Lug 052012
 

DD = Democrazia Diretta, ovvero potere esercitato direttamente da cittadini senza intermediazioni

DR = Democrazia Rappresentativa, ovvero potere delegato dai cittadini ai rappresentanti

questa è la visione “classica” della situazione.

Ma io la ritengo non corretta. Dico proprio dal punto di vista teorico e dal punto di vista della sostanza.

Quelle equazioni sopra riportate sono frutto di una interpretazione dominante comune, o di un luogo comune, ma, se si analizza bene cosa sta alla base dei concetti di DD, DR e D si può vedere che le cose non stanno proprio così.

Per esempio l’idea che DD significhi “potere esercitato senza intermediazioni”, è semplicemente sbagliata. Falsa. Infatti non è possibile nessuna espressione di volontà, e ancor meno uso del potere “senza intermediazioni”.

Leggasi in merito questo: http://www.pinostrano.it/blog/delega-e-dd-cosa-significa-laggettivo-diretta/

Comunemente  la nostra si ritiene una DR. Ma non è così. Infatti un sistema istituzionale dove i governanti non possono essere cambiati quando anche l’intero popolo non li vuole più, semplicemente non è una democrazia. perché la caratteristica di “potere del popolo” in realtà non è più attiva, è sospesa. Nè la sua attivazione dipende più dal popolo. Per farlo bisogna aspettare 5 anni, che piaccia o no. nel frattempo i governanti possono stravolgere ogni cosa dello stato, rubarsi i tuoi e i miei soldi, depenalizzare questo o quel reato da loro commesso, al limite che non vanno in galera neanche se uccidono tua moglie e i tuoi bambini etc etc… Un sistema istituzionale che non prevede la possibilità di cambiare le leggi fatte dai governanti, neanche se l’intero popolo lo volesse, non è una democrazia. La nostra DR in realtà si è giocata la D, poiché non prevede alcun mezzo attraverso il quale i cittadini possano su propria iniziativa modificare la delega e/o  le decisioni dei delegati.

La nostra, cosidetta “democrazia rappresentativa”, è in realtà semplicemente una Oligarchia Elettiva. E l’unico momento in cui i cittadini possono avere una possibilità di cambiare le cose, senza impugnare i fucili, è il giorno delle elezioni. Ma il fatto che si voti non significa affatto che il sistema nel suo complesso sia democratico. Se l’unica cosa che puoi fare è votare chi deve essere il tiranno, tutto si può dire, tranne che quello sia un sistema democratico.

La rappresentanza, o la delega è uno dei poteri che si possono esercitare. Come sovrano posso fare del mio potere ciò che voglio, compreso cederlo a qualcun altro se mi viene comodo, ma che sovrano sarei se non potessi riprenderlo non appena lo volessi? Quella sarebbe stata allora CESSIONE di sovranità. E questo è quello che ci accade con il voto, che esprime l’OBBLIGO di cedere la propria sovranità ai principi elettivi a lunga durata (i 5 anni della legislatura).

In democrazia (diretta)  la delega non è CESSIONE di sovranità. perché, idealmente, in ogni momento io devo poter recuperare il potere ceduto. Il referendum deliberativo rappresenta quindi il livello MINIMO che deve esistere per poter dire che un sistema è democratico, Rappresenta quel mezzo, almeno uno, che il popolo deve poter avere per ritornare sovrano senza chiedere il permesso ai governanti.

Non tutte le democrazie (che hanno almeno il livello minimo per potersi definire tali) sono uguali. Una democrazia può essere migliore (o più estesa) di un altra se i mezzi attraverso i quali il cittadino può esercitare la propria sovranità sono molteplici e flessibili e non costringono chi non volesse delegare mai a doverlo comunque fare. Per questo la democrazia (diretta) è una idea progressiva, non uno STATO da raggiungere una volta per tutte.

Tuttavia anche avendo tutti i mezzi per esercitare in ogni momento il potere di governare, se io, cittadino sovrano lo voglio fare, devo poter essere libero di delegare. Ovviamente senza mai perderne totalmente il controllo (quindi in forma sempre revocabile solo che lo voglia). Ma se per ipotesi io non lo volessi riprendere se non ogni cinque anni, e se per ipotesi anche tutti gli altri membri del popolo non lo volessero riprendere se non ogni cinque anni, ebbene allora avremmo un sistema “simile” all’attuale. per questo dico che la DR è in realtà un caso particolare di DD.

La democrazia diretta CONTIENE come possibilità la democrazia rappresentativa.

Quindi tutt’altro che dd “complemento” della dr. Quando si dice che il referendum di iniziativa e deliberativo (che spesso è tutto quello che si intende per democrazia diretta) è complemento della DR, si sta dicendo qualcosa di fuorviante, come se DD e DR fossero due forme qualitativamente differenti di democrazia. Se è vera DR, dove la delega non è cessione di sovranità, ma utile strumento, allora parliamo solo di diversa intensità di uso della delega. E così, Il referendum di iniziativa deliberativo, è semplicemente la CONDIZIONE MINIMA per cui una democrazia si possa definire tale. Lo strumento attraverso cui il cittadino ritorna padrone del potere che ha delegato. Senza questo minimo, la cosiddetta democrazia rappresentativa con l’obbligo della cessione a un rappresentante eletto, non è affatto democrazia, ma pura oligarchia.

E la democrazia diretta, se proprio vogliamo usare l’aggettivo diretta, dovrebbe piuttosto indicare un sistema democratico che tende costantemente a ridurre al minimo gli ostacoli per l’esercizio esteso della sovranità da parte di ogni singolo cittadino.

Giu 192012
 

Mi è capitato di partecipare a una “cena politica”, (che forse descriverò più dettagliatamente in altro articolo) dove a un certo punto l’anfitrione, nel corso dell’inevitabile (e per altro istruttiva) concione tenuta agli invitati in fase digestiva, ha espresso qualcosa di simile alla seguente affermazione: “La democrazia popolare (alias democrazia diretta) ha dimostrato il suo fallimento fin da subito ai tempi di Atene, quando un tribunale popolare di 500 persone ha condannato a morte Socrate”.

Non era il caso di commentare in quella sede, dove i cervelli dei presenti erano invitati a girare al minimo e al più dedicati a blandire l’auto-proponente lider maximo in pectore di un partito che spero non vedrà mai la luce. Ma l’affermazione, che per il suddetto anfitrione assumeva il valore di pietra tombale per la democrazia diretta (e direi per la democrazia tout-court) che non è nuova, merita una riflessione attenta e una risposta non elusiva. Anche perchè talvolta mette anche in imbarazzo certi sostenitori non accorti della democrazia diretta.

Non discuterò delle vere o presunte ragioni della condanna di Socrate. Per altro a noi (o almeno a me) conosciute solo attraverso la famosa cronaca molto probabilmente alterata che ne dà Platone, e quella di Senofonte. Accetto anche il presupposto (non proprio corretto) che quello che condannò Socrate fosse veramente un governo democratico.

Accettando questa visione da “luogo comune”, comprensiva del fatto che Socrate fosse un sostenitore dell’aristocrazia, ci sono in quella affermazione un paio di errori di fondo, che a mio modesto parere, allora avrebbe commesso, ebbene sì, anche lo stesso Socrate nel voler così dimostrare la fragilità della democrazia. Oltre che, naturalmente, tutti quelli che a questo scopo usano il dramma della vicenda di Socrate.

Il primo errore è ritenere che la democrazia diretta fondi la sua legittimità, o la sua primàzia su altri sistemi di governo, sull’idea che sia un metodo che conduca sempre alle scelte migliori o più giuste. E quindi se da essa ne derivano scelte cattive o ingiuste si dimostra la sua fallacità.
Non è così.
QUALSIASI sistema di governo può condurre a scelte che possiamo ritenere cattive. E la democrazia non è esente da questa possibilità, che è propria dell’esercizio del potere in sè. Come tale anche la democrazia, che è esercizio del potere da parte del popolo, può condurre a scelte che si rivelano cattive scelte o ingiuste (nel senso di non gradite o con le quali non concordiamo affatto). Il sovrano, che sia un popolo o un singolo può “sbagliare” prendendo decisioni anche talvolta controproducenti rispetto alla scopo che si prefigge. Ma questa non è una caratteristica della democrazia, ma dell’esercizio, in sé,  della sovranità.
Caso mai si potrebbe discutere se è più probabile avere scelte ingiuste prese da pochi o dai molti.

Il secondo errore è confondere le decisioni con le conclusioni.
Come acutamente indica Akiva Orr nel suo libro “La politica senza i politicile decisioni, non sono conclusioni. In sintesi le decisioni attengono ad una scelta fra diverse opzioni possibili. Esse derivano da una preferenza, o da una valutazione di priorità. Le decisioni sono buone e giuste o cattive e ingiuste in rapporto all’essere più o meno aderenti a ciò che noi preferiamo. Le conclusioni invece derivano da un ragionamento razionale, logico, dall’esame dei dati a disposizione.  Esse sono corrette o errate in rapporto alla evidenza dei risultati.
In generale, date certe condizioni note, non esistono due conclusioni diverse entrambe corrette. Mentre due decisioni anche opposte possono essere ritenute giuste a seconda delle priorità o dei valori che noi sosteniamo.
Per esempio un medico può concludere che se non si amputa la gamba il paziente morirà. Ciò o è errato, o è corretto. Delle due l’una. Ma due pazienti possono decidere (a fronte della conclusione del medico) uno di non amputare e morire piuttosto che non avere la gamba e l’altro di  amputare e restare vivo anche se con una sola gamba. Quale delle due decisioni è giusta? Dal punto di vista dei pazienti, entrambe.

Anche le decisioni possono però essere giudicate non solo ingiuste (rispetto ai nostri valori) ma anche errate se da quelle decisioni ci aspettiamo certe conclusioni che poi non si verificano.
Quindi l’uccisione di Socrate  è stata giusta o ingiusta a seconda del fatto che si ritenga buono o cattivo l’uccisione di un uomo. E, per me, posso dire è stata una decisione ingiusta.
Si può dire che sia stata sbagliata o corretta solo in dipendenza delle conclusioni che chi l’ha condannato pensava di poter raggiungere. (Se volevano proteggere la democrazia l’hanno effettivamente protetta? Se volevano proteggere i giovani dalla sua influenza “ateistica e blasfema” li hanno effettivamente protetti? )
Per quanto sopra la sua morte non ha concluso nulla circa la supposta fallacia della democrazia, perché bisognerebbe dimostrare che esistono governi autocratici o aristocratici che non realizzano questo tipo di ingiustizie, o almeno lo facciano in misura minore. E io credo invece è piuttosto evidente, che sia proprio il contrario.

Quindi ringrazio questi vari uomini illuminati che suppongono di sapere meglio di me cosa è il mio bene, perché per esempio dicono di conoscere meglio di me le conclusioni corrette, ma quale è il mio bene voglio deciderlo io. Voglio decidere io se amputarmi la gamba o no. Giusto o ingiusto che a loro possa sembrare. Anche perché poi, come minimo, hanno una parcella da presentarti.

Mar 262012
 

La democrazia perfetta non esiste.
Se questa è una affermazione binaria allora essa è vera.

Se invece è un affermazione fuzzy, allora si colloca all’estremo del continuum falso-vero.

Nel secondo caso, che è quello che possiamo utilizzare meglio per rappresentare la realtà (la realtà non è binaria, ma fuzzy [nota1]), la democrazia nelle sue applicazioni reali non può essere quindi che una direzione da seguire. Un asintoto cui tendere. Come corollario è possibile avere più o meno democrazia in un sistema. Ed è sempre possibile pensare a un sistema migliore di democrazia.
Quindi si potrebbe pensare che le rivoluzioni per “raggiungere la democrazia”, “instaurare la democrazia” potrebbero essere viste come solo delle accelerazioni del processo di miglioramento della situazione politica riguardo alla precedente implementazione di democrazia, e quindi forse anche non necessarie come concetto invece di rottura traumatica del precedente al conseguente sistema politico.
E in generale ritengo sia proprio così.
Ma a partire da una condizione minima. Continue reading »

Feb 222012
 

A parte l’enorme stupidaggine dello slogan <Roma ladrona> esiste un problema reale: roma comune o roma capitale.
E’ come dire: città tra le città con pari dignità, o capitale, cioè per definizione città più importante delle altre.

Tutto dipende da come misuri l’importanza.
Per certi versi potrebbe anche essere inevitabile e, in fondo logico che lo sia. Dico la capitale. Più importante delle altre perchè luogo deputato alle riunioni fisiche dei rappresentanti del popolo. E altri annessi e connessi. Ma per definizione, appunto. Non per diritto divino. Per scelta, inevitabilmente arbitraria. In democrazia anche la capitale potrebbe essere oggetto di decisione democratica. Come qualsiasi altra decisione in merito alle regole generali (diciamo costituzionali), e particolari di “governo”.

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Feb 052012
 

Il governo dell’ipnotista Monti procede. Il suo arrivo era stato salutato quasi positivamente persino da numerose voci dei movimenti di base , perché liberatorio dal regime di Berlusconi. Ancora una volta l’attenzione concentrata sulla persona e non sulle politiche e ancor meno sui metodi, ha annebbiato la vista.

Prima di Monti era chiaro che questa classe politica dominante era alla frutta. Ancor più della loro concrete scelte politiche si disprezzava il loro atteggiamento di protervia, di abuso di potere, il distacco totale dai bisogni dei cittadini.

Paradossalmente questo distacco invece di condurre a una profonda modifica del rapporto tra rappresentanti e cittadini ha condotto a sancirne la totale separazione: il governo dei tecnici. Non eletti da nessuno e al supposto servizio di interessi collettivi superiori, la cui opera è però valutata non dai cittadini ma dai “mercati”. Non c’è bisogno di essere complottisti per capire chi guida questo governo, quando la misura di ciò che fa è dichiaratamente l’andamento dello spread e della borsa.

Ma Monti e i padroni della finanza mondiale fanno il loro mestiere. Quello che mi preoccupa è l’incapacità del movimento di produrre una strategia che possa contrastare oggi e superare in prospettiva le radici del male. Perché, purtroppo, pochi le hanno correttamente individuate. Continue reading »