E così ho deciso non solo di sostenere questa lista ma di candidarmi. Ma andiamo con ordine.
Questa estate, mi chiamano alcuni amici e mi dicono che hanno intenzione di preparare una lista per le elezioni regionali del Lazio. La cosa interessante, per cui mi chiamano, è che vorrebbero mettere assieme movimenti e istanze diverse presenti sul territorio considerato che nessuna delle forze alternative esistenti da sola ha la forza per farcela.
Io, sinceramente, ero abbastanza “scarico”. Lo sforzo per la preparazione (prima teorica e poi pratica) di tutto il materiale della lista partecipata, era stato grande. Anche se la struttura era già definita da tempo (la prima edizione risale al 1996 !) i riadattamenti e soprattutto tutte le pratiche burocratiche necessarie per la concreta presentazione alle elezioni mi avevano veramente stancato. Per di più, dopo un iniziale interessamento di alcuni gruppi eravamo rimasti soli. E la fatica è stata veramente grande. Il fatto poi che non siamo riusciti a raggiungere il numero di firme necessario almeno alla presentazione confesso a me aveva anche tagliato le gambe.
Ma, era ovvio. La struttura dei dd, da sola non poteva farcela. Tuttavia rimaneva un patrimonio di esperienza notevole. La proposta di questi amici era quindi per certi versi interessante. Però io non potevo che passare la palla agli altri amici dei dd laziali, nel mentre che passavo la palla anche per molte altre cose relative alla gestione della organizzazione dei DD. La mia posizione era: se la democrazia diretta ha un senso, se l’organizzazione dei DD ha un senso, allora deve potersi reggere anche senza il mio apporto. Altrimenti, per quanto mi riguardava avevo dato.
Retta la fiaccola della DD fin dai tempi bui e solitari di craxiana memoria, ora l’idea si era sparsa e diffusa, tuttavia stentava ancora a coagulare in qualcosa di concreto e tangibile. Ma il mio compito non poteva essere quello di essere one-men-org. Io potevo essere e per certi versi sono stato, appunto, tedoforo di democrazia diretta. Non potevo anche fare squadra e pubblico. Perciò anche a questi amici la mia risposta fu: fate e io sarò sempre con voi. Ma non voglio essere io a tirare. Questa volta il carro lo deve tirare qualcun altro. In alternativa io posso sempre continuare a sviluppare al teoria della dd, senza obbligatoriamente dover dare io, sostanzialmente con le mie sole forze, “corpo” alle azioni. Neanche se poi queste azioni hanno anche effettivamente avuto successo, molto al di la delle nostre piccolissime forze. Come effttivamente in diverse occasioni è stato. Così, ho guardato. Per una volta mi sono messo a guardare. Sia verso l’organizzazione dei DD, ma ancora più verso questo tentativo.
Dopo diversi mesi di lavoro, oggi posso dire che quel tentativo ha trovato ragione di essere, non nella volontà superominica di qualcuno, ma nei fatti, nella struttura stessa del tessuto sociale del Lazio.
C’è un reale bisogno di democrazia e di partecipazione. Non è la farneticazione o la visione anche profetica, ma isolata, di uno solo. No. E’ un bisogno reale. E’ un grido di dolore che si alza dalla società laziale (punta dell’iceberg italiano), dimenticata. Dimenticata come tutti gli italiani onesti, che lavorano, che pensano non solo a se stessi ma anche al bene comune, perché sanno che da lì viene il bene duraturo. Che vogliono pensare al bene dei propri e degli altrui figli. Che pensano al territorio non solo come qualcosa da profanare e sfruttare e possedere, ma come qualcosa di prezioso dove si deve vivere tutti. Che se lo tratti bene ti può dare da campare. A te e ai tuoi cari, che lì devono vivere. Lì hanno la loro sola unica casa e terra. Che non possono essere delocalizzati o trasferiti alle isole Cayman, o su un altro pianeta. Noi e le generazioni future. C’è un bisogno che cresce di opporsi sul serio alla invadente verità televisiva. Alla forza di un potere che non esita a usare qualsiasi mezzo (legale e illegale) pur di affermarsi e autoconfermarsi come sfruttatore di una Italia trattata come merce. Usando le istituzioni per trasformare la legalità a proprio uso e consumo in una serie di norme compiacenti solo verniciate di forma democratica e che gridano vergogna al buon senso e alla giustizia.
La disinvoltura con cui prostitute e trans frequentano i palazzi sacri della res publica come fossero i back stage dei locali a luci rosse, è solo una pallida indicazione, nella spudoratezza, di quanto marcia sia la gestione di tutta la cosa pubblica. Ogni riferimento alla caduta dell’impero romano è lecito.
Così questa lista nata da un reale e faticoso processo aggregativo è un piccolo e robusto fiore nel mare di merda. Gruppi politici che di solito coltivano la propria specificità, i propri simboli, i propri obbiettivi, che hanno i loro leader, hanno in questo caso fatto qualcosa di meraviglioso. Il Partito Umanista, Per il Bene Comune, i Democratici Diretti, Il partito del Sud, Rinnovamento Italiano, la rete dei cittadini per Aprilia, i comitati di cittadini di Cerveteri, Civitavecchia e altri, molti altri, sia singoli che collegati a questo o a quello. Hanno rinunciato a una egoistica speranza di egemonia e hanno cercato ciò che univa.
Abbiamo scoperto che molto ci univa. Molto sia negli obiettivi che nei metodi. Pure eravamo e siamo diversi in molte cose. Ma qualcosa di unico ci unisce. Il più potente degli strumenti organizzativi, capace di far stare assieme anche modelli sociali e obiettivi diversi: la DEMOCRAZIA.
Sì. Al di là di tutto ci unisce l’idea che solo la democrazia ci può salvare. Solo la democrazia vera, quella partecipata, quella diretta. Quella che vede il rispetto di ogni idea e di ogni testa. E non solo al momento delle elezioni, ma sempre. Anzi ancora di più dopo le elezioni. Noi dd abbiamo contribuito dando risposte a molte domande della serie: si la democrazia diretta è bella ma come si fa? Abbiamo sgombrato il campo da falsi miti. Ricondotto a pratica verità, che non esclude la delega ma la tiene sempre sotto controllo (chi legge questo blog, lo può sapere). Abbiamo portato, spero con umiltà, il patrimonio di ricerche e lavoro quotidiano fornendo strumenti e modelli. Altri ne inventeremo assieme. Altri, ne sono sicuro, verranno. La strada è ora tracciata. Potremo anche forse persino non farcela in queste elezioni regionali. Ma cresceremo ogni volta di più fino riprenderci la capacità di gestire al nostra vita, fino a riprenderci la sovranità perduta.