Non perché pensi che così l’acqua (e gli altri beni comuni) saranno o resteranno sotto controllo pubblico , ma per contrastare la deriva speculativa che comunque bisogna battere anche dal punto di vista economico. Cioè ci deve essere un vantaggio quantificabile, anzi pure più di un vantaggio quantificabile che mostri-dimostri la bontà di qualsiasi scelta gestionale. Il punto è che con “vantaggio quantificabile” non si intende solo in termini economici, e tuttavia deve essere valido o per lo meno misurabile, e quindi anche decidibile, economicamente.
Comunque dal punto di vista astrattamente legislativo questo referendum è quasi inutile. L’azione di protezione die beni comuni necessita sicuramente di un quadro legislativo che la favorisca, ma va attuata a livello o con ottica locale, o meglio, legata al territorio. Dipende quindi dalla libera gestione locale della risorsa.
Tuttavia dei parametri tecnici, economici, politici, esistono e possono essere descritti.
Sorvolo, per ora, sui primi due. Il punto decisivo è chi ha l’ultima parola? L’ultima parola la devono avere i cittadini proprietari di quel bene comune. Per questo il quadro legislativo dovrebbe prevedere l’istituto del referendum deliberativo a livello regionale o almeno comunale.
Per il nucleare valgono considerazioni simili, ma che come quadro legislativo deve prevedere strumenti di programmazione di ordine nazionale. Qui il vuoto legislativo e costituzionale dovrebbe essere colmato con il DDL n.1428 presentato al senato e attualmente in commissione Affari Costituzionali.
Infine il referendum sul legittimo impedimento è il più “politico” dei 4. Ma nello stesso tempo ha preso la valenza di giudizio sul principio di uguaglianza davanti alla legge, per cui un bel SI in ogni caso sì va benissimo.
Non è che questa sia proprio democrazia diretta, ma è tutto quello che ci concedono.