Leggo di molti inviti al non voto. Li capisco. Anche io so che votare, in queste condizioni ha molte scarse possibilità di servire a qualcosa. Scarse, non vuol dire zero, ma certo prossime allo zero.
Diversi di questi inviti, la mettono giù dura: “se voti, avalli il sistema, gli dai giustificazione, fai il loro gioco”. Quindi bisogna assolutamente rifiutarsi.
Ma nessuno dice che il semplice non votare cambierebbe qualcosa. Ovvio, ma sottaciuto.
Ma sarebbe un segnale. Il segnale che la maggioranza (quanta? il 50%+1? il 60?) o anche più respinge questo sistema.
Va bene, e dopo?
Si vedrà.
Ma allora mi state proponenedo la STESSA cosa dei sostenitori e credenti nel voto!
Di non poter sapere, PRIMA, come e se io potrò mai contare qualcosa, dopo, il mio non voto!
Dove è la logica diversa? Cosa mi deve far pensare che da questo processo, senza alcuna definizione, ne debba emergere una nuova organizzazione e distribuzione del potere in senso sovranista popolare?
Voglio dire dovrei anche fare qualcosa e non solo non fare.
Quello che so è che dai processi politici spontanei si genera potere. Che di certo alcuni subito vogliono cavalcare, appropriarsi. Potere politico di cui i costruttori-generatori-sostenitori devono essere consapevoli e attenti a come viene esercitato. Con una dinamica che non privi i generatori del potere del diritto a decidere come e quado e dove usarlo.
Ci sono molti modi in cui questo può essere accettabimente approssimato.
Organizziamo una assemblea costituente. Ci vorrà un po di tempo. Costituiamo un gruppo promotore. Che definisca delle regole condivise che possano essere accettate da persone anche con idee e possibilmente anche ideologie diverse. Avendo cura di non creare vantaggi artefatti per i promotori. Curando che ogni partecipante (promotore o no, vecchio e nuovo) abbia uguali possibilità di praticare la sua sovranità sui lavori di questa assemblea costiuente.
Allora, o c’è una proposta che affianca l’invito al non voto, oppure l’astensione non ha un significato e un qualche effetto migliore del voto.
L’astensione, da sola, anche certificata e dichiarata politica, è un segnale piuttosto di disperazione. Per questo motivo sì, capisco, anche io mi sono astenuto con questa consapevolezza.
Con identica consapevolezza, altrettanto disperata, voto per dire che vorrei cambiare qualcosa, anche se poi chi dovrebbe cambiare non lo farà o al più, non potrà farlo. Lucida disperazione, anche in questo caso.
Quindi il voto, o il non voto, hanno senso in funzione antisistema, se affianchiamo queste scelte (tutte finte, voto e non voto) alla richiesta di costruire un modello diverso e una proposta per cominciare. La mia l’ho fatta.
A combattere su voto e non voto si perde solo tempo.