Feb 062011
 

Ora molti vedono l’origine dei mali della nostra democrazia nei partiti.

Se dovessi esprimermi superficialmente, d’impulso, direi che è vero: i partiti si portano grandissime responsabilità della degenerazione del sistema.

Cosa li rende così deleteri? A mio parere perché sono diventati quasi esclusivamente macchine per indurre e raccogliere il consenso elettorale, strumenti per concentrare il potere nelle mani di pochi.

Ma sono sempre stati così? E se lo sono diventati, perché è stato possibile questa involuzione, qualcosa lo ha forse favorito, indotto? Era evitabile questa degenerazione? E siamo sicuri che eliminati i partiti eliminiamo anche il problema? Dico subito che non lo credo.

Andiamo con ordine. Ma che cos’è un partito?

L’art.49 della Costituzione Italiana recita:
<<Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.>>

Questa è una delle due, uniche,  occasioni in tutta la Costituzione, in cui viene citata la parola “partito”. L’altra è all’interno dell’art. 98, per stabilire che si possono porre dei divieti di iscrizione ai partiti per magistrati e funzionari delle forze dell’ordine.

L’art. 49 sancisce una possibilità, un diritto, non un obbligo. Non stabilisce che questo sia l’unico modo attraverso cui si può concorrere, con metodo democratico, a determinare la politica nazionale. Questo sarebbe forse un punto a favore della eliminazione dei partiti. Se ne può fare a meno, costituzionalmente parlando.
Io però tendo a intepretarlo così:
1) Tutti i cittadini possono associarsi liberamente (quindi non è necessaria nè è definita alcuna speciale forma giuridica, i partiti sono libere associazioni, con uno status giuridico pari a quello del club bocciofilo, o degli amici dello scoiattolo rosso)
2) Se il fine di questa associazione è “concorrere a determinare la vita politica nazionale” essa si definisce “partito”.
3) Il metodo che qualsiasi partito deve seguire deve essere democratico.

Per altro non mi risulta neppure che nella Costituzione sia esplicitato in che consista questo metodo democratico. E se penso che sono stati scritti forse migliaia di libri per definire e descrivere cosa sia la democrazia…temo un pò questa mancanza. Se è pur vero che non esiste una definizione univoca accettata, è pernicioso che la Costituzione non si assuma il carico di darne comunque una definizione di riferimento. Gli spazi che lascia alla interpretazione di questo concetto mi preoccupano. Se poi cerco di dedurre il concetto dall’insieme degli articoli della Costittuzione stessa, allora capisco che questa definizione forse non è stata data, proprio perchè la Costituzione Italiana è frutto di mediazioni e circostanze storicamente determinate che ne hanno originato la forma definitiva cercando di contentare capre e cavoli, di fatto lasciando spazi ad ambiguità,  incompletezze, e alcune contraddizioni. Ma di questo scriverò altrove. Comunque quella abbiamo e con tutti i suoi limiti a qualcosa serve, o dovrebbe servire. E soprattutto andrebbe rispettata.

A mio modo di vedere allora, se una associazione di cittadini dichiara di voler concorrere a determinare la politica nazionale, dal punto di vista costituzionale, quella è un partito. A prescindere se denomina sé stessa come partito o movimento o rete o lista civica o altro.
Mi chiedo se debbano essere definiti partiti anche quelli che non dichiarano di voler concorrere alla vita politica, ma poi lo fanno.
Resta il fatto che per la Costituzione Italiana è un diritto associarsi per determinare la politica nazionale.

Come si verifica se i partiti seguono un metodo democratico o no? In realtà anche la natura giuridica labile dei partiti consente l’esistenza di partiti che non applicano affatto un metodo democratico. I partiti persona, i partiti azienda.

E’ la mancanza di questo secondo elemento il primo problema, non l’essere “partito” (cioè cittadini associati che condividono un progetto politico),
La mancanza del metodo democratico è il problema.
I partiti attuali, quelli che sono stati al governo, e la gran parte di quelli che pur non essendoci stati ci vorrebero stare soffrono di carenza di democrazia. Di ademocraziosi: mancanza di vitamina D, anzi DD.
Sono macchine per la conquista e la gestione piramidale del potere.
Costruite, quando va bene, sul principio della delega fino a congresso contrario.
Che assorbono e distribuiscono risorse per mantenere vantaggi per una parte (selezionata) del popolo secondo un criterio piramidale di appartenenza alla associazione: chi sta più in alto ha più vantaggi.
In questi partiti l’organizzazione del metodo decisionale, di gestione delle risorse, delle modalità della partecipazione sono sotto il controllo di pochi e quindi sono strumenti non democratici.

Questi partiti che non concorrono con metodo democratico semplicemente non dovrebbero esistere. Sono simoniaci nel tempio. La costituzione li escluderebbe. Non sono partiti ammessi. Sono fuorilegge. Anticostituzionali.

Che sia chiaro: Non è affatto  inevitabile che una associazione di cittadini che voglia concorrere alla politica nazionale debba farlo accentrando potere e per accentrarne sempre di più. Anzi direi piuttosto che questo dovrebbe, potrebbe, essere impedito , direi proprio vietato. Certamente questo è male. Perchè l’organizzazione piramidale, dove il potere viene delegato senza revocabilità al livello superiore, li mette a rischio (al di là delle intenzioni e dei fini pure anche nobili), di diventare strumenti di potere personale o di casta.  Gli appelli all’uso di forti strutture verticali ( leggasi centralismo democratico) di Giulietto Chiesa, che sembrano avere largo ascolto in Uniti e Diversi, mi fanno perciò rabbirividire. Ma la storia non insegna mai niente?

Il sistema rappresentativo (o meglio: a delega obbligatoria non revocabile prima di cinque anni) svuota la democrazia perché riduce la partecipazione al governo al solo momento delle elezioni. E al solo scopo di cedere la propria sovranità a qualcuno. Delegando per 4 o 5 anni tutto il potere di governare ai soli eletti. Questa situazione è perfetta per chi vuole accumulare potere per sè e usarlo ai propri fini e non per il bene comune. La situazione in Italia poi è stata ulteriormente peggiorata dalla ultima legge elettorale (il cosidetto “porcellum”) che eliminando le preferenze ha tolto ai cittadini anche la possibilità di scegliersi almeno il rappresentante e si può solo scegliere tra un gruppo di potere e un altro. La ormai consueta rimozione anche dell’obbligo di raccogliere un certo numero di firme trai cittadini elettori per presentare le liste elettorali, da parte dei partiti che hanno già rappresntanti nelle istituzioni ha poi garantito il totale e personale controllo dei padroni dei partiti su chi dovrà essere eletto.

Perciò non è che io non voglio i partiti. Non voglio quella immondizia, spacciata per democrazia. Dovunque si sedimenti.

Perchè questo meccanismo di accentramento del potere non sta solo nei partiti della casta, degenerati dalla democrazia finta rappresentativa.
Meccanismi di accentramento possono verificarsi anche (e in alcuni casi di più) in altri tipi di organizzazione. Non solo in quelle che comunemente chiamiamo partiti. Anche in quelle che dicono di non esserlo. Anche in quelle che addirittura dimostrano di non esserlo non avendo uno statuto. O che hanno un non-statuto (ad esempio Grillo e Mov 5 Stelle). Anche queste che dichiarano di non avere struttura definita partito sono a “rischio” di carenza di democrazia. Che democrazia si può costruire a partire dalla presenza di potere enormente accentrato nelle mani di uno solo? E non solo per il carisma, ma anche per proprità dei beni che dovrebbero essere comuni. Come si fa a fare democrazia quando, a scanso di equivoci e rischi, uno solo è il proprietario del nome e del simbolo del movimento e quindi ha tutto il potere solo lui di decidere se e quando usarlo? Grillo, è la versione berlusconiana dell’antipartitismo. Lo stesso vale per Di Pietro (se serve sprecare due parole per citarlo).

L’assenza di struttura definita, di regole esplicite non ganrantisce affatto i diritti dei più deboli, degli umili, di quelli istintivamente rispettosi del diritto altrui. Essi vengono più facilmente trascurati. Il potere allora può venire concentrato dagli individui più carismatici e/o più appariscenti per qualche verso e/o spregiudicati, magari fino alla criminalità.

La democrazia è metodo, regole. Regole esplicite, che proteggono, permettono e garantiscono l’esercizio della sovranità ai membri del popolo.

Se si continua a indicare il male nei partiti si sta solo indicando un effetto e non la causa. La causa è l’accentramento del potere nelle mani di pochi. Se non si mette in evidenza questo, con la semplice richiesta di non avere niente a che fare con i partiti della casta (o anche solo vecchi, o sempicmente già esistenti) o addirittura di eliminare i partiti,  ammesso anche di riuscirci, si rischia di cambiare tutto perché nulla cambi

In defintiva, alla luce di quanto sopra, io credo che i Democratici Diretti siano uno dei pochi,  forse l’unico, partito vero. Perché il loro metodo è genuinamente democratico. E il loro scopo è mantenere il controllo del governo nelle mani dei cittadini, non del partito. Neanche se quel “partito” è il nostro. Noi esistiamo col fine di riportare nelle mani del cittadino il potere, che in democrazia, è suo. E lo fanno coerentemente anche al proprio interno. Mantenendo il controllo della loro organizzazione nelle mani degli iscritti, non dei segretari o presidenti o leader riconosciuti. Pur avendo ruoli, incarichi e deleghe essi sono mantenuti sotto il controllo degli iscritti attraverso meccanismi obbligatori di trasparenza e di revocabilità in ogni momento. E questo è stabilito da statuto e regolamenti trasparenti e quanto più possibile chiari. Nonchè da pratiche rispettose degli stessi.

Perciò, per quanto mi riguarda, (e credo anche per quanto riguarda tutti i membri dei DD) il punto non è nemmeno no alle alleanze con i partiti della casta (anche se questo è un inevitabile corollario del teorema) ma no ad alcuna forma di organizzazione che espropri i suoi membri del potere di governo della stessa. E no a qualsiasi presentazione alle elezioni  che sia finalizzato a gestire il consenso sottraendolo ai legittimi proprietari. Noi siamo disposti a lottare solo al fine di dare ai cittadini la possibilità di mantenere il loro potere democratico oltre il momento del singolo voto. I modello è quello (ormai noto a chi mi legge) della Lista Partecipata. Ed è per questo che noi appoggiamo e contribuiamo all’esistenza della RETE DEI CITTADINI che ha fatto proprio quel modello. Non appoggeremo soggetti politici connotati diversamente. Ne fuori nè dentro ne di fianco ai partiti o movimenti più o meno autodefinitisi anticasta.

Ott 202010
 

Un seminario.
Data: 16 ottobre 2010
Luogo: Quartiere di San Salvario, Torino
Modalità: per relazioni
Durata: 270 minuti . 14.30 – 19.00
Numero relatori: 8
Numero partecipanti: 80 + (72 in platea e 8 relatori)
Tempo dedicato alle relazioni (prima e seconda passata: maggiore di 200 minuti
Tempo dedicato agli interventi di tutti i partecipanti: minore di 70 minuti

Uno non è che deve sempre chiedere la democrazia in ogni circostanza ma se vuole fondare un nuovo soggetto politico con tutti i partecipanti, bisognerà che si pensi a una organizzazione della discussione tra TUTTI i partecipanti di tipo diverso da quella del “seminario”.

Appena arrivato nella bella sede (ex casa del bagno pubblico) ho visto le sedie organizzate con lo schieramento classico: 8 o 10 sedie dietro a un lungo tavolo che fronteggia la platea… con le sedie del pubblico in ordinate file successive… Ogni volta l’immagine che mi sale alla mente è quella dei congressi sovietici che portavano ai massimi livelli questo concetto di distribuzione della collocazione fisica dei partecipanti.

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Mar 242010
 

La prima domanda che ci viene fatta dai giornalisti (quando bontà loro si degnano di notare che esistiamo) è : dove vi collocate? Siete a destra o siete a sinistra?

La prima volta che me la sono sentita rivolgere è stato alle 8 e trenta del mattino, davanti alla corte d’Appello in attesa degli amici con i pacchi delle firme e la documentazione da consegnare alla cancelleria.

Alla mia risposta di “nè di destra nè di sinistra”, il giornalista con un lampo di genio incalzò: “siete di centro!”. Provai a scuotere le sue certezze rispondendo nè di destra, nè di sinistra, nè centro. Lui non si diede per vinto: “Ma su, via, alla fine tutti si schierano; qualcuno poi dovrete appoggiare, voi dove vi mettete?”. Risposi che noi stavamo definendo una nuova entità dello spazio-politico. E che quindi ci mettevamo in alto. E la discussione finì lì, con l’impressione che il giornalista, protervo, pensasse che solo non ci volevamo “sbottonare”. L’arrivo degli amici, lo salvò dalla concione che mi apprestavo a erogargli, e che non risparmierò a voi.

Questa continua forzatura nel volerci incasellare da qualche parte, mostra l’intensità del condizionamento mentale cui ci hanno sottoposto da decenni. Oserei dire da sempre. E, forse, e dico forse, una volta, aveva anche ragion d’essere.

Di questo condizionamento sembrano soffrire specialmente quelli che proprio si identificano nella destra e nella sinistra, e ancor più in chi si dichiara fascista o comunista. A volte questo si traduce bell’identificarci col “nemico” della parte avversa. Qualche volta nel compagno o camerata, magari un pò diverso e “immaturo”, e che deve essere educato alla giusta linea.

Ogni cittadino e ogni forza politica è libero di dare le proprie interpretazioni, anche le più fantasiose, di quello che è la Rete Dei Cittadini, delle sue posizioni politiche e della sua collocazione  (destra, sinistra, centro…).

Ma la prima delle novità che noi rappresentiamo è proprio il fatto che noi abbiamo rinunciato alle appartenenze ideologiche per dare valore alla coscienza e giudizio individuale.

La Rete Dei Cittadini non si fa ingabbiare sotto nessuna di quelle etichette. Noi siamo aperti alla partecipazione e collaborazione di chiunque, venga come CITTADINO. Questa è l’unica connotazione che richiediamo e sosteniamo. Come cittadini rifiutiamo il logoro gioco delle appartenenze. Sono trappole per conculcare la nostra prerogativa di cittadino, membri del popolo cui spetta la sovranità. Sovranità che finalmente noi tutti vogliamo praticare e non subire. Noi siamo individui, politicamente e mentalmente liberi da bandiere ideologiche.

L’unica appartenenza che nella RDC riconosciamo è l’essere democratici. Democratici senza se e senza ma. Per questo non possiamo, come gruppo politico, guardare a (o tanto meno collaborare con) nessuno degli schieramenti esistenti e non guardiamo a nessuna delle forze poiltiche esistenti che non riconoscano al cittadino il diritto all’autogoverno, al di là delle sue convinzioni politiche, religiose, filosofiche, qualunque esse siano.

Siamo stufi di dover votare col naso turato. Per poi essere totalmente dimenticati. Vogliamo contare sempre. Vogliamo scegliere come votare sulle singole leggi, come individui. Che hanno a volte anche idee diverse e quindi anche vogliono esprimere un voto diverso.

Non deleghiamo a nessuno la nostra coscienza e il nostro indivduale giudizio su nessuna questione.

Noi abbiamo trovato come realizzare questo. Sappiano i cittadini che voteranno la Rete:

1) che i nostri candidati sono interpretati come strumenti per esprimere la volontà dei cittadini che la sostengono e per ampliare al massimo la trasparenza delle istituzioni riportando a tutti i cittadini (sostenitori e no) tutto ciò che sarà a loro noto.

2) che i cittadini sostenitori della Rete dei Cittadini decideranno ogni volta quale dovrà essere il voto espresso dal loro rappresentante, su ogni questione all’odg. Ogni volta che sarà possibile.

3) che i rappresentanti della RDC esprimeranno  le loro posizioni e voti in conformità e in proporzione alla diverse posizioni presenti nella rete
E i cittadini sostenitori della Rete, lo faranno via internet e con assemblee periodiche.

Invito, tutti i cittadini che vogliono riprendersi il diritto di decidere non solo alle elezioni ma durante tutto l’arco della legislatura ad aderire esplicitamente alla Rete Dei Cittadini. Oggi è possibile iscriversi con poche formalità. Dopo le elezioni, per evitare l’assalto di possibili truppe cammellate e infiltrazioni, ciò sarà possibile dopo adeguate verifiche e col consenso di chi ne è già parte.

Non ci interessano comunismo e fascismo. Chi viene con noi può anche autodefinirsi comunista o fascista o quello che gli pare. A noi interessa che dichiari di accettare le regole democratiche del nostro statuto. E che le rispetti. Allora sarà accolto come cittadino tra cittadini, senza altri aggettivi.

Mar 192010
 

Finalmente, nei ritagli di tempo rimasti, ho scritto queste considerazioni sulla fase e su quello che sta succedendo. Dall’ultimo mio post, infatti, sono stato travolto dagli impegni e dagli eventi. I problemi sono enormi e meriterebbero ben più di questo articoletto, che pure so qualcuno troverà lungo ugualmente. Ognuno dei seguenti capitoletti meriterebbe un libro. Ma lo stesso, anche se sinteticamente, ho voluto scrivere questo che considero assolutamente importante, e che tratteggia ciò che credo dovrebbe esserci da guida nella nostra azione.

I compiti, le sfide e le responsabilità della Rete dei Cittadini nella situazione attuale.

1) I partiti della “casta” sono in difficoltà.

–Da un parte, sta crollando il castello berlusconiano. La manipolazione mediatica non basta più. Il metodo della vendita della propria immagine come salvatore della patria, difensore della sicurezza del presente e portatore di speranza per il futuro, senza un reale riscontro, mostra la corda. Il giocattolo si sta rompendo.

La Vanna Marchi della politica italiana non può vendere chili di inutile crema all’infinito. Prima o poi la speranza di dimagrire, il desiderio, la disponibilità ad illudersi a voler credere che esista una soluzione “miracolistica”, facile, esterna, cui gli esseri umani sembrano essere inclini, non basta più. Si cede. Ci si disillude. L’illusione della soluzione salvifica o paternalistica dei problemi di sopravvivenza quotidiana, si scontra contro la realtà del peggioramento delle condizioni generali di vita e in generale di tutti problemi di questa Italia in decadenza.

Berlusconi, di fronte alle sfide che i tempi impongono, offre eternamente solo sè stesso, e ripete lo stesso refrain. E in realtà cura solo i propri interessi. La vendita di un prodotto inesistente, comincia a non funzionare più. La gente se ne sta accorgendo. E se ne stanno accorgendo anche i suoi alleati. Questo ha generato e genera crisi interne, di cui le difficoltà delle liste in Lombardia e nel Lazio sono sintomo. Altro che panini ed errori burocratici.

–Dall’altra parte, una “opposizione” che è sempre più chiaro che è sostanzialmente finta. Solo l’altra faccia con cui “la bestia” mantiene il potere, il controllo sull’economia e particolarmente sul suo strumento principale che è la moneta.Come nei film di genere dove c’è il poliziotto che fa il cattivo, e l’altro che fa il buono, ma entrambi hanno lo stesso scopo, così Destra Sinistra sono, rispetto agli scopi del controllo della società.

Dalla famosa scesa in campo a reti unificate del 1994 dell’amico di Craxi, piduista e padrone di mediaset, la sinistra, più volte al governo, avrebbe avuto modo di mettere in atto efficaci contromisure. Invece una serie infinita di promesse e di intenti sono stati puntualmente disattesi. Cito solo la legge sul conflitto di interessi, il ritorno alla legalità di rete4, il rispetto delle norme antitrust italiane ed europee sull’informazione e la pubblicità, la limitazione e controllo dei finanziamenti pubblici ai servizi privati – scuole, sanità, …, la legislazione sul falso in bilancio, la legislazione elettorale con l’eliminazione delle preferenze…(che segna il punto più basso mai raggiunto dalla democrazia italiana). Nulla di tutto questo.

Quando è all’opposizione la Sinistra grida allo scandalo, poi invece, ogni volta che la Sinistra è andata al governo, nessuna azione conseguente. Quasi che non volesse ostacolare realmente un rapido ritorno di Berlusconi. Si è limitata alla gestione di bassissimo profilo del quotidiano. Disattendendo puntualmente i proclami e i programmi che copiosamente ha prodotto. Valga per tutte la vicenda dell’indulto, primo (dicasi primo) provvedimento preso, ma mai neppure citato nelle 281 pagine di programma dell’ulivo.

Oggi la Sinistra non ha alcun progetto di lungo periodo, alcuna strategia per il futuro. Di fronte alle sfide dei cambiamenti globali che investono l’italia. Senza una idea di futuro, quando sono al governo si litigano l’osso. Non c’è più neanche la “fede” social-comunista a tenere insieme. Quella parte di popolo che guarda a Sinistra si guarda intorno disorientata. Li tiene insieme il richiamo all’antiberlusconismo. Ma anche qui non si può gridare sempre al lupo al lupo e poi, quando il lupo c’è, lasciarlo passare. Anche questo alla lunga non funziona più. Questo popolo adesso è più che mai solo, e senza riferimenti.

In tutto ciò, il centro (con la c minuscola di casini) va cercando forni in cui cuocere il proprio pane. Si aggirano, come certi cortigiani sostanzialmente imbelli, a volte adulando e a volte tramando verso il principe di turno. Ma incapaci e senza nè idee nè capacità, nè coraggio, per ambire ad esserlo anche loro.

L’Italia merita altro. Ha bisogno di ben altro.

2) Noi abbiamo grandi responsabilità.

Questo popolo, questi cittadini senza più certezze e illusioni sono potenzialmente pronti a capire la verità. Ma sono anche suscettibili di disperazione e/o ritiro in se stessi. La ricerca di soluzioni nella disperazione può condurre a scelte violente. Oppure alla depressione o all’individualismo nichilista o edonista. Un popolo senza speranze, senza certezza di diritto e visione di futuro, senza una prospettiva, una meta, è un popolo in pericolo. Viene meno uno dei capisaldi della coesione gruppale, e il rischio della disgregazione è reale. In questa situazione la prospettiva di svolte autoritarie e apertamente repressive non è pura fantasia.

Io sento che noi della rete dei Cittadini, abbiamo grandi responsabilità. A quel popolo in sofferenza, disilluso e disorientato, noi dobbiamo offrire una chiave di lettura di ciò che sta succedendo e una prospettiva di futuro positivo possibile. Non solo che illumini sulla vera natura delle difficoltà della nostra repubblica, non solo che contenga soluzioni ai problemi di fondo che generano quelle difficoltà, ma anche una strategia di ampio respiro, di lungo periodo che dispieghi le grandi potenzialità che pure il nostro paese ha.

3) La natura del problema

Il problema di fondo delle istituzioni democratiche: la perdita della sovranità popolare.

In questo quadro noi, piccoli e oscuri cittadini, ma espressione naturale del ribollire di ansia partecipativa, del desiderio di opporsi alla deriva, portatori della cultura della semplicità e della verità, che è senza etichette, abbiamo capito. Abbiamo capito da un pezzo.
Abbiamo visto che il re è nudo:
– Non ci sono salvatori della patria. Non ci possono essere. Chi si propone così è un ingannatore. Quello che vuole è potere per sè.
– Le bandiere, anche le più belle e gloriose, sono solo usate, attraverso la paura del nemico e il senso di appartenenza, per spingerti alla rassegnazione del voto col naso turato.

Il risultato di questa pseudo-lotta tra pseudo-fazioni infatti è:
– la perdità di sovranità del popolo;
– la perdita della capacità di discriminare con animo sereno e testa sgombra, ciò che è buono, da ciò che non lo è indipendentemente da chi te lo propone.

Il problema di fondo della economia: la decadenza del “villaggio Italia” nella globalizzazione.

La globalizzazione dell’economia ha profondamente trasformato il mercato e i rapporti di forza tra le nazioni. Regioni del mondo, per secoli marginalizzate, sono entrate con la forza dei loro numeri enormi nel sistema mondiale di produzione e scambio. E questa tendenza è destinata a consolidarsi e ampliarsi. L’Italia è una piccola nazione. Lo sviluppo della nostra economia è stato centrato sulla trasformazione di materie prime (di provenienza quasi interamente estera) in prodotti per il mercato interno e per l’esportazione. Questo oggi è saltato. Dobbiamo prenderne atto.

Non è possibile pensare a una MIOPE politica di indistinti pannicelli caldi a sostegno di questa o quella industria di trasformazione, o peggio delle varie consorterie e cosche vincenti. Va invece individuata una strategia che produca benessere all’interno di un quadro dove l’Italia non può più connotarsi come una semplice nazione trasformatrice di beni di base.

4) La soluzione al problema di fondo delle istituzioni: La democrazia diretta. Il consigliere partecipato come attuale e praticabile soluzione alla perdità di sovranità.

Chi riesce a mantenere o riconquistare la capacità di discriminare, sa che cose buone e cose cattive possono provenire anche da parti opposte. Ciò che conta non è se vengono da destra o da sinistra, ma appunto se pensi che siano buone o cattive. Ciò che conta è mantenere voce in capitolo sulle decisioni che riguardano la res publica. Perché la direzione è il bene comune, non la vittoria di una delle pseudo-fazioni. E cosa è il bene comune lo devono decidere i cittadini, come singoli, non come membri di due schieramenti disciplinati dalla paura o dalle illusioni. Lo devono decidere i SINGOLI cittadini e non i rappresentanti eletti con un sistema che ti obbliga invece a cedere tutto il tuo potere senza poi più poter dire quasi nulla, fino alle prossime elezioni. Ciascuno di noi, della Rete dei Cittadini, ha aperto gli occhi sullo sfacelo.

Noi siamo passati dalla disillusione alla speranza, dal disorientamento alla certezza che, per l’Italia, un altra via è possibile e che occorra un altro mezzo di locomozione. Perchè per arrivare al bene comune è necessario dispiegare finalmente la vela della democrazia finita nella sentina dei cabinati di lusso. La VERA DEMOCRAZIA. Quella che lascia sempre l’ultima parola al popolo. Non quella che lascia il timone al rappresentante senza che tu possa più fermarlo, nemmeno se ti sta chiaramente portando verso la scogliera o usa la nave per i propri affari o trasportarci le amichette invece che le risorse per sopravvivere sereni.

Non c’è democrazia in italia. C’è solo il VOTO. Quello è l’unico strumento attraverso cui il cittadino può usare quel che resta della propria sovranità. Per questo, oggi, noi abbiamo scelto di competere sul terreno delle elezioni contro la casta. Ma questo sistema elettorale di creazione della rappresentanza che ha condotto al dominio politico della casta dei partiti non può andare bene anche per noi.

Per non ri-creare gli effetti perversi della delega senza controllo e revocabilità per cinque anni, abbiamo fatto nostro il metodo della lista partecipata, che impone ai rappresentanti eletti, per scelta, per impegno politico solenne, di essere strumento della volontà dei cittadini durante tutto l’arco della legislatura. Essi si impegnano a votare su ogni singola questione in votazione in Consiglio Regionale secondo quanto verrà di volta in volta specificatamente deciso dai cittadini. E abbiamo chiesto ai candidati di accettare addirittura di dimettersi da consigliere se i cittadini glielo chiederanno. A supporto di questo abbiamo firmato sia l’impegno che una lettera di dimissioni in bianco, consegnati al presidente della Rete dei Cittadini. Non è secondario che il presidente NON sia anche esso un candidato, ma anche esso espressione-strumento tecnico dei cittadini.

Ma in futuro, il nostro obiettivo deve essere più ambizioso. I problemi di cui ho accennato sopra, non si risolvono a livello ragionale ma nazionale. Ciò implica Il completamento e la realizzazione della parte prima della costituzione che può essere compiuta  attraverso alcune sostanziali modifiche della seconda parte, nel senso dell’introduzione di reali strumenti di democrazia diretta.
Primo fra tutti il referendum deliberativo senza quorum. Con l’innesco di un processo che porti a considerare il governo come qualcosa che è sempre sotto la responsabilità ultima e costante del cittadino. Un modello istituzionale di tipo svizzero può essere un buon riferimento, anche se noi dobbimao trovare la nostra via. L’ampliamento del vero federalismo che è solidale, un altro. Su questo occorrerà approfondire l’analisi e le proposte, i cui dettagli qui non accenno.

5) La soluzione al problema di fondo dell’economia globalizzata: Innovazione, ricerca, cultura, risorse ambientali e mercati di nicchia

In un ottica globale l’italia è un vllaggio che può sopravvivere, e anche molto bene, se prende coscienza dei suoi punti di forza e di debolezza.

Una cosa è chiara: Non possiamo competere a livello delle pure produzioni di massa. Una piccola nazione puà competere e sopravvivere se è capace di produrre idee e innovazione. Idee e innovazione non dipendono dalla vastità del mercato, ma dagli investimenti in istruzione, ricerca e cultura, nonchè dalla qualità delle risorse umane, che agli italiani non manca. Questa è per me, la prima priorità. Dovremmo diventare la prima nazione per produzione di cultura e innovazione.

Una piccola nazione non può competere per ampiezza della forza lavoro o del mercato interno, ma può competere sul terreno della appetibilità di se stessa. Anzi, questo è proprio più praticabile in piccole nazioni piuttosto che grandi. L’italia possiede un patrimonio ambientale ancora invidiabile. Se fermassimo i guasti prodotti dalla passate e scellerate politiche di scempio e anzi ci nuovessimo nell’ottica del recupero dell’armonia ambientale, oltre a sostenere un mercato interno, oltre a vivere in un ambiente decisamente migliore e aumentare la qualità della nostra vita e salute, conserveremmo e svilupperemmo un patrimonio importante e appetibile al mercato turistico. L’italia posside il 70% dei beni artistici e archeologici mondiali. Di questo è fruibile si e no il 30%. Dobbiamo innovare e inventare anche su questo terreno. Ciò che viene ammirato nel mondo è la nostra cultura. Noi siamo il paese dai mille campanili, il paese dalle mille cucine, tradizioni, fantasie. Questo è stato spesso un ostacolo alla creazione di un senso nazionale, può invece diventare una delle nostre principali risorse. La varietà dell’offerta.

Fino al 2001 siamo stati il quarto mercato turistico mondiale. Da allora siamo costantemente scesi negli investimenti e nelle previsioni. Invece possiamo e dobbiamo diventare il primo. E se non il primo comunque detenerne una quota più che sufficiente a generare ricchezza e benessere ampio per ilnostro villaggio.

Inoltre se è vero che non possiamo competere a livello di forza lavoro e mercati di massa, possiamo benissimo farlo nei mercati di nicchia. Un mercato di nicchia nell’ottica globale planetaria, può essere invece per il villagio Italia un mercato sufficientemente vasto e più che sufficiente a generare vera ricchezza. Lo sviluppo di attività produttive di piccola e media industria e artigianali di altissima qualità e specializzazione sarebbe più facilmente compatibile con la protezione e difesa del territorio e generatore di benessere. Ovviamente non si tratta di dismettere quelle attività sul mercato di massa che riescono nonostante tutto ad affermarsi. Solo si tratta di capire che quelle NON possono essere LA soluzione al problema, anche in un ottica di produzione di benessere che non sia solo degli azionisti delle multinazionali. Quelle, infatti, hanno sede in Italia, ma tutto il resto è prevalentemente, e giustamente, sparso per il mondo. E la ricchezza e l’occupazione che producono anche. Che sia chiaro: L’occupazione e il benessere in Italia non sono portati dalle imprese di produzione di massa. Non Più. L’unico mercato di massa nel quale si può sperare di competere potrebbe essere quello ad alto contenuto innovativo, ma allora appunto, la priorità torna alla ricerca e alla cultura.

Tutto ciò va affiancato a un controllo diretto del principale strumento economico che è la moneta. Non è possibile fare quanto sopra con una moneta in mano alle banche private, sotto il ricatto e l’usura del signoraggio privato. La proprietà pubblica della moneta è fondamentale.

Ecco, per quanto difficile, e ambizioso, questo è quello che dovrebbe esserci al fondo della nostra azione come rete dei cittadini. Ciò che è nato, oggi solo a livello regionale, è per me soltanto l’anticamera di ciò che dovrà essere a livello nazionale. Vadano come vadano queste elezioni.

Mar 092010
 

La Rete dei Cittadini ha emesso un comunicato con cui ci dichiariamo contrari al rinvio delle elezioni. E’ la sola posizione sensata e rispettosa dello stato di diritto e della costituzione che si possa sostenere.

Piuttosto, la cosiddetta opposizione, la pianti di volersi accreditare come difensora della costituzione di giorno, mentre le scava sotto i piedi di notte. Che cosa è la richiesta di rimandare le elezioni (avanzata da Bonino, Pannella, D’Alema…) se non un vulnus allo Stato di Diritto poiché non si accettano le sentenze di vari gradi di giudizio dei tribunali, dopo che le si è attese? Quindi: se avessero detto si, andava bene; mentre avendo detto no, non più. Allora che li facciamo a fare i processi e perchè aspettare i giudizi?

Berlusconi ha fatto scuola.

L’ipocrisia la fa da padrona. Alla cosidetta Destra e alla cosiddetta Sinistra e al cosiddetto Centro. Non ho neanche voglia, nè credo ci sia bisogno di spiegare. È sotto gli occhi di milioni di Italiani. Fulgido esempio di ciò è la Bonino, che si fa paladina della difesa dalle discriminazioni tra le liste, quando quello che proponeva era una discriminazione ancora peggiore (la proposta di eliminare l’obbligo della raccolta firme per i partiti che sono già rappresentati in parlamento). La piantino i radicali di farsi difensori militanti della legalità. Lascino, per favore, che lo facciano i carabinieri e i giudici. Si limitino, per favore, a rispettare le leggi anche loro. Se poi i cittadini non li supportano con le firme, vuol dire che non li vogliono. E basta. E dove sta la par condicio anche per noi? Che vale solo per loro?

Sulle posizioni del PDL in merito alla farsa della mancata presentazione,  e sulla tragedia di un governo che usa delle funzioni pubbliche per farsi gli affari privati e non pagare il fio dei propri errori e colpe non c’è bisogno di dire altro. E’ assodato  che quel governo sta li per questo. Dobbiamo solo liberarcene. Liberarcene al più presto. Senza mettere gli altri della stessa pasta, ma solo meno sfrontati, al loro posto.
Noi siamo per la legalità. Noi non abbiamo bisogno di, nè vogliamo, sanatorie. NOI, siamo già nella legalità.  Non siamo esportatori di capitali. Non abbiamo bisogno di condoni e non li vogliamo. Non siamo criminali e non abbiamo problemi con la giustizia (finché l’onestà non verrà essa stessa dichiarata reato) e non abbiamo bisogno di indulti e non li vogliamo. Non siamo costruttori abusivi, e non vogliamo continue sanatorie. Non siamo falsificatori di firme e manipolatori di documenti e non vogliamo “soluzioni” illegali alla illegalità precedente.

Si, io sono contento che la giustizia faccia semplicemente il suo corso. Sono felice che il PDL sia escluso perchè non ha rispettato la legge.

Ripeto noi siamo già nella legalità. Mi spiace , non per il PDL, ma per i cittadini, che anche sbagliando, saranno privi della loro rappresentanza che credono giusta per loro. Ma questo dovrebbe piuttosto  insegnare loro a scegliere meglio chi li rappresenta. Non una banda di affaristi che si mangiano tra loro a costo di sfracellarsi.
Eppure, se vinceremo,  noi daremo modo loro di avere comunque la possibilità di esprimere la loro volontà.
Anzi sarebbe meglio per loro. Perchè potrebbero utilizzare il referendum deliberativo e realizzarla sul serio la loro volontà, che invece viene conculcata dai loro stessi rappresentanti, che spesso, molto spesso, hanno tradito anche, e direi soprattutto loro, che li hanno votati.

Per questo non sarò con gli ipocriti in piazza, contro gli ipocriti al governo.