Nov 052010
 

Io non ho niente in contrario, non avrei alcun problema a fare parte di una organizzazione politica che ovviamente avendo uno statuto dd, si chiamasse “Democrazia Diretta e Sovranità Monetaria”.

Come per altro molti altri nomi: “Per il bene comune”, “Sovranità Popolare”, “Rete dei Cittadini”, “Lista Partecipata”, “Officina Democrazia”, persino PRIMIT, o Partito DD Socialista, o dd Fascista… però ho diritto anche io alle mie preferenze.
E alcuni nomi mi sembrano più giusti di altri.

Perciò se mai un membro dei Democratici Diretti dovesse proporre di chiamarci “Democrazia Diretta e Sovranità Monetaria”, per quanto mi riguarda riconoscerei la consonanza dei termini usati. Inoltre potrei “markettaramente” intravedere la motivazione che il termine “Sovranità Monetaria” ha una notevole diffusione tra gli esterni ai partiti noti, (e così anche quelli che non sono dd magari potrebbero prenderci in considerazione per il loro voto). Tuttavia io non voterei a favore di cambiarlo. Ma non mi sentirei così manchevole o eccedente di qualcosa, nel caso tale proposta fosse approvata.

D’altra parte ho la definitiva determinazione a usare tutto il potere politico che riusciamo a riprenderci per combattere il signoraggio privato.

Insomma è il mio primo punto del “programma” personale relativo al potere economico e di sicuro lo vorrei come primo punto di un programma o di decisioni da prendere per una lista basata sui principi della dd. (1)

Detto quanto sopra, se qualcuno non dovesse partecipare perchè non si garantisce questo o quello, oltre che la ricerca rigorosa della democrazia diretta, allora qualcosa non va…
o della nostra comunicazione e/o nella idea di democrazia che c’è nelle teste di chi vuole “garanzie”, “sicurezze”… sui specifici obiettivi, per quanto fondamentali e prioritari possano essere.

Evitare la piramide delle esclusioni.

Se si ritiene/richiede che qualcosa venga inserito come pietra fondante, e quindi la più largamente condivisa (idealmente dall’unanimità), il risultato, di solito, è l’inserimento di un altro criterio di esclusione o di sè stessi (andandosene qualora la maggioranza in quel momento non fosse a favore), o l’esclusione degli altri (espellendo chi non si adegua o assistendo all’andata via degli autoescludentisi).

Perciò i “paletti” fondanti devono essere pochi.

Se poi si dice che la democrazia è una cosa buona perchè è l’unico mezzo con cui si può veramente realizzare il proprio obiettivo specifico più o meno di vasta portata (signoraggio, ….) ma che però la democrazia da sola non basta, allora bisogna riconoscere che se la democrazia non è il fine ultimo è tuttavia il mezzo politico necessario.

Se non è così, beh allora forse abbiamo idee diverse di cos’è la democrazia, perchè la democrazia appartiene ugualmente anche a quelli che non vogliono lo stesso obiettivo nostro, i quali riconoscono anche essi che appartiene non solo a loro ma anche ugualmente a noi.

Qui sta per me l’essenza della democrazia. Per vincere democraticamente occorre che la maggioranza degli italiani vogliano vincere. Dove vincere sta per riprendersi la sovranità politica di tutta la res publica.

Un altro punto per cui sono contro la rigidità di obiettivi non di metodo democratico, è che le rigidità maggiori di una sono alla base della loro crescita, La rigidità degli schemi mentali è una delle basi del controllo inevitabilmente utilizzato piramidalmente. Il contrario della piramide non è la piramide rovesciata, anche se come significante funziona.
E poi la piramide poverina non ha colpa. Anzi la piramide ha preziose virtù. E’ il potere la questione. Non la forma geometrica.

La dicotomia piramide-piramiderovesciata si rappresenta meglio forse con la coppia verticalità-orizzonatalità.
Forse anche con privilegi-pari opportunità. E si può continuare.

La cosa sicura è non imporre altro più che il metodo.
Appunto quello costituito dal seguire un metodo democratico (diretto).

Se invece riconosciamo il valore di metodo basale della democrazia diretta, ma tuttavia riteniamo una certa altra cosa così importante, essenziale, perchè pretendere che la debbano sposare tutti come fosse un metodo, se non lo è? L’importante è che quella cosa sia votata e si faccia. E per farla basta un metodo democratico e una maggioranza semplice. Perchè pretendere che sia messa alla base tanto da renderla dipendente dalla adesione a quella da parte di tutti?

E alla fine interrogarsi.
Ma veramente sono disposto a correre il rischio della democrazia?

(1)Cosa siano i principi dd per me, lo trovate descritto nello statuto dei DD.

Mar 292010
 

mun XVIII seggio 1743.

Dopo essermi accreditato regolarmente alle 16.00 di sabato. Tutta la domenica sono stato presso il mio seggio.

Oggi, all’arrivo al seggio, il presidente mi dice che mi deve parlare e mi porta nel corridoio per parlare più tranquilli.

Mi dice che altri rappresentanti di lista si sono lamentati che io sosto nel seggio.

Mi meraviglio e rispondo che forse allora non conoscono la legge perché io ho diritto a stare nella stanza delle votazioni e a indossare una fascia o altro distintivo della mia lista elettorale.

Il presidente insiste e mi dice che per quieto vivere, visto che il suo compito è fare in modo che non c siano problemi di sorta nello svolgimento delle votazioni… Mi dice che “sostare” non è la stessa cosa di “stare” o avere accesso e quindi se posso non “sostare” o stare seduto sulla sedia. Io ho preso infatti una delle sedie presenti nell’aula e dopo aver chiesto dove potevo metterla e avendo ricevuto indicazione. me ne stavo seduto su di quella, in disparte, durante le votazioni, scambiando ogni tanto due parole con gli scrutatori quando non c’erano elettori.

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Mar 242010
 

La prima domanda che ci viene fatta dai giornalisti (quando bontà loro si degnano di notare che esistiamo) è : dove vi collocate? Siete a destra o siete a sinistra?

La prima volta che me la sono sentita rivolgere è stato alle 8 e trenta del mattino, davanti alla corte d’Appello in attesa degli amici con i pacchi delle firme e la documentazione da consegnare alla cancelleria.

Alla mia risposta di “nè di destra nè di sinistra”, il giornalista con un lampo di genio incalzò: “siete di centro!”. Provai a scuotere le sue certezze rispondendo nè di destra, nè di sinistra, nè centro. Lui non si diede per vinto: “Ma su, via, alla fine tutti si schierano; qualcuno poi dovrete appoggiare, voi dove vi mettete?”. Risposi che noi stavamo definendo una nuova entità dello spazio-politico. E che quindi ci mettevamo in alto. E la discussione finì lì, con l’impressione che il giornalista, protervo, pensasse che solo non ci volevamo “sbottonare”. L’arrivo degli amici, lo salvò dalla concione che mi apprestavo a erogargli, e che non risparmierò a voi.

Questa continua forzatura nel volerci incasellare da qualche parte, mostra l’intensità del condizionamento mentale cui ci hanno sottoposto da decenni. Oserei dire da sempre. E, forse, e dico forse, una volta, aveva anche ragion d’essere.

Di questo condizionamento sembrano soffrire specialmente quelli che proprio si identificano nella destra e nella sinistra, e ancor più in chi si dichiara fascista o comunista. A volte questo si traduce bell’identificarci col “nemico” della parte avversa. Qualche volta nel compagno o camerata, magari un pò diverso e “immaturo”, e che deve essere educato alla giusta linea.

Ogni cittadino e ogni forza politica è libero di dare le proprie interpretazioni, anche le più fantasiose, di quello che è la Rete Dei Cittadini, delle sue posizioni politiche e della sua collocazione  (destra, sinistra, centro…).

Ma la prima delle novità che noi rappresentiamo è proprio il fatto che noi abbiamo rinunciato alle appartenenze ideologiche per dare valore alla coscienza e giudizio individuale.

La Rete Dei Cittadini non si fa ingabbiare sotto nessuna di quelle etichette. Noi siamo aperti alla partecipazione e collaborazione di chiunque, venga come CITTADINO. Questa è l’unica connotazione che richiediamo e sosteniamo. Come cittadini rifiutiamo il logoro gioco delle appartenenze. Sono trappole per conculcare la nostra prerogativa di cittadino, membri del popolo cui spetta la sovranità. Sovranità che finalmente noi tutti vogliamo praticare e non subire. Noi siamo individui, politicamente e mentalmente liberi da bandiere ideologiche.

L’unica appartenenza che nella RDC riconosciamo è l’essere democratici. Democratici senza se e senza ma. Per questo non possiamo, come gruppo politico, guardare a (o tanto meno collaborare con) nessuno degli schieramenti esistenti e non guardiamo a nessuna delle forze poiltiche esistenti che non riconoscano al cittadino il diritto all’autogoverno, al di là delle sue convinzioni politiche, religiose, filosofiche, qualunque esse siano.

Siamo stufi di dover votare col naso turato. Per poi essere totalmente dimenticati. Vogliamo contare sempre. Vogliamo scegliere come votare sulle singole leggi, come individui. Che hanno a volte anche idee diverse e quindi anche vogliono esprimere un voto diverso.

Non deleghiamo a nessuno la nostra coscienza e il nostro indivduale giudizio su nessuna questione.

Noi abbiamo trovato come realizzare questo. Sappiano i cittadini che voteranno la Rete:

1) che i nostri candidati sono interpretati come strumenti per esprimere la volontà dei cittadini che la sostengono e per ampliare al massimo la trasparenza delle istituzioni riportando a tutti i cittadini (sostenitori e no) tutto ciò che sarà a loro noto.

2) che i cittadini sostenitori della Rete dei Cittadini decideranno ogni volta quale dovrà essere il voto espresso dal loro rappresentante, su ogni questione all’odg. Ogni volta che sarà possibile.

3) che i rappresentanti della RDC esprimeranno  le loro posizioni e voti in conformità e in proporzione alla diverse posizioni presenti nella rete
E i cittadini sostenitori della Rete, lo faranno via internet e con assemblee periodiche.

Invito, tutti i cittadini che vogliono riprendersi il diritto di decidere non solo alle elezioni ma durante tutto l’arco della legislatura ad aderire esplicitamente alla Rete Dei Cittadini. Oggi è possibile iscriversi con poche formalità. Dopo le elezioni, per evitare l’assalto di possibili truppe cammellate e infiltrazioni, ciò sarà possibile dopo adeguate verifiche e col consenso di chi ne è già parte.

Non ci interessano comunismo e fascismo. Chi viene con noi può anche autodefinirsi comunista o fascista o quello che gli pare. A noi interessa che dichiari di accettare le regole democratiche del nostro statuto. E che le rispetti. Allora sarà accolto come cittadino tra cittadini, senza altri aggettivi.

Mar 202010
 
Da quando sono ufficialmente candidato al consiglio regionale per la Rete Dei Cittadini, dentro di me, qualcosa è successo.
E credo che la stessa cosa succeda anche a diversi altri candidati.
La sola possibilità di raggiungere una posizione di potere,  turba.
Ciascuno di noi si sta confrontando con un demone.
Lo stesso demone che noi combattiamo e contro il quale, almeno io, ma credo tutti noi abbiamo costruito questa lista.
Il demone del potere e l’uso che puoi farne a tuo vantaggio, piuttosto che a vantaggio di chi te lo ha delegato.
E’ normale, e bello, che nella Rete ci siano diverse anime.
Ci sono i singoli alla ricerca di un nuovo strumento non ancora compromesso con i giochi della casta, dove realizzare il proprio bisogno partecipativo senza sentirsi ingabbiato e strumentalizzato. Ognuno poi con la sua istanza particolare.
Ci sono coloro i quali, come me, avevano già un riferimento politico preciso, con ideali e obiettivi anche ben definiti, che hanno visto che era necessario raggiungere una dimensione di coordinamento stretto in un progetto comune con altri gruppi altrettanto definiti e distinti ma con i quali c’erano evidenti sinergie.
C’è chi ha portato l’anima del rispetto per l’ambiente, C’è chi ha portato il bisogno della sovranità territoriale e il diritto di riconoscersi come espressione di una storia, di un territorio. C’è chi ha portato l’anima del desiderio di rinnovare il patto con le istituzioni nella direzione etica. Chi la bellezza e la gioia di lavorare per il bene comune.
Io, insieme agli altri democratici diretti, ho portato quella che, senza ipocrisia,  ritengo sia la sola novità vera: uno strumento e una metodologia per il controllo del rappresentante ispirato ai principi della partecipazione democratica diretta e della revocabilità del mandato. L’art.15 del nostro statuto. L’impegno dei candidati a rispettarlo e la lettera di dimissioni in bianco. Oltre al contributo alla costruzione de programma nella parte che riguarda l’introduzione degli strumenti partecipativi e di controllo, come il referendum deliberativo.
Voglio dire che nella Rete, nessuno ha perso la propria individualità e le proprie idee. E meno male. E comunque è così.
Come candidato della Rete, in questo schifo di sistema rappresentativo devo cercare voti i quali arrivano anche anche come consenso alla persona.
Come candidato espressione dei Democratici Diretti lo devo cercare anche come sostegno politico, che rafforzi l’anima democratica diretta della Rete, che non è così scontata. Non ancora, almeno.
Ma, per me come essere umano, e come democratico diretto, questo dovere di pormi anche in una posizione di ricerca di consenso da fare però convergere sulla mia persona mi pone di fronte  alla contraddizione tra assunzione di ruolo individuale e necessità che questo ruolo sia solo strumento.
Non vorrei parlare anche per gli altri, anche se credo che pure molti di loro  subiscano la stessa dinamica. Non tutti, forse ne sono consapevoli o la temono; addirittura qualcuno forse la cercava. Siamo esseri umani e non santi. Ma Io ho sentito dentro di me, mordere il demone del potere.
E ho visto anche i miei amici diventare un pò diversi. Talvolta quelli che avevano la massima fiducia nella mia persona e nelle mie supposte qualità morali (oltre che intellettuali etc etc insomma di cui sentivo l’affetto prima ancora che la stima) li ho visti attraversati dall’ombra del dubbio, quasi del sospetto. E mi ha fatto male.
Ho visto nei loro occhi la domanda: Ma non stai diventando anche tu come gli altri? Ma stai cercando affermazione personale o lavori per il gruppo?
Mi fa male, però li capisco.
Posso solo dire che c’è questo rischio. E anche se mi fa male, sono contento che siano così sensibili a questo
Combatto ogni giorno contro questa “tentazione”. Anzi forse certe mie espressioni, alcune incertezze, alcune mie difficoltà, (che credevo segrete al mio animo, ma evidentemente traspaiono, che non sono capace di nasconderle) vengono fuori proprio dalla mia difficoltà di conciliare la ricerca del consenso personale e poltico, con la mia ripulsa del doverlo fare. Odio questa situazione.
Io non vorrei affatto cercarlo, ma devo. Devo distribuire i miei santini, devo parlare dei contenuti democratici diretti, devo appiccicare i miei manifesti, anche se invece vorrei solo dire “mandate a quel paese tutto e non votate nessuna persona”. Non votate nemmeno la Marzoli, perchè non è Marzoli o Pino Strano che dovete votare, ma la Rete e la sua proposta di rapporto nuovo tra rappresentante e cittadino!
Per me il valore etico dei miei comportamenti, e il bisogno di coerenza sono tali che sono stato anche attraversato dal desiderio di lasciare perdere. Di liberarmi di questa tensione. Se fossi credente, questo sarebbe il momento di dire “Dio dammi la forza di continuare a confrontarmi col demonio e di non cedere”. E invece devo dire:  “Vota la Rete e vota l’anima democratica diretta. Vota me”.
Questa notte mi metterò il cilicio.
Mar 192010
 

Finalmente, nei ritagli di tempo rimasti, ho scritto queste considerazioni sulla fase e su quello che sta succedendo. Dall’ultimo mio post, infatti, sono stato travolto dagli impegni e dagli eventi. I problemi sono enormi e meriterebbero ben più di questo articoletto, che pure so qualcuno troverà lungo ugualmente. Ognuno dei seguenti capitoletti meriterebbe un libro. Ma lo stesso, anche se sinteticamente, ho voluto scrivere questo che considero assolutamente importante, e che tratteggia ciò che credo dovrebbe esserci da guida nella nostra azione.

I compiti, le sfide e le responsabilità della Rete dei Cittadini nella situazione attuale.

1) I partiti della “casta” sono in difficoltà.

–Da un parte, sta crollando il castello berlusconiano. La manipolazione mediatica non basta più. Il metodo della vendita della propria immagine come salvatore della patria, difensore della sicurezza del presente e portatore di speranza per il futuro, senza un reale riscontro, mostra la corda. Il giocattolo si sta rompendo.

La Vanna Marchi della politica italiana non può vendere chili di inutile crema all’infinito. Prima o poi la speranza di dimagrire, il desiderio, la disponibilità ad illudersi a voler credere che esista una soluzione “miracolistica”, facile, esterna, cui gli esseri umani sembrano essere inclini, non basta più. Si cede. Ci si disillude. L’illusione della soluzione salvifica o paternalistica dei problemi di sopravvivenza quotidiana, si scontra contro la realtà del peggioramento delle condizioni generali di vita e in generale di tutti problemi di questa Italia in decadenza.

Berlusconi, di fronte alle sfide che i tempi impongono, offre eternamente solo sè stesso, e ripete lo stesso refrain. E in realtà cura solo i propri interessi. La vendita di un prodotto inesistente, comincia a non funzionare più. La gente se ne sta accorgendo. E se ne stanno accorgendo anche i suoi alleati. Questo ha generato e genera crisi interne, di cui le difficoltà delle liste in Lombardia e nel Lazio sono sintomo. Altro che panini ed errori burocratici.

–Dall’altra parte, una “opposizione” che è sempre più chiaro che è sostanzialmente finta. Solo l’altra faccia con cui “la bestia” mantiene il potere, il controllo sull’economia e particolarmente sul suo strumento principale che è la moneta.Come nei film di genere dove c’è il poliziotto che fa il cattivo, e l’altro che fa il buono, ma entrambi hanno lo stesso scopo, così Destra Sinistra sono, rispetto agli scopi del controllo della società.

Dalla famosa scesa in campo a reti unificate del 1994 dell’amico di Craxi, piduista e padrone di mediaset, la sinistra, più volte al governo, avrebbe avuto modo di mettere in atto efficaci contromisure. Invece una serie infinita di promesse e di intenti sono stati puntualmente disattesi. Cito solo la legge sul conflitto di interessi, il ritorno alla legalità di rete4, il rispetto delle norme antitrust italiane ed europee sull’informazione e la pubblicità, la limitazione e controllo dei finanziamenti pubblici ai servizi privati – scuole, sanità, …, la legislazione sul falso in bilancio, la legislazione elettorale con l’eliminazione delle preferenze…(che segna il punto più basso mai raggiunto dalla democrazia italiana). Nulla di tutto questo.

Quando è all’opposizione la Sinistra grida allo scandalo, poi invece, ogni volta che la Sinistra è andata al governo, nessuna azione conseguente. Quasi che non volesse ostacolare realmente un rapido ritorno di Berlusconi. Si è limitata alla gestione di bassissimo profilo del quotidiano. Disattendendo puntualmente i proclami e i programmi che copiosamente ha prodotto. Valga per tutte la vicenda dell’indulto, primo (dicasi primo) provvedimento preso, ma mai neppure citato nelle 281 pagine di programma dell’ulivo.

Oggi la Sinistra non ha alcun progetto di lungo periodo, alcuna strategia per il futuro. Di fronte alle sfide dei cambiamenti globali che investono l’italia. Senza una idea di futuro, quando sono al governo si litigano l’osso. Non c’è più neanche la “fede” social-comunista a tenere insieme. Quella parte di popolo che guarda a Sinistra si guarda intorno disorientata. Li tiene insieme il richiamo all’antiberlusconismo. Ma anche qui non si può gridare sempre al lupo al lupo e poi, quando il lupo c’è, lasciarlo passare. Anche questo alla lunga non funziona più. Questo popolo adesso è più che mai solo, e senza riferimenti.

In tutto ciò, il centro (con la c minuscola di casini) va cercando forni in cui cuocere il proprio pane. Si aggirano, come certi cortigiani sostanzialmente imbelli, a volte adulando e a volte tramando verso il principe di turno. Ma incapaci e senza nè idee nè capacità, nè coraggio, per ambire ad esserlo anche loro.

L’Italia merita altro. Ha bisogno di ben altro.

2) Noi abbiamo grandi responsabilità.

Questo popolo, questi cittadini senza più certezze e illusioni sono potenzialmente pronti a capire la verità. Ma sono anche suscettibili di disperazione e/o ritiro in se stessi. La ricerca di soluzioni nella disperazione può condurre a scelte violente. Oppure alla depressione o all’individualismo nichilista o edonista. Un popolo senza speranze, senza certezza di diritto e visione di futuro, senza una prospettiva, una meta, è un popolo in pericolo. Viene meno uno dei capisaldi della coesione gruppale, e il rischio della disgregazione è reale. In questa situazione la prospettiva di svolte autoritarie e apertamente repressive non è pura fantasia.

Io sento che noi della rete dei Cittadini, abbiamo grandi responsabilità. A quel popolo in sofferenza, disilluso e disorientato, noi dobbiamo offrire una chiave di lettura di ciò che sta succedendo e una prospettiva di futuro positivo possibile. Non solo che illumini sulla vera natura delle difficoltà della nostra repubblica, non solo che contenga soluzioni ai problemi di fondo che generano quelle difficoltà, ma anche una strategia di ampio respiro, di lungo periodo che dispieghi le grandi potenzialità che pure il nostro paese ha.

3) La natura del problema

Il problema di fondo delle istituzioni democratiche: la perdita della sovranità popolare.

In questo quadro noi, piccoli e oscuri cittadini, ma espressione naturale del ribollire di ansia partecipativa, del desiderio di opporsi alla deriva, portatori della cultura della semplicità e della verità, che è senza etichette, abbiamo capito. Abbiamo capito da un pezzo.
Abbiamo visto che il re è nudo:
– Non ci sono salvatori della patria. Non ci possono essere. Chi si propone così è un ingannatore. Quello che vuole è potere per sè.
– Le bandiere, anche le più belle e gloriose, sono solo usate, attraverso la paura del nemico e il senso di appartenenza, per spingerti alla rassegnazione del voto col naso turato.

Il risultato di questa pseudo-lotta tra pseudo-fazioni infatti è:
– la perdità di sovranità del popolo;
– la perdita della capacità di discriminare con animo sereno e testa sgombra, ciò che è buono, da ciò che non lo è indipendentemente da chi te lo propone.

Il problema di fondo della economia: la decadenza del “villaggio Italia” nella globalizzazione.

La globalizzazione dell’economia ha profondamente trasformato il mercato e i rapporti di forza tra le nazioni. Regioni del mondo, per secoli marginalizzate, sono entrate con la forza dei loro numeri enormi nel sistema mondiale di produzione e scambio. E questa tendenza è destinata a consolidarsi e ampliarsi. L’Italia è una piccola nazione. Lo sviluppo della nostra economia è stato centrato sulla trasformazione di materie prime (di provenienza quasi interamente estera) in prodotti per il mercato interno e per l’esportazione. Questo oggi è saltato. Dobbiamo prenderne atto.

Non è possibile pensare a una MIOPE politica di indistinti pannicelli caldi a sostegno di questa o quella industria di trasformazione, o peggio delle varie consorterie e cosche vincenti. Va invece individuata una strategia che produca benessere all’interno di un quadro dove l’Italia non può più connotarsi come una semplice nazione trasformatrice di beni di base.

4) La soluzione al problema di fondo delle istituzioni: La democrazia diretta. Il consigliere partecipato come attuale e praticabile soluzione alla perdità di sovranità.

Chi riesce a mantenere o riconquistare la capacità di discriminare, sa che cose buone e cose cattive possono provenire anche da parti opposte. Ciò che conta non è se vengono da destra o da sinistra, ma appunto se pensi che siano buone o cattive. Ciò che conta è mantenere voce in capitolo sulle decisioni che riguardano la res publica. Perché la direzione è il bene comune, non la vittoria di una delle pseudo-fazioni. E cosa è il bene comune lo devono decidere i cittadini, come singoli, non come membri di due schieramenti disciplinati dalla paura o dalle illusioni. Lo devono decidere i SINGOLI cittadini e non i rappresentanti eletti con un sistema che ti obbliga invece a cedere tutto il tuo potere senza poi più poter dire quasi nulla, fino alle prossime elezioni. Ciascuno di noi, della Rete dei Cittadini, ha aperto gli occhi sullo sfacelo.

Noi siamo passati dalla disillusione alla speranza, dal disorientamento alla certezza che, per l’Italia, un altra via è possibile e che occorra un altro mezzo di locomozione. Perchè per arrivare al bene comune è necessario dispiegare finalmente la vela della democrazia finita nella sentina dei cabinati di lusso. La VERA DEMOCRAZIA. Quella che lascia sempre l’ultima parola al popolo. Non quella che lascia il timone al rappresentante senza che tu possa più fermarlo, nemmeno se ti sta chiaramente portando verso la scogliera o usa la nave per i propri affari o trasportarci le amichette invece che le risorse per sopravvivere sereni.

Non c’è democrazia in italia. C’è solo il VOTO. Quello è l’unico strumento attraverso cui il cittadino può usare quel che resta della propria sovranità. Per questo, oggi, noi abbiamo scelto di competere sul terreno delle elezioni contro la casta. Ma questo sistema elettorale di creazione della rappresentanza che ha condotto al dominio politico della casta dei partiti non può andare bene anche per noi.

Per non ri-creare gli effetti perversi della delega senza controllo e revocabilità per cinque anni, abbiamo fatto nostro il metodo della lista partecipata, che impone ai rappresentanti eletti, per scelta, per impegno politico solenne, di essere strumento della volontà dei cittadini durante tutto l’arco della legislatura. Essi si impegnano a votare su ogni singola questione in votazione in Consiglio Regionale secondo quanto verrà di volta in volta specificatamente deciso dai cittadini. E abbiamo chiesto ai candidati di accettare addirittura di dimettersi da consigliere se i cittadini glielo chiederanno. A supporto di questo abbiamo firmato sia l’impegno che una lettera di dimissioni in bianco, consegnati al presidente della Rete dei Cittadini. Non è secondario che il presidente NON sia anche esso un candidato, ma anche esso espressione-strumento tecnico dei cittadini.

Ma in futuro, il nostro obiettivo deve essere più ambizioso. I problemi di cui ho accennato sopra, non si risolvono a livello ragionale ma nazionale. Ciò implica Il completamento e la realizzazione della parte prima della costituzione che può essere compiuta  attraverso alcune sostanziali modifiche della seconda parte, nel senso dell’introduzione di reali strumenti di democrazia diretta.
Primo fra tutti il referendum deliberativo senza quorum. Con l’innesco di un processo che porti a considerare il governo come qualcosa che è sempre sotto la responsabilità ultima e costante del cittadino. Un modello istituzionale di tipo svizzero può essere un buon riferimento, anche se noi dobbimao trovare la nostra via. L’ampliamento del vero federalismo che è solidale, un altro. Su questo occorrerà approfondire l’analisi e le proposte, i cui dettagli qui non accenno.

5) La soluzione al problema di fondo dell’economia globalizzata: Innovazione, ricerca, cultura, risorse ambientali e mercati di nicchia

In un ottica globale l’italia è un vllaggio che può sopravvivere, e anche molto bene, se prende coscienza dei suoi punti di forza e di debolezza.

Una cosa è chiara: Non possiamo competere a livello delle pure produzioni di massa. Una piccola nazione puà competere e sopravvivere se è capace di produrre idee e innovazione. Idee e innovazione non dipendono dalla vastità del mercato, ma dagli investimenti in istruzione, ricerca e cultura, nonchè dalla qualità delle risorse umane, che agli italiani non manca. Questa è per me, la prima priorità. Dovremmo diventare la prima nazione per produzione di cultura e innovazione.

Una piccola nazione non può competere per ampiezza della forza lavoro o del mercato interno, ma può competere sul terreno della appetibilità di se stessa. Anzi, questo è proprio più praticabile in piccole nazioni piuttosto che grandi. L’italia possiede un patrimonio ambientale ancora invidiabile. Se fermassimo i guasti prodotti dalla passate e scellerate politiche di scempio e anzi ci nuovessimo nell’ottica del recupero dell’armonia ambientale, oltre a sostenere un mercato interno, oltre a vivere in un ambiente decisamente migliore e aumentare la qualità della nostra vita e salute, conserveremmo e svilupperemmo un patrimonio importante e appetibile al mercato turistico. L’italia posside il 70% dei beni artistici e archeologici mondiali. Di questo è fruibile si e no il 30%. Dobbiamo innovare e inventare anche su questo terreno. Ciò che viene ammirato nel mondo è la nostra cultura. Noi siamo il paese dai mille campanili, il paese dalle mille cucine, tradizioni, fantasie. Questo è stato spesso un ostacolo alla creazione di un senso nazionale, può invece diventare una delle nostre principali risorse. La varietà dell’offerta.

Fino al 2001 siamo stati il quarto mercato turistico mondiale. Da allora siamo costantemente scesi negli investimenti e nelle previsioni. Invece possiamo e dobbiamo diventare il primo. E se non il primo comunque detenerne una quota più che sufficiente a generare ricchezza e benessere ampio per ilnostro villaggio.

Inoltre se è vero che non possiamo competere a livello di forza lavoro e mercati di massa, possiamo benissimo farlo nei mercati di nicchia. Un mercato di nicchia nell’ottica globale planetaria, può essere invece per il villagio Italia un mercato sufficientemente vasto e più che sufficiente a generare vera ricchezza. Lo sviluppo di attività produttive di piccola e media industria e artigianali di altissima qualità e specializzazione sarebbe più facilmente compatibile con la protezione e difesa del territorio e generatore di benessere. Ovviamente non si tratta di dismettere quelle attività sul mercato di massa che riescono nonostante tutto ad affermarsi. Solo si tratta di capire che quelle NON possono essere LA soluzione al problema, anche in un ottica di produzione di benessere che non sia solo degli azionisti delle multinazionali. Quelle, infatti, hanno sede in Italia, ma tutto il resto è prevalentemente, e giustamente, sparso per il mondo. E la ricchezza e l’occupazione che producono anche. Che sia chiaro: L’occupazione e il benessere in Italia non sono portati dalle imprese di produzione di massa. Non Più. L’unico mercato di massa nel quale si può sperare di competere potrebbe essere quello ad alto contenuto innovativo, ma allora appunto, la priorità torna alla ricerca e alla cultura.

Tutto ciò va affiancato a un controllo diretto del principale strumento economico che è la moneta. Non è possibile fare quanto sopra con una moneta in mano alle banche private, sotto il ricatto e l’usura del signoraggio privato. La proprietà pubblica della moneta è fondamentale.

Ecco, per quanto difficile, e ambizioso, questo è quello che dovrebbe esserci al fondo della nostra azione come rete dei cittadini. Ciò che è nato, oggi solo a livello regionale, è per me soltanto l’anticamera di ciò che dovrà essere a livello nazionale. Vadano come vadano queste elezioni.