devono avere il diritto di: a, b, c, d ed e.
Questo sia in un sistema con revocabilità del mandato elettorale, e sia in un sistema a democrazia diretta.
Le vostre sono belle proposte ma sono pura utopia.
Le nostre proposte ERANO un’utopia. Se ci fosse la volontà politica della maggioranza oggi potrebbe essere tecnicamente possibile!
PRIMA dell’informatica e della telematica non era possibile. OGGI è possibile.
PRIMA non era possibile pensare di riunirsi in piazza tutti, tutte le volte, per decidere. Oggi c’è una piazza virtuale dove è possibile farlo.
Molte cose sono state un utopia per lungo tempo prima di diventare realtà. La stampa e i libri erano un utopia, la scuola pubblica per tutti era un utopia, volare, comunicare con qualcuno a migliaia di chilometri, viaggiare a cento chilometri l’ora ecc. ecc. ecc. erano utopie.
C’è stato un tempo in cui era utopia la semplice democrazia rappresentativa, e poi è stata un utopia il voto alle donne o il suffragio universale. Oggi invece ci sembra naturale, la democrazia rappresentativa.
Ancora non ce ne rendiamo conto, ma le difficoltà tecniche che rendevano impraticabile la democrazia diretta, oggi, a rigore, non esistono piu’. Restano le resistenze politiche e psicologiche. Sì, forse non sarà un cammino semplice, nè breve, ma fino ad allora staremo a strapparci le vesti per questa o quella ingiustizia o prevaricazione dei potenti di turno.
Ma non è piu’ un utopia.
Il vostro sistema sembra quasi una forma di “anarchia”. E’ cosi’?
Noi non sappiamo cosa sia l’anarchia. Forse quello che diciamo si puo’ anche considerare anarchico. Forse no. Non ci interessa piu’ di tanto l’etichetta che gli si puo’ associare. Se vi piace, consideratela tale.
Ma sia chiaro, è un’etichetta che vale tanto quanto quelle di socialismo, comunismo, o fascismo. La storia ci insegna che, spesso, dietro uguali etichette troviamo pratiche profondamente diverse.
Abbiamo ascoltato tante semplificazioni e svalutazioni del nostro discorso. Ci hanno detto che era un idea che portava all’estremo il liberalismo individualista, che siamo contro lo stato, alcuni comunisti ci hanno detto che eravamo ‘iperborghesi’, alcuni altri, fascisti, ci hanno detto che eravamo contro l’ordine e cosi’ via. Di tutto e il contrario di tutto. Tant’è.
Allora… lasciamo un po’ da parte le etichette e discutiamo sulle cose, sulle proposte concrete, specifiche. Su queste possiamo convergere o anche divergere. Sulle etichette o sulle ideologie globalizzanti ci si schiera di solito già in anticipo e il risultato non è mai troppo positivo.
Ma con la democrazia diretta allora la normale politica, nel senso meno deteriore del termine, a che servirebbe?
Se con politica si intende la teoria e la pratica che ha per oggetto la costituzione, l’organizzazione e l’amministrazione della cosa pubblica allora la democrazia diretta è solo un altro modo (noi diciamo migliore dell’attuale) di fare politica.
Se invece si intende l’attività di discussione di dibattito e confronto noi crediamo che il fatto di poter ‘decidere su tutto’ non implica certo che non si debba, o non si possa più, ‘discutere su tutto’.
Anzi, probabilmente si discuterebbe molto di più. Perché finalmente non si avrebbe piu’ soltanto il diritto di discutere e basta. Piuttosto la frustrazione di dover poi comunque delegare agli ‘eletti’ la decisione (che teoricamente può anche essere molto diversa da quella degli elettori, e spesso lo è) ha spinto, invece, molti a non praticare più la politica.
Con la revocabilità si potrebbe sfiduciare il governo in carica, ma con l’opposizione come ci si dovrebbe comportare ?
No. I cittadini col suffragio revocabile non sfiducierebbero il governo, ma il singolo deputato che col suo suffragio revocabile ha contribuito ad esprimere. Se altri cittadini lo sfiduciassero, in quantità sufficiente, egli solo decadrebbe e un altro, con più suffragi, lo sostituirebbe.
E questo vale anche per i deputati dell’opposizione.
Il gruppo al governo e quello al’opposizione quindi sarebbero piu’ forti o piu’ deboli in funzione della quantità di seggi in delega in quel momento; se il gruppo al governo diventa piu’ debole dell’opposizione, allora l’opposizione costituisce un nuovo governo; se invece i deputati entranti appartengono allo stesso gruppo di quelli revocati, tutto si riduce ad una semplice sostituzione di persona.
Tra l’altro questo è un meccanismo più efficiente quando occorre cambiare le persone al governo senza necessariamente cambiare la maggioranza. Mentre oggi, ogni volta che cade un governo, anche se non si va alle elezioni, bisogna attendere una più o meno lunga fase di esplorazioni e tentativi, di durata anche di numerose settimane, con la revocabilità, i sostituti sarebbero subito disponibili.
La vostra non è “democrazia” ma è un delirio di onnipotenza dell’irresponsabilità. Non è nè etica nè morale.
Effettivamente possiamo convenire sulla questione del delirio. Cioè anche noi pensiamo che la democrazia diretta nella sua più completa accezione sia un delirio.
Ma non ‘dell’irresponsabilità’, ma un delirio della speranza. Un delirio della equità. Un delirio della fiducia. Infine, è proprio il contrario dell’irresponsabilità: è invece un delirio dell”assunzione della responsabilità’.
Per esempio. Quanti uomini hanno deciso di buttare la bomba su Hiroshima e altre ancora sul Giappone e altrove?
Un certo gruppo di uomini anzi, uno solo, dal punto di vista della normativa americana vigente in quel tempo di guerra, ELETTO dalla maggioranza degli americani.
Molti di quegli stessi uomini elettori, non sapevano neanche che esistesse, la bomba atomica. Ed eccoli quindi totalmente privi di responsabilità. Pronti magari dopo averne sentito parlare a criticare aspramente e forse anche a combattere questa decisione, presa a loro nome. Oppure a fare lo struzzo e sentirsi la coscienza a posto perché ‘non l’ho voluto io’. Ognuno poi con la sua ricetta per consenstirsi di assolversi dalle incredibili azioni svolte da chi CI governa (che impotenza, che irresponsabilità, in questo ‘CI’) verso altri popoli o singoli.
Se vogliamo azioni responsabili dobbiamo dare responsabilità. Certo c’è un certo rischio. Ma l’alternativa di delegarla (la responsabilità) non è una soluzione.
Noi arriviamo persino a dire che, anche ammesso di essere stati correttamente informati, i cittadini potrebbero comunque decidere di buttare la bomba o di fare una guerra.
Orribile. Ma con assunzione piena di responsabilità, vivaddio!
E poi, perché no?, non essendo solo vittime passive delle decisioni prese da pochi, spesso solo per difendere potenti interessi economici di pochi, potrebbe anche andare diversamente.
E infine perché mai non sarebbe etico e morale (!) che ciascuno possa decidere per la sua parte su qualsiasi cosa! Mentre sarebbe piu’ etico delegare la nostra responsabilità ad altri! Sarebbe piu morale delegare ad altri di decidere se introdurre la pena di morte o no?! Sarebbe piu morale delegare ad altri di decidere se aiutare il terzo mondo o no?!!! Sarebbe piu’ morale delegare ad altri di decidere se l’aborto e possibile o no??!!!
La democrazia diretta include la democrazia rappresentativa?
Si’, esattamente. Con la democrazia diretta naturalmente continuerebbero ad esserci funzioni delegate con il voto, il quale può però essere revocato. Ma, teoricamente, è possibile ipotizzare che nessuno voglia utilizzare questo diritto di revoca, nè il diritto a partecipare direttamente, e allora, di fatto, avremmo praticamente la stessa situazione che si ha col mandato a termine della democrazia rappresentativa.
Voi vorreste fare decidere tutti su tutto, ma fareste decidere a tutti le cure per una vostra malattia?
No! Qui c’è un po’ di confusione. Le leggi valgono per gli spazi collettivi non per quelli individuali!Stiamo parlando di res publica, non dei nostri brufoli, che ci possiamo spremere quando ne abbiamo voglia senza che questo limiti la libertà di altri.
La necessità delle regole di governo deriva dall’esigenza di modulare i conflitti che sorgono nelle parti comuni di noi, là dove le nostre rispettive libertà interferiscono. La democrazia si applica alle cose di tutti non su quelle strettamente personali.
E’ vero che gli spazi dell’inviolabilità personale mutano anche con le decisioni normative, con le leggi. Ma questo è appunto oggetto di specifiche leggi e avviene, e non puo’ che essere cosi’, anche con la democrazia rappresentativa attuale, e con qualsiasi altra forma di governo.
Tanti cervelli insieme non sempre lavorano meglio di uno. E può succedere che i molti abbiano torto e i pochi abbiano ragione…
Forse molti cervelli talvolta possono ragionare meno di uno, ma molto piu’ spesso invece ragionano meglio.
E, a ben vedere, questa preoccupazione dovrebbe essre valida anche con la democrazia rappresentativa, cioè…questi stessi cervelli, poi, sono in grado di ragionare invece quando votano una volta ogni cinque anni? Il rischio di sbagliare ed i prezzi da pagare non sono più alti? E, inoltre, di chi sarebbe invece il cervello che ragiona? Chi lo stabilisce? Sempre ugualmente la maggioranza degli stessi cervelli!
Le ragioni di questa obiezione stanno in una qualche componente conservativa e difensiva che impedisce di riflettere con una serenità e obiettività sufficiente a superare lo sgomento (lo riconosciamo) dell’assunzione diretta di responsabilità e potere che ne deriverebbe.
E dalla difficoltà che ognuno di noi, nei fatti, incontra nell’accettare fino in fondo la regola della democrazia portata alle sue naturali conseguenze ultime. Lo stesso sgomento che prendeva molti uomini quando discutevano di dare il voto alle donne nei primi del ‘900. Ma che ne sanno loro, … sono esseri irrazionali…restino a fare la calza…, sarà la fine della società umana ecc….
La democrazia è un rischio. Il rischio che accettando le sue regole ci si trovi dalla parte di chi perde. Ma o lo si accetta o non si è democratici. Questo vi sembra estremista? Bene, anzi male, allora la democrazia, e ancor più la nostra associazione non fanno per voi.
Ci sono stati casi clamorosi di pirati informatici che hanno superato le protezioni di sistemi anche importanti. Non temete che usando sistemi informatici e reti telematiche si possano alterare i risultati in maniera massiccia? Come si può essere sicuri di evitare le frodi elettorali?
L’argomento della sicurezza è un altro di quelli molto importanti e seri e occorre essere molto chiari.
1)Per prima cosa bisogna dire che i sistemi assolutamente sicuri NON esistono. Si può, forse, parlare di sistemi più sicuri di un altro, del più sicuro in questo momento, ma la sicurezza garantita, come concetto in sè, prima ancora che come strumento particolare, non esiste.
Del resto con le schede, referendarie o elettorali che siano, ne abbiamo viste delle belle! E non crediamo affatto che un sistema telematico sarebbe MENO ‘sicuro’ delle schede tradizionali.
2)I pirati hanno violato sistemi telematici che si basavano su reti pubbliche (internet o sistemi su commutata), e da quando le reti, per esempio, quelle militari, sono supportate da reti dedicate i livelli di sicurezza sono diventati altissimi, e non abbiamo notizie di accessi non autorizzati ‘esterni’.
3) Negli ultimi anni si sono diffusi dei sistemi di crittazione dell’informazione che rendono ancora più difficile alterarne i contenuti, senza rilevare l’alterazione.
Il software PGP (Pretty Good Privay) per esempio è un sistema di crittazione di pubblico dominio con un livello di sicurezza altissimo. Per decrittare una riga di un messaggio crittato con il PGP con una chiave a 1024 bit sarebbe necessario un supercomputer che lavorasse senza interruzione forse per anni!
Per avere un idea della potenza di tale sistema, ricordiamo che l’autore del PGP (Paul Zimmermann) è stato per questo arrestato ed ha passato alcuni anni in galera, accusato di esportazione di armi (!), probabilmente perché questo ha reso quasi impossibile agli enti pubblici ed ai servizi segreti di scrutare e controllare la corrispondenza telematica!! Il PGP ( e poi anche altri sistemi di crittazione) risolve molti dei problemi di sicurezza che non potevano così facilmente essere superati fino a qualche anno fa.
4)La crescita di sicurezza dei sistemi telematici (anche quelli su rete pubblica) ha di recente consentito l’introduzione del denaro elettronico con l’uso di schede a basso costo (tipo bancomat) con microchip incorporato, che rende ancora piu’ difficile la frode.
L’insieme di queste tecniche (reti dedicate, crittazione, schede a microchip) possono garantire un più che sufficiente grado di sicurezza, certamente più alto di quello possibile con le attuali schede cartacee.
E infine, come se non bastasse, le caratteristiche dell’informazione relativa al voto sono strutturalmente diverse da quelle finanziarie. Mentre puo’ risultare difficile seguire i movimenti bancari telematici e quindi sono teoricamente realizzabili truffe considerevoli prima di essere scoperti, il voto è un’altra cosa. E’ individuale ed è unico. Non ci sono voti societari o di gruppo e non si può contare per più di un voto. Questo già rende il sistema molto più facilmente verificabile dei patrimoni finanziari (presenza di limiti massimi, collocazione unica, persona giuridica coincidente con la persona fisica, assenza di trasferimenti ecc. )
Anche ammesso di avere un sistema di trasmissione dei dati suffientemente sicuro, qualcuno che scriverà il programma e che faccia la manutenzione del sistema al centro potrebbe alterarlo e manipolare i risultati in maniera invisibile.
Questo potrebbe essere effetivamente possibile, ma solo se chi scrive il codice lo faccia da solo e senza controlli.
Noi pensiamo che il codice di gestione delle votazioni dovrebbe essere scritto da un gruppo di sistemisti (magari su delega delle diverse forze politiche) e controllato collettivamente.
L’accesso alla manutenzione anch’esso dovrebbe essere non individuale ma collettivo con chiavi d’accesso plurime, un po’ come sono necessarie tre persone con le loro tre chiavi per aprire le porte dei caveaux delle banche centrali. La manutenzione, periodica e straordinaria, potrebbe quindi essere organizzata in modo che sia possibile solo con la presenza contemporanea di tutti gli incaricati ognuno con la propria parte di chiave.
Infine dovrebbe essere possibile la visione del codice del software di gestione su semplice richiesta di un qualunque cittadino. Chiunque abbia le competenze potrebbe così verificare che il codice non contenga backdoors nascoste.
Supponiamo di avere una rete sufficientemente sicura, di definire e manutenere il software in maniera sufficientemente sicura, rimane il problema della possibilità del voto di scambio. Per esempio un candidato potrebbe ritirare direttamente le tessere e andare a votare lui al posto degli elettori.
Questa è una bella obiezione. Per questo in una prima fase il controllo di identità dovrebbe essere ibrido.
Una parte meccanizzata con tessera specifica personale e codice segreto di identificazione (una carta ‘Votomat’).
Una parte umana, con un pubblico ufficiale di sportello, come un impiegato o una guardia giurata o simile, che prima di consentire l’accesso al sistema verifichi l’ identità con i ‘normali’ documenti.
Noi suggeriamo che sulla carta ‘Votomat’ ci dovrebbe essere una foto del votante che consenta l’identificazione del possessore del tesserino.
Inoltre noi crediamo che l’identificazione del votante dovrebbe, per legge, essere possibile da parte di qualsiasi cittadino che lo richieda.
Quando i sistemi di dentificazione automatica saranno un po’ più progrediti, e piu’ sicuri (c’è una veloce crescita e innovazione nel campo) potrebbero poi utilizzarsi anche sistemi di identificazione di impronta vocale, o a riconoscimento di firma, o a impronta retinica…
by Pino Strano vers.1.1 12.02.2011
Note:
(1) Lieve rifacimento del layout della versione originale pubblicata la prima volta nel 1997 sul sito della Associazione Democrazia Diretta oggi ospitato sull’ archeoWeb di reoCities.com. Le scrissi semplicemente raccogliendo le risposte date a miriadi di obiezioni che costantemente si ripetevano, o che gli stessi primi timidi sostenitori della dd facevano nelle discussioni faccia a faccia o sulle reti amatoriali di BBS, o sui primi gruppi di discussione (i newsgroups), degli albori di internet. In questo senso è un lavoro “collettivo”.
Questa è la versione pubblicata poi nel 2011 sul sito dei Democratici Diretti.
(2) Se ritenute “degne”, saranno inserite con la segnalazione del vostro contributo