Feb 182011
 

… sparsi per il territorio d’Italia, che cercate di uscire dal pantano della “casta”, che cercate la fenice di un nuovo soggetto politico, vi chiedete in che cosa sareste poi veramente diversi dall’esistente?

Se è vero, come è vero che i partiti si fanno beffe del bene comune, e si fanno beffe della sovranità del popolo, voi in questo dovreste essere diversi. Allora piuttosto che riproporvi come nuovi rappresentanti dei cittadini lasciate nelle mani del cittadino ciò che, in democrazia gli appartiene: il potere di decidere lui e non voi. Siete disposti a candidarvi per rappresentare questa esigenza? Allora non dovreste avere alcuna difficoltà a firmare questa che segue.

PROPOSTA E ACCETTAZIONE DELLE CONDIZIONI DI CANDIDATURA

Condizioni che i candidati dichiarano di accettare unitamente alla presentazione della propria candidatura per la LISTA PARTECIPATA (di seguito indicata con “Lista”).

Condizioni generali:

Le regole e le condizioni seguenti possono essere mutate dalla volontà della maggioranza semplice dei sostenitori della Lista (gli iscritti alla Lista secondo lo statuto della associazione che la sostiene e alla quale io stesso sono iscritto).

Nel caso non volessi aderire alle nuove norme che potessero essere decise, mi dimetterò dalla carica elettiva da me occupata. Lo stesso se dovessi dimettermi dalla associazione.

Nel caso in cui la maggioranza dei sostenitori lo decidesse io  rimetterò immediatamente la mia carica elettorale. A sostegno di questa condizione firmo contestualmente due lettere di dimissioni dall’incarico con la data in bianco che verranno consegnate ad un delegato della Lista che la depositerà presso un notaio deciso dai sostenitori.

Condizioni economiche:

o stipendio che, se eletto, richiedo di percepire è:
…………………………………………………………………………………………………………….
(ogni candidato dichiara la retribuzione per la quale è disponibile a svolgere il ruolo di rappresentante eletto.)

Ogni altro introito che riceverò in ragione della mia carica elettorale sarà devoluto al fondo economico di Lista.

Il fondo economico di Lista è gestito dai sostenitori della lista elettorale, i quali, in caso di elezione, mi comunicheranno il numero del C/C su cui far versare ogni introito. Io comunicherò il mio numero di C/C su cui i sostenitori mi verseranno lo stipendio da me richiesto.

Condizioni politiche:

Se eletto, mi considererò rappresentante dell’insieme dei cittadini che sostengono la Lista tramite la quale sono stato eletto, e come tale agirò comunque in tutte le occasioni in modo da rappresentare al meglio i sostenitori della Lista tramite la quale sono stato eletto.

In ogni singola occasione derivante dal mio incarico, sempre esprimerò il mio voto, o mi asterrò,  in conformità alla volontà dei sostenitori votanti. Il primo atto che compirò sarà quello di dichiarare al consiglio la natura del mio mandato presentando l’intervento che i cittadini sostenitori della Lista mi consegneranno.

Nel caso le attività che mi venissero richieste dai cittadini sostenitori della Lista, fossero in tale contrasto con le mie convinzioni e principi da impedirmi di assolverle, allora mi dimetterò dalla carica elettiva da me occupata.

Espressione del voto

Il mio voto (favorevole, contrario o astenuto) in Parlamento verrà espresso secondo quanto segue:
Ogni sostenitore esprimerà la volontà che il mio voto sia a favore, o contrario, o astenuto.

Nel caso fossi il solo eletto nella lista voterò secondo come la maggioranza dei sostenitori si è espressa per il voto a favore, a sfavore o per l’astensione

Nel caso di più di un eletto io e gli altri eletti  esprimeremo il nostro voto secondo il metodo strettamente proporzionale alle volontà espresse dai sostenitori votanti col metodo dei resti. Esempio: fatti 100 i votanti, con 74 voti a favore e 26 contrari –> con 1 eletto, il quorum è 100. Nè quella a favore nè quella contraria raggiungono il quorum e la decisione viene determinata dai “resti” cioè 74 contro 26 e quindi l’unico eletto voterà a favore;–> con due eletti il “quorum per eletto è 50 voti, quindi con 74 voti a favore si avrebbe un quorum pieno(50 voti) a favore e 24 voti di resto, laonde per cui per il secondo eletto ci sarebbe una maggioranza opposta essendo (0 quorum) il resto di 26 per la decisione contraria; con tre eletti il quorum e di 33,33 e la decisione a favore avrebbe 2 quorum (66,66) col resto di 7,33 e qundi il terzo eletto voterebbe contrario…. e così via…. -Giuseppe 09/09/07 23.21
Ogni sostenitore, per le occasioni in cui non partecipa direttamente, può decidere di delegare il proprio voto ad un delegato scelto tra tutti i sostenitori. In questo caso il sostenitore verrà conteggiato come sostenitore votante e il suo voto verrà espresso dal suo delegato.

Condizioni tecniche

Le operazioni di diffusione ai sostenitori delle informazioni relative alle decisioni cui parteciperò per effetto del mio ruolo saranno effettuate a cura dei sostenitori delle Liste Partecipate organizzati secondo principi democratici direttamente stabiliti dai firmatari.
Accettazione e liberatoria.
Io sottoscritto
(cognome) ………………………………………………………………………………………….
(nome)…………………………………………………………………………………………………
nato a ………………………………………………………………. il ………    ……….    ………………….
residente in ………………………………………………………………………………..CAP…………………
(via, piazza…)……………………………………………………………………………..N. ………………….
di professione……………………………………………………………………………………………………..

mi impegno a rispettare le soprascritte condizioni generali, economiche, politiche e tecniche.

Sono consapevole che questo impegno non è legalmente impugnabile, ma costituisce comunque solenne impegno personale e politico verso i sostenitori, rotto il quale sarò degno di disistima e potrò da loro essere pubblicamente chiamato “bugiardo” e “traditore”.

Firmato: ……………………………………………………………………….. Data………………………………………..

Nome Cognome e Firma del Ricevente……………………………………………………………………………………..

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Feb 012011
 

Bologna 29 e 30 gennaio.

Una riunione istruttiva, direi. Chiarificatrice.

L’obiettivo è lo stesso di quella di Torino: vedere se è possibile fondare un nuovo soggetto politico che dia voce alle mille istanze inascoltate di questa Italia allo sbando.

Se possiamo riavere una speranza, una idea di futuro migliore.

Presenti circa 200 persone. La solita disposizione verticale dei posti. In posizione frontale, però invece del solito tavolo, un paio di divani.

Stile salotto televisivo. Ma l’aria non è quella di “sedetevi e ascoltateci”. Nè in platea, e, devo dire, neanche sul palco.

Chi introduce la giornata non sembra avere intenzione di occupare nè fisicamente nè politicamente la posizione frontale. Mi viene da dire forse più per timore di scoprirsi che per piena e convinta disponibilità. In platea c’è l’aria di avere voglia di tirare pomodori a chiunque tenti di assumere una posizione “dominante”.

Non entro nei dettagli. Bella l’introduzione di Michele Dotti, tutto dialogo, tolleranza, speranza, ma ancora non capisco come si procederà.

Alla fine si capisce che non l’ha capito nessuno. Si procede con una non-segreteria ondivaga. C’è così tanto timore di dare l’impressione di voler dirigere le cose che quasi non si riesce ad andare da nessuna parte. Questo, in generale è un errore: una cosa è non voler imporre, un’altra è non sapere chi fa il semaforo e con quale criterio.

Assemblearismo e centralismo portano ad analoghi risultati: hanno spazio quelli che “contano” e non necessariamente perchè sono rappresentativi.

In un caso perchè lo decidono i conducator e non sono previste modalità per modificare le loro scelte. Nell’altro perchè emergono quelli che hanno carisma, o che strabordano di testosterone e di ego, e non c’è nessuna scelta da modificare. Risultato: si dice <<interventi di tot minuti>> ma poi quasi nessuno rispetta quei tempi e qualcuno risulta più uguale degli altri.

Le insofferenze prendono a turno ora questi ora quelli a seconda della palatabilità soggettiva dell’oratore.

Vabbè, tra mille oscillazioni e qualche caduta di stile, però, nonostante tutto, il confronto cresce. Non siamo venuti lì per niente. Si vuole capire. E piano piano si capisce anche il perchè di tanta indefinitezza. A parte la motivazione, magari positiva, di non imporre visioni calate dall’alto (ma all’infinito?), a mio parere nasceva anche dal timore di scoprire che certi nodi potevano non essere risolti. Particolarmente quello delle alleanze. con i partiti della casta. Ma non si può restare indefiniti all’infinito, e non a caso la riunione era stata definita un conclave.

C’era bisogno di affrontare la questione. E la questione scoppia. Tutto sommato con toni non esagerati, ma forti e chiari: I movimenti civici ed ecologisti del territorio NON vogliono, nemmeno lontanamente, cercare alleanze con nessuno dei partiti di destra di sinistra o di centro che siano. nemmeno e tantomeno per tattiche elettoralistiche. Espressioni come “mai con la casta”, “partecipazione”, “democrazia diretta”, si ripetono frequentemente negli interventi, La parola più citata è “metodo” .

La grande maggioranza dei presenti (e si capisce anche degli assenti) è piuttosto alla ricerca di una qualche forma organizzativa che elimini o almeno riduca il rischio di diventare come loro.

Il punto è che se non c’è spazio per nessun partito più o meno coinvolto nel meccanismo della casta, non c’è spazio nemmeno per i verdi ( o quel che ne resta) intesi come gruppo politico, non come singoli. Ovviamente. A questo si sommano da una parte vecchi rancori (specie di ex), dall’altra alcuni significativi sempiterni tentativi o illusioni di egemonia, più individuali e isolate allucinazioni che giungono a vedere quella kermesse come l’occasione per la rifondazione del partito verde. (specie Boato)

La questione, dopo due giorni intensissimi (la prima giornata è finita alle 00.30) è comunque finalmente chiara. Checchè ne dica Giulietto Chiesa, (venuto come ospite e osservatore) il punto NON sono gli obiettivi, che ho sentito ribadire praticamente identici a torino come a firenze, e come a bologna, ma appunto le alleanze e ancor più i metodi. I metodi per la gestione democratica interna e per la gestione della rappresentanza politica. Gli appassionati discorsi di Chiesa sulla emergenza, e sulla necessità di risposte forti e nette pena prossime catastrofi e guerre, sono belli e giusti, ma non possono tradursi nell’irrigidimento della struttura in vecchi modelli centralisti e neo leninisti. Sfugge a Chiesa che quella direzione è esattamente la direzione che ha condotto alla degenerazione della democrazia (in verità alla sua ripetutamente abortita realizzazione): la perdita di sovranità del popolo, attuata appunto attraverso la delega di tipo rappresentativo e accentratorio.

Non si può risolvere un problema con gli stessi metodi che lo hanno generato. IL problema è proprio il metodo. E il metodo più importante è quello della democrazia.

Adesso i movimenti civici, devono perfezionare questa protoanalisi. Individuato il problema centrale nella perdita della sovranità, nella quasi assenza di democrazia (nelle istituzioni e nei partiti), occorre essere conseguenti e coerenti. Noi per primi non dobbiamo essere pavidi nel dispiegare tutte le potenzialità della democrazia. Se nelle istituzioni occorre inventarsi delle pratiche e degli strumenti alla luce delle costrizioni delle attuali norme (che è quanto mai necessario modificare), al proprio interno si è liberi di ricercare e praticare le più ampie forme della democrazia diretta e partecipata. Bisogna avere il coraggio di sciogliere i nodi pratici organizzativi (forme, nomi, simboli, definizione di strutture, incarichi,..) correndo il rischio della democrazia. Se non saremo capaci di farlo al nostro interno, come mai potremo sperare di farlo o anche solo proporlo, al nostro esterno?

Occorre perseguire il principio che ognuno deve avere pari diritti di proposta, discussione, decisione, implementazione e verifica. Questi principi vanno praticati nella misura massima possibile dettata dagli strumenti (regolamentari e tecnici) disponibili e dalla efficienza degli stessi. Occorre comprendere che democrazia “diretta” non vuol dire che tutti fanno tutto. Questa è una banalizzazione svalorizzante, ignorante e ipocrita. Il punto è il CONTROLLO sulla propria sovranità non la semplicistica esecuzione materiale personale. La delega è un utile strumento (in certe occasioni inevitabile) che se affiancata da meccanismi di trasparenza,e sopratutto di REVOCABILITA’ in ogni momento non è perdita di sovranità. Di più di quanto lo sia delegare il tuo autista a condurti a un certo luogo. Occorre capire la natura vera della democrazia e perseguirla consapevolmente.

Occorre comprendere e accettare il fatto che la democrazia o è di tutti o non è. Di tutti i cittadini. E quindi massima apertura ai singoli con tutto il patrimonio della propria identità personale. La democrazia è anche di quelli che sostengono idee che non ci piacciono, purchè la rispettino. Apriamoci, troviamo alleati anche in quei cittadini che sono diversi da noi ma accomunati dall’identico destino di non contare nulla come noi, purchè anche loro ne accettino le regole interne e la vogliano all’esterno.

E dovremo conquistarla la democrazia anche per tutti  quelli che oggi sono inebetiti dalle droghe mediatiche e che proprio perchè senza alcuna possibilità di pratica di responsabilità e di potere decisionale ancor meno trovano motivo e stimolo alla partecipazione. Che partecipo a fare se poi non conto nulla? Ci vuole una mente sgombra e campo-indipendente per farlo lo stesso, ed questa è la nostra funzione di illuminati (in senso zen) e di consapevoli. E non è vero che il popolo somaro e bolso non capisce e si fa sempre infinocchiare.

L’intorpidimento viene dalla mancanza di alternative. Ma chiunque capisce che il rappresentante dovrebbe essere strumento della volontà di chi lo elegge. Chiunque capisce che non può essere lui a stabilire il suo stipendio ma chi lo elegge. Mostriamo che si può fare sul serio, e si può fare SUBITO (vedi il modello della Liste Partecipate), diamo la possibilità di farlo sul serio e le cose cambieranno.

A Roma il 26 e 27 febbraio La RETE DEI CITTADINI terrà la sua assemblea nazionale. E’ una grande occasione per accelerare un processo  ormai in atto, e per mostrare nel vivo che la pratica di metodi democratici veri è possibile e produttiva. Come Democratico Diretto, sono fiero di avere contribuito a questo progetto portando il patrimonio di riflessioni, ricerche, pratiche, metodi e strumenti frutto di più di 15 anni di attività intorno ai temi della democrazia e della partecipazione. Spero di ritrovare lì molti dei compagni di strada che a Bologna abbiamo capito di essere.

Nov 052010
 

Io non ho niente in contrario, non avrei alcun problema a fare parte di una organizzazione politica che ovviamente avendo uno statuto dd, si chiamasse “Democrazia Diretta e Sovranità Monetaria”.

Come per altro molti altri nomi: “Per il bene comune”, “Sovranità Popolare”, “Rete dei Cittadini”, “Lista Partecipata”, “Officina Democrazia”, persino PRIMIT, o Partito DD Socialista, o dd Fascista… però ho diritto anche io alle mie preferenze.
E alcuni nomi mi sembrano più giusti di altri.

Perciò se mai un membro dei Democratici Diretti dovesse proporre di chiamarci “Democrazia Diretta e Sovranità Monetaria”, per quanto mi riguarda riconoscerei la consonanza dei termini usati. Inoltre potrei “markettaramente” intravedere la motivazione che il termine “Sovranità Monetaria” ha una notevole diffusione tra gli esterni ai partiti noti, (e così anche quelli che non sono dd magari potrebbero prenderci in considerazione per il loro voto). Tuttavia io non voterei a favore di cambiarlo. Ma non mi sentirei così manchevole o eccedente di qualcosa, nel caso tale proposta fosse approvata.

D’altra parte ho la definitiva determinazione a usare tutto il potere politico che riusciamo a riprenderci per combattere il signoraggio privato.

Insomma è il mio primo punto del “programma” personale relativo al potere economico e di sicuro lo vorrei come primo punto di un programma o di decisioni da prendere per una lista basata sui principi della dd. (1)

Detto quanto sopra, se qualcuno non dovesse partecipare perchè non si garantisce questo o quello, oltre che la ricerca rigorosa della democrazia diretta, allora qualcosa non va…
o della nostra comunicazione e/o nella idea di democrazia che c’è nelle teste di chi vuole “garanzie”, “sicurezze”… sui specifici obiettivi, per quanto fondamentali e prioritari possano essere.

Evitare la piramide delle esclusioni.

Se si ritiene/richiede che qualcosa venga inserito come pietra fondante, e quindi la più largamente condivisa (idealmente dall’unanimità), il risultato, di solito, è l’inserimento di un altro criterio di esclusione o di sè stessi (andandosene qualora la maggioranza in quel momento non fosse a favore), o l’esclusione degli altri (espellendo chi non si adegua o assistendo all’andata via degli autoescludentisi).

Perciò i “paletti” fondanti devono essere pochi.

Se poi si dice che la democrazia è una cosa buona perchè è l’unico mezzo con cui si può veramente realizzare il proprio obiettivo specifico più o meno di vasta portata (signoraggio, ….) ma che però la democrazia da sola non basta, allora bisogna riconoscere che se la democrazia non è il fine ultimo è tuttavia il mezzo politico necessario.

Se non è così, beh allora forse abbiamo idee diverse di cos’è la democrazia, perchè la democrazia appartiene ugualmente anche a quelli che non vogliono lo stesso obiettivo nostro, i quali riconoscono anche essi che appartiene non solo a loro ma anche ugualmente a noi.

Qui sta per me l’essenza della democrazia. Per vincere democraticamente occorre che la maggioranza degli italiani vogliano vincere. Dove vincere sta per riprendersi la sovranità politica di tutta la res publica.

Un altro punto per cui sono contro la rigidità di obiettivi non di metodo democratico, è che le rigidità maggiori di una sono alla base della loro crescita, La rigidità degli schemi mentali è una delle basi del controllo inevitabilmente utilizzato piramidalmente. Il contrario della piramide non è la piramide rovesciata, anche se come significante funziona.
E poi la piramide poverina non ha colpa. Anzi la piramide ha preziose virtù. E’ il potere la questione. Non la forma geometrica.

La dicotomia piramide-piramiderovesciata si rappresenta meglio forse con la coppia verticalità-orizzonatalità.
Forse anche con privilegi-pari opportunità. E si può continuare.

La cosa sicura è non imporre altro più che il metodo.
Appunto quello costituito dal seguire un metodo democratico (diretto).

Se invece riconosciamo il valore di metodo basale della democrazia diretta, ma tuttavia riteniamo una certa altra cosa così importante, essenziale, perchè pretendere che la debbano sposare tutti come fosse un metodo, se non lo è? L’importante è che quella cosa sia votata e si faccia. E per farla basta un metodo democratico e una maggioranza semplice. Perchè pretendere che sia messa alla base tanto da renderla dipendente dalla adesione a quella da parte di tutti?

E alla fine interrogarsi.
Ma veramente sono disposto a correre il rischio della democrazia?

(1)Cosa siano i principi dd per me, lo trovate descritto nello statuto dei DD.

Mar 202010
 
Da quando sono ufficialmente candidato al consiglio regionale per la Rete Dei Cittadini, dentro di me, qualcosa è successo.
E credo che la stessa cosa succeda anche a diversi altri candidati.
La sola possibilità di raggiungere una posizione di potere,  turba.
Ciascuno di noi si sta confrontando con un demone.
Lo stesso demone che noi combattiamo e contro il quale, almeno io, ma credo tutti noi abbiamo costruito questa lista.
Il demone del potere e l’uso che puoi farne a tuo vantaggio, piuttosto che a vantaggio di chi te lo ha delegato.
E’ normale, e bello, che nella Rete ci siano diverse anime.
Ci sono i singoli alla ricerca di un nuovo strumento non ancora compromesso con i giochi della casta, dove realizzare il proprio bisogno partecipativo senza sentirsi ingabbiato e strumentalizzato. Ognuno poi con la sua istanza particolare.
Ci sono coloro i quali, come me, avevano già un riferimento politico preciso, con ideali e obiettivi anche ben definiti, che hanno visto che era necessario raggiungere una dimensione di coordinamento stretto in un progetto comune con altri gruppi altrettanto definiti e distinti ma con i quali c’erano evidenti sinergie.
C’è chi ha portato l’anima del rispetto per l’ambiente, C’è chi ha portato il bisogno della sovranità territoriale e il diritto di riconoscersi come espressione di una storia, di un territorio. C’è chi ha portato l’anima del desiderio di rinnovare il patto con le istituzioni nella direzione etica. Chi la bellezza e la gioia di lavorare per il bene comune.
Io, insieme agli altri democratici diretti, ho portato quella che, senza ipocrisia,  ritengo sia la sola novità vera: uno strumento e una metodologia per il controllo del rappresentante ispirato ai principi della partecipazione democratica diretta e della revocabilità del mandato. L’art.15 del nostro statuto. L’impegno dei candidati a rispettarlo e la lettera di dimissioni in bianco. Oltre al contributo alla costruzione de programma nella parte che riguarda l’introduzione degli strumenti partecipativi e di controllo, come il referendum deliberativo.
Voglio dire che nella Rete, nessuno ha perso la propria individualità e le proprie idee. E meno male. E comunque è così.
Come candidato della Rete, in questo schifo di sistema rappresentativo devo cercare voti i quali arrivano anche anche come consenso alla persona.
Come candidato espressione dei Democratici Diretti lo devo cercare anche come sostegno politico, che rafforzi l’anima democratica diretta della Rete, che non è così scontata. Non ancora, almeno.
Ma, per me come essere umano, e come democratico diretto, questo dovere di pormi anche in una posizione di ricerca di consenso da fare però convergere sulla mia persona mi pone di fronte  alla contraddizione tra assunzione di ruolo individuale e necessità che questo ruolo sia solo strumento.
Non vorrei parlare anche per gli altri, anche se credo che pure molti di loro  subiscano la stessa dinamica. Non tutti, forse ne sono consapevoli o la temono; addirittura qualcuno forse la cercava. Siamo esseri umani e non santi. Ma Io ho sentito dentro di me, mordere il demone del potere.
E ho visto anche i miei amici diventare un pò diversi. Talvolta quelli che avevano la massima fiducia nella mia persona e nelle mie supposte qualità morali (oltre che intellettuali etc etc insomma di cui sentivo l’affetto prima ancora che la stima) li ho visti attraversati dall’ombra del dubbio, quasi del sospetto. E mi ha fatto male.
Ho visto nei loro occhi la domanda: Ma non stai diventando anche tu come gli altri? Ma stai cercando affermazione personale o lavori per il gruppo?
Mi fa male, però li capisco.
Posso solo dire che c’è questo rischio. E anche se mi fa male, sono contento che siano così sensibili a questo
Combatto ogni giorno contro questa “tentazione”. Anzi forse certe mie espressioni, alcune incertezze, alcune mie difficoltà, (che credevo segrete al mio animo, ma evidentemente traspaiono, che non sono capace di nasconderle) vengono fuori proprio dalla mia difficoltà di conciliare la ricerca del consenso personale e poltico, con la mia ripulsa del doverlo fare. Odio questa situazione.
Io non vorrei affatto cercarlo, ma devo. Devo distribuire i miei santini, devo parlare dei contenuti democratici diretti, devo appiccicare i miei manifesti, anche se invece vorrei solo dire “mandate a quel paese tutto e non votate nessuna persona”. Non votate nemmeno la Marzoli, perchè non è Marzoli o Pino Strano che dovete votare, ma la Rete e la sua proposta di rapporto nuovo tra rappresentante e cittadino!
Per me il valore etico dei miei comportamenti, e il bisogno di coerenza sono tali che sono stato anche attraversato dal desiderio di lasciare perdere. Di liberarmi di questa tensione. Se fossi credente, questo sarebbe il momento di dire “Dio dammi la forza di continuare a confrontarmi col demonio e di non cedere”. E invece devo dire:  “Vota la Rete e vota l’anima democratica diretta. Vota me”.
Questa notte mi metterò il cilicio.
Mar 192010
 

Finalmente, nei ritagli di tempo rimasti, ho scritto queste considerazioni sulla fase e su quello che sta succedendo. Dall’ultimo mio post, infatti, sono stato travolto dagli impegni e dagli eventi. I problemi sono enormi e meriterebbero ben più di questo articoletto, che pure so qualcuno troverà lungo ugualmente. Ognuno dei seguenti capitoletti meriterebbe un libro. Ma lo stesso, anche se sinteticamente, ho voluto scrivere questo che considero assolutamente importante, e che tratteggia ciò che credo dovrebbe esserci da guida nella nostra azione.

I compiti, le sfide e le responsabilità della Rete dei Cittadini nella situazione attuale.

1) I partiti della “casta” sono in difficoltà.

–Da un parte, sta crollando il castello berlusconiano. La manipolazione mediatica non basta più. Il metodo della vendita della propria immagine come salvatore della patria, difensore della sicurezza del presente e portatore di speranza per il futuro, senza un reale riscontro, mostra la corda. Il giocattolo si sta rompendo.

La Vanna Marchi della politica italiana non può vendere chili di inutile crema all’infinito. Prima o poi la speranza di dimagrire, il desiderio, la disponibilità ad illudersi a voler credere che esista una soluzione “miracolistica”, facile, esterna, cui gli esseri umani sembrano essere inclini, non basta più. Si cede. Ci si disillude. L’illusione della soluzione salvifica o paternalistica dei problemi di sopravvivenza quotidiana, si scontra contro la realtà del peggioramento delle condizioni generali di vita e in generale di tutti problemi di questa Italia in decadenza.

Berlusconi, di fronte alle sfide che i tempi impongono, offre eternamente solo sè stesso, e ripete lo stesso refrain. E in realtà cura solo i propri interessi. La vendita di un prodotto inesistente, comincia a non funzionare più. La gente se ne sta accorgendo. E se ne stanno accorgendo anche i suoi alleati. Questo ha generato e genera crisi interne, di cui le difficoltà delle liste in Lombardia e nel Lazio sono sintomo. Altro che panini ed errori burocratici.

–Dall’altra parte, una “opposizione” che è sempre più chiaro che è sostanzialmente finta. Solo l’altra faccia con cui “la bestia” mantiene il potere, il controllo sull’economia e particolarmente sul suo strumento principale che è la moneta.Come nei film di genere dove c’è il poliziotto che fa il cattivo, e l’altro che fa il buono, ma entrambi hanno lo stesso scopo, così Destra Sinistra sono, rispetto agli scopi del controllo della società.

Dalla famosa scesa in campo a reti unificate del 1994 dell’amico di Craxi, piduista e padrone di mediaset, la sinistra, più volte al governo, avrebbe avuto modo di mettere in atto efficaci contromisure. Invece una serie infinita di promesse e di intenti sono stati puntualmente disattesi. Cito solo la legge sul conflitto di interessi, il ritorno alla legalità di rete4, il rispetto delle norme antitrust italiane ed europee sull’informazione e la pubblicità, la limitazione e controllo dei finanziamenti pubblici ai servizi privati – scuole, sanità, …, la legislazione sul falso in bilancio, la legislazione elettorale con l’eliminazione delle preferenze…(che segna il punto più basso mai raggiunto dalla democrazia italiana). Nulla di tutto questo.

Quando è all’opposizione la Sinistra grida allo scandalo, poi invece, ogni volta che la Sinistra è andata al governo, nessuna azione conseguente. Quasi che non volesse ostacolare realmente un rapido ritorno di Berlusconi. Si è limitata alla gestione di bassissimo profilo del quotidiano. Disattendendo puntualmente i proclami e i programmi che copiosamente ha prodotto. Valga per tutte la vicenda dell’indulto, primo (dicasi primo) provvedimento preso, ma mai neppure citato nelle 281 pagine di programma dell’ulivo.

Oggi la Sinistra non ha alcun progetto di lungo periodo, alcuna strategia per il futuro. Di fronte alle sfide dei cambiamenti globali che investono l’italia. Senza una idea di futuro, quando sono al governo si litigano l’osso. Non c’è più neanche la “fede” social-comunista a tenere insieme. Quella parte di popolo che guarda a Sinistra si guarda intorno disorientata. Li tiene insieme il richiamo all’antiberlusconismo. Ma anche qui non si può gridare sempre al lupo al lupo e poi, quando il lupo c’è, lasciarlo passare. Anche questo alla lunga non funziona più. Questo popolo adesso è più che mai solo, e senza riferimenti.

In tutto ciò, il centro (con la c minuscola di casini) va cercando forni in cui cuocere il proprio pane. Si aggirano, come certi cortigiani sostanzialmente imbelli, a volte adulando e a volte tramando verso il principe di turno. Ma incapaci e senza nè idee nè capacità, nè coraggio, per ambire ad esserlo anche loro.

L’Italia merita altro. Ha bisogno di ben altro.

2) Noi abbiamo grandi responsabilità.

Questo popolo, questi cittadini senza più certezze e illusioni sono potenzialmente pronti a capire la verità. Ma sono anche suscettibili di disperazione e/o ritiro in se stessi. La ricerca di soluzioni nella disperazione può condurre a scelte violente. Oppure alla depressione o all’individualismo nichilista o edonista. Un popolo senza speranze, senza certezza di diritto e visione di futuro, senza una prospettiva, una meta, è un popolo in pericolo. Viene meno uno dei capisaldi della coesione gruppale, e il rischio della disgregazione è reale. In questa situazione la prospettiva di svolte autoritarie e apertamente repressive non è pura fantasia.

Io sento che noi della rete dei Cittadini, abbiamo grandi responsabilità. A quel popolo in sofferenza, disilluso e disorientato, noi dobbiamo offrire una chiave di lettura di ciò che sta succedendo e una prospettiva di futuro positivo possibile. Non solo che illumini sulla vera natura delle difficoltà della nostra repubblica, non solo che contenga soluzioni ai problemi di fondo che generano quelle difficoltà, ma anche una strategia di ampio respiro, di lungo periodo che dispieghi le grandi potenzialità che pure il nostro paese ha.

3) La natura del problema

Il problema di fondo delle istituzioni democratiche: la perdita della sovranità popolare.

In questo quadro noi, piccoli e oscuri cittadini, ma espressione naturale del ribollire di ansia partecipativa, del desiderio di opporsi alla deriva, portatori della cultura della semplicità e della verità, che è senza etichette, abbiamo capito. Abbiamo capito da un pezzo.
Abbiamo visto che il re è nudo:
– Non ci sono salvatori della patria. Non ci possono essere. Chi si propone così è un ingannatore. Quello che vuole è potere per sè.
– Le bandiere, anche le più belle e gloriose, sono solo usate, attraverso la paura del nemico e il senso di appartenenza, per spingerti alla rassegnazione del voto col naso turato.

Il risultato di questa pseudo-lotta tra pseudo-fazioni infatti è:
– la perdità di sovranità del popolo;
– la perdita della capacità di discriminare con animo sereno e testa sgombra, ciò che è buono, da ciò che non lo è indipendentemente da chi te lo propone.

Il problema di fondo della economia: la decadenza del “villaggio Italia” nella globalizzazione.

La globalizzazione dell’economia ha profondamente trasformato il mercato e i rapporti di forza tra le nazioni. Regioni del mondo, per secoli marginalizzate, sono entrate con la forza dei loro numeri enormi nel sistema mondiale di produzione e scambio. E questa tendenza è destinata a consolidarsi e ampliarsi. L’Italia è una piccola nazione. Lo sviluppo della nostra economia è stato centrato sulla trasformazione di materie prime (di provenienza quasi interamente estera) in prodotti per il mercato interno e per l’esportazione. Questo oggi è saltato. Dobbiamo prenderne atto.

Non è possibile pensare a una MIOPE politica di indistinti pannicelli caldi a sostegno di questa o quella industria di trasformazione, o peggio delle varie consorterie e cosche vincenti. Va invece individuata una strategia che produca benessere all’interno di un quadro dove l’Italia non può più connotarsi come una semplice nazione trasformatrice di beni di base.

4) La soluzione al problema di fondo delle istituzioni: La democrazia diretta. Il consigliere partecipato come attuale e praticabile soluzione alla perdità di sovranità.

Chi riesce a mantenere o riconquistare la capacità di discriminare, sa che cose buone e cose cattive possono provenire anche da parti opposte. Ciò che conta non è se vengono da destra o da sinistra, ma appunto se pensi che siano buone o cattive. Ciò che conta è mantenere voce in capitolo sulle decisioni che riguardano la res publica. Perché la direzione è il bene comune, non la vittoria di una delle pseudo-fazioni. E cosa è il bene comune lo devono decidere i cittadini, come singoli, non come membri di due schieramenti disciplinati dalla paura o dalle illusioni. Lo devono decidere i SINGOLI cittadini e non i rappresentanti eletti con un sistema che ti obbliga invece a cedere tutto il tuo potere senza poi più poter dire quasi nulla, fino alle prossime elezioni. Ciascuno di noi, della Rete dei Cittadini, ha aperto gli occhi sullo sfacelo.

Noi siamo passati dalla disillusione alla speranza, dal disorientamento alla certezza che, per l’Italia, un altra via è possibile e che occorra un altro mezzo di locomozione. Perchè per arrivare al bene comune è necessario dispiegare finalmente la vela della democrazia finita nella sentina dei cabinati di lusso. La VERA DEMOCRAZIA. Quella che lascia sempre l’ultima parola al popolo. Non quella che lascia il timone al rappresentante senza che tu possa più fermarlo, nemmeno se ti sta chiaramente portando verso la scogliera o usa la nave per i propri affari o trasportarci le amichette invece che le risorse per sopravvivere sereni.

Non c’è democrazia in italia. C’è solo il VOTO. Quello è l’unico strumento attraverso cui il cittadino può usare quel che resta della propria sovranità. Per questo, oggi, noi abbiamo scelto di competere sul terreno delle elezioni contro la casta. Ma questo sistema elettorale di creazione della rappresentanza che ha condotto al dominio politico della casta dei partiti non può andare bene anche per noi.

Per non ri-creare gli effetti perversi della delega senza controllo e revocabilità per cinque anni, abbiamo fatto nostro il metodo della lista partecipata, che impone ai rappresentanti eletti, per scelta, per impegno politico solenne, di essere strumento della volontà dei cittadini durante tutto l’arco della legislatura. Essi si impegnano a votare su ogni singola questione in votazione in Consiglio Regionale secondo quanto verrà di volta in volta specificatamente deciso dai cittadini. E abbiamo chiesto ai candidati di accettare addirittura di dimettersi da consigliere se i cittadini glielo chiederanno. A supporto di questo abbiamo firmato sia l’impegno che una lettera di dimissioni in bianco, consegnati al presidente della Rete dei Cittadini. Non è secondario che il presidente NON sia anche esso un candidato, ma anche esso espressione-strumento tecnico dei cittadini.

Ma in futuro, il nostro obiettivo deve essere più ambizioso. I problemi di cui ho accennato sopra, non si risolvono a livello ragionale ma nazionale. Ciò implica Il completamento e la realizzazione della parte prima della costituzione che può essere compiuta  attraverso alcune sostanziali modifiche della seconda parte, nel senso dell’introduzione di reali strumenti di democrazia diretta.
Primo fra tutti il referendum deliberativo senza quorum. Con l’innesco di un processo che porti a considerare il governo come qualcosa che è sempre sotto la responsabilità ultima e costante del cittadino. Un modello istituzionale di tipo svizzero può essere un buon riferimento, anche se noi dobbimao trovare la nostra via. L’ampliamento del vero federalismo che è solidale, un altro. Su questo occorrerà approfondire l’analisi e le proposte, i cui dettagli qui non accenno.

5) La soluzione al problema di fondo dell’economia globalizzata: Innovazione, ricerca, cultura, risorse ambientali e mercati di nicchia

In un ottica globale l’italia è un vllaggio che può sopravvivere, e anche molto bene, se prende coscienza dei suoi punti di forza e di debolezza.

Una cosa è chiara: Non possiamo competere a livello delle pure produzioni di massa. Una piccola nazione puà competere e sopravvivere se è capace di produrre idee e innovazione. Idee e innovazione non dipendono dalla vastità del mercato, ma dagli investimenti in istruzione, ricerca e cultura, nonchè dalla qualità delle risorse umane, che agli italiani non manca. Questa è per me, la prima priorità. Dovremmo diventare la prima nazione per produzione di cultura e innovazione.

Una piccola nazione non può competere per ampiezza della forza lavoro o del mercato interno, ma può competere sul terreno della appetibilità di se stessa. Anzi, questo è proprio più praticabile in piccole nazioni piuttosto che grandi. L’italia possiede un patrimonio ambientale ancora invidiabile. Se fermassimo i guasti prodotti dalla passate e scellerate politiche di scempio e anzi ci nuovessimo nell’ottica del recupero dell’armonia ambientale, oltre a sostenere un mercato interno, oltre a vivere in un ambiente decisamente migliore e aumentare la qualità della nostra vita e salute, conserveremmo e svilupperemmo un patrimonio importante e appetibile al mercato turistico. L’italia posside il 70% dei beni artistici e archeologici mondiali. Di questo è fruibile si e no il 30%. Dobbiamo innovare e inventare anche su questo terreno. Ciò che viene ammirato nel mondo è la nostra cultura. Noi siamo il paese dai mille campanili, il paese dalle mille cucine, tradizioni, fantasie. Questo è stato spesso un ostacolo alla creazione di un senso nazionale, può invece diventare una delle nostre principali risorse. La varietà dell’offerta.

Fino al 2001 siamo stati il quarto mercato turistico mondiale. Da allora siamo costantemente scesi negli investimenti e nelle previsioni. Invece possiamo e dobbiamo diventare il primo. E se non il primo comunque detenerne una quota più che sufficiente a generare ricchezza e benessere ampio per ilnostro villaggio.

Inoltre se è vero che non possiamo competere a livello di forza lavoro e mercati di massa, possiamo benissimo farlo nei mercati di nicchia. Un mercato di nicchia nell’ottica globale planetaria, può essere invece per il villagio Italia un mercato sufficientemente vasto e più che sufficiente a generare vera ricchezza. Lo sviluppo di attività produttive di piccola e media industria e artigianali di altissima qualità e specializzazione sarebbe più facilmente compatibile con la protezione e difesa del territorio e generatore di benessere. Ovviamente non si tratta di dismettere quelle attività sul mercato di massa che riescono nonostante tutto ad affermarsi. Solo si tratta di capire che quelle NON possono essere LA soluzione al problema, anche in un ottica di produzione di benessere che non sia solo degli azionisti delle multinazionali. Quelle, infatti, hanno sede in Italia, ma tutto il resto è prevalentemente, e giustamente, sparso per il mondo. E la ricchezza e l’occupazione che producono anche. Che sia chiaro: L’occupazione e il benessere in Italia non sono portati dalle imprese di produzione di massa. Non Più. L’unico mercato di massa nel quale si può sperare di competere potrebbe essere quello ad alto contenuto innovativo, ma allora appunto, la priorità torna alla ricerca e alla cultura.

Tutto ciò va affiancato a un controllo diretto del principale strumento economico che è la moneta. Non è possibile fare quanto sopra con una moneta in mano alle banche private, sotto il ricatto e l’usura del signoraggio privato. La proprietà pubblica della moneta è fondamentale.

Ecco, per quanto difficile, e ambizioso, questo è quello che dovrebbe esserci al fondo della nostra azione come rete dei cittadini. Ciò che è nato, oggi solo a livello regionale, è per me soltanto l’anticamera di ciò che dovrà essere a livello nazionale. Vadano come vadano queste elezioni.